">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni    (Visualizza la Mappa del sito )

Beretta

Beretta

(2 Ottobre 2010) Enzo Apicella
"Attentato" a Belpietro

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Stato e istituzioni)

Stato e istituzioni:: Altre notizie

IL TIFO SPORTIVO E LA BASE DELLA MUTAZIONE

Che succede negli stadi, che succede alle città

(1 Dicembre 2015)

Per quanto sia difficile riconoscere una stabile e proficua costruzione di proposta politica, in una serie di ambiti (merchandising e prevenzione, su tutti) il tifo sportivo in Italia è realmente incubazione di temi che a stretto giro coinvolgono i diversi aspetti dell'agire individuale e collettivo

Si possono scegliere criteri meramente quantitativi (il numero di articoli di giornale o le ore di trasmissione televisiva) o più raffinati e "qualitativi" (la collocazione nelle ore di massimo ascolto, ad esempio). Ma è innegabile che negli ultimi dieci anni l'attenzione alla sicurezza in Italia abbia avuto tre grandi temi cardine: le tossicodipendenze, l'immigrazione e gli ultras. Ha ormai un suo appeal mediatico anche la lotta alla mafia, ma è forse il caso di stendere un velo pietoso sull'imperizia che connota tante discussioni (colte o meno che siano), incapaci di andare oltre un legalitarismo manierato che spesso non ha granché in comune con la stessa idea -peraltro non risolutiva- di legalità in senso formale.
Sulle tossicodipendenze, una legislazione che non sembra avere pari in Europa (fallita nei fatti, però, a prescindere da qualunque voglia essere l'orientamento ideologico attraverso cui si leggono i dati). Sui migranti, l'attenzione alle presunte ricadute negative del fenomeno -che certo, come tutte le ondate sociali, non può essere letto solo in modo irenico- ha oscurato le specifiche insufficienze della rete istituzionale internazionale e anche delle normative statuali. Sul tifo calcistico, oltre al danno si aggiunge anche la beffa: pur se la normativa è stata ritenuta spesso anticostituzionale, pur se ci si è resi conto che la compartimentazione delle diverse competenze ha moltiplicato (e non diminuito) gli episodi controversi... si ritiene giovevole proseguire sulla stessa strada. In special modo, attraverso prassi amministrative: meno visibili dell'attività parlamentare, meno riformabili di quelle (non occasionalmente tediose) giudiziarie.
Si è soliti dire che il movimento ultra' si sia cercato questa "tonnara", coi vandalismi, con gli striscioni improponibili e non tanto raramente nazifascisti, con la sua concezione meramente distruttiva, ben poco legata alla passione sportiva e invece legata a filo doppio all'extralegalità. I tre esempi sono stati, però, (e questo non lo si dice) molto più spesso eterodiretti che spontanei.
Sul fronte della smodata politicizzazione a Destra, c'è da intendersi. L'utilizzo delle curve come sacche di proselitismo, più che come mere casse di risonanza, è cosa nota: erano frequentate, piene, spesso fatte di un sottoproletariato strumentalizzabile secondo le parole d'ordine di turno. E' inevitabile che una concezione così rozza e irrispettosa abbia prodotto dei mostri. Anzi: l'attuale enfasi sulla radicale apoliticità delle curve è esattamente speculare al fenomeno dei decenni scorsi della loro politicizzazione estremistica. E' opportuno dichiararsi apolitici dopo essere stati per lungo tempo connotati: un modo per perdere il pelo senza perdere il vizio. In più, l'apoliticità è correlata all'asetticità che si cerca di instillare nel tifo (e in ogni ambiente collettivo). Con la scusa di bandire il vandalismo o il revisionismo, passa l'idea del far "terra bruciata". Stretta sugli striscioni (di qualunque contenuto e qualunque espressione), limitazione preventiva delle manifestazioni di dissenso (sportivo e non), rassicurante appiattimento delle iniziative di massa. Il che rende assicurata la meritevolezza della loro repressione nei loro momenti di "tensione" ed "esplosione".
Il meccanismo della tessera del tifoso e, in verità, di tutte le diverse forme di fidelizzazione è andato proprio in questa direzione. Non solo limitazione (non proporzionale allo scopo) di libertà costituzionali, non solo più facile tracciabilità, non solo strumento dissuasivo rispetto alle trasferte calcistiche, ma soprattutto creazione di un parterre acritico, prevedibile, già visto e privo di qualunque forma di effettiva iniziativa collettiva.
Si tratta di un meccanismo che ha avuto effetti a cascata in ogni ambito. In concorso all'aumento dei canali a pagamento, il tifoso è stato degradato ad utente di un servizio e, peggio, acquirente di un gadget: abbonamento alle reti e abbonamento allo stadio (con oneri di sicurezza aggiuntivi) sono state due facce della stessa medaglia. La asserita pericolosità del fenomeno ultras è stata giustificata con la sua politicizzazione ed ecco dal volto "sano" del tifo bandito ogni pensiero anche velatamente riconducibile a vertenze sociali. Apparente livellamento dei campionati agonistici, che ha significato verso l'alto, però, un divario quasi incolmabile di mezzi e potenzialità. Frammentazione dei turni di gioco secondo regole di mercato (sponsorizzazione e diritto societario).
Ridimensionamento complessivo delle forme aggregative e indistinto accento su una passionalità anestetizzata. Il risultato di questo decennio è sotto gli occhi di tutti. E' paradossalmente proprio una società iper-controllata ad essere potenzialmente molto, molto pericolosa. In essa, si accettano restrizioni pesanti che entrano nel DNA politico-giuridico del cittadino (anche nei suoi rapporti con gli altri) e l'aumento delle pratiche di prevenzione, repressione e controllo fa in modo che il fenomeno realmente pericoloso divenga poi del tutto imprevedibile. Più un campione si avvicina al totale, e più sfuggirvi è un fatto puramente casuale. Più si cerca di prevedere, più la previsione delle vere conseguenze negative sfuma. E più sfuma, più si crea insicurezza sufficiente a perseverare nello stesso disegno. Lo stadio era il tempio del gioco del calcio. Ora che il gioco è esondato dappertutto, non c'è più nemmeno bisogno del calcio.

Domenico Bilotti

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

4853