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La CUB contro la guerra - Martedì 22 dicembre in piazza Duomo presidio e volantinaggio.

(18 Dicembre 2015)

cubcai

No alla guerra - Venti di guerra soffiano sempre più potenti -

E’ un vento che è generato dai conflitti latenti e dalla concorrenza tra i vari stati. Guerra di classe all’interno e guerra di bombe all’estero. Guerra, liberismo, concertazione contro questa triade. La CUB chiama alla lotta per la costruzione dello Sciopero Generale. Contro il militarismo, l’industria delle armi e le fabbriche di morte. Per il disarmo, la smilitarizzazione e la riconversione generalizzata.



Presidio
martedì 22 dicembre 2015
ore 9,30
Piazza DUOMO Milano






Contro la guerra, il militarismo, l'industria delle armi e le fabbriche di morte.

Venti di guerra soffiano sempre più potenti: dalla Siria, all’Iraq a varie zone dell'Africa, dall'Ucraina allo Yemen. Esemplare quanto sta succedendo tra Siria ed Iraq, ove si evidenzia sempre più la funzione del sedicente 'Stato islamico', utilizzato da tutte le parti in gioco per evidenti fini egemonici.
Gli USA e gli stati Europei stanno raccogliendo i frutti di una politica di sostegno al 'male mi-nore' per sconfiggere il 'male maggiore'. Come in Afganistan, in Iraq ed ora in Siria, i burattini si sono rivoltati contro il burattinaio.
Guerra di classe, liberismo all’interno e guerra di bombe all’estero per procurarsi le risorse a basso prezzo, che nell’Occidente ricco impoveriscono il lavoro dipendente, smantellano lo stato sociale, degradano i diritti, la CUB chiama alla lotta per la costruzione dello Sciopero Generale .
In Europa il massacro dei giovani parigini diventa l'alibi per un ulteriore attacco allo stato sociale dei lavoratori e delle fasce più deboli della popolazione.
Non a caso non si è trovato uno straccio di accordo, sul blocco delle forniture di armi (e Renzi lo ha dimostrato prontamente andando a stringere le mani ai boia di Riyad).
La Cub sostiene da sempre il diritto delle popolazioni a liberarsi di governi corrotti e tirannici e di affermare positivamente i propri diritti ma nessun processo di vera liberazione può fondarsi sulle armi di potenze straniere, nessuna guerra prepara la pace.
Oggi, dal fondo della miseria in cui sono precipitati, i tre quinti dell’umanità ci presentano il conto, sotto forma di un esodo inarrestabile come fuga da quella miseria che è la causa strutturale di guerre e malattie.
Pensare che esistano strategie militari, barriere invalicabili, confini armati per arrestarli è come pensare di poter usare l’aviazione contro gli uragani e le bombe d’acqua serve solo a dimostrare che muri e reticolazioni sono nella testa degli imbecilli che governano..
Nato nella guerra contro Saddam come forma di sopravvivenza politica dei fondamentalisti e dei seguaci del dittatore, lo 'Stato Islamico' si è costituito potere territoriale, con convergenti interessi di USA, Turchia, Israele, Arabia Saudita e Qatar nella lotta contro la dittatura degli Assad e contro l'asse sciita Siria-Iran-Iraq.
Stesso ragionamento si può fare per la Turchia che traffica con il petrolio estratto nei territori controllati dallo 'Stato Islamico', punta a contrastare la crescente influenza degli sciiti iraniani nell'area e impedire che le varie comunità curde si saldino fino a dare vita ad una entità territoriale autonoma.
Riconoscere una direzione esterna del Daesh non può comportare alcuna forma di giustificazione, né può sminuire il carattere fascista delle loro pratiche: non è che questi fascio-jihadisti sono vittime o carnefici a giorni alterni.
Si ricorre alla retorica sui cosiddetti foreign fighters “combattenti stranieri”, pur non risultando una adesione di massa dei “musulmani d’occidente” ma una intera generazione di immigrati in Europa, il più delle volte la seconda generazione, che vive la vita indegna.
L’unica presa di posizione accettabile, oggi, è l’appoggio verso la Repubblica del Rojava: e non per una particolare “simpatia”o “innamoramento” verso i curdi, ma per la capacità di contagio delle pratiche democratiche, egualitarie, ambientaliste che irradiano dal Rojava.
A causa della propria condizione storica le popolazioni curde che vivono tra Turchia, Siria, Iraq e Iran, si trovano oggi a misurarsi con le politiche opportunistiche dei 'loro' Stati e a combattere in prima fila la violenza fascio islamista dello 'Stato Islamico'
Questo spiega la dura repressione operata dal governo di Erdogan contro i territori turchi prevalentemente abitati dai curdi, gli omicidi mirati, l'uso degli aerei e dell'artiglieria, il coprifuoco imposto, le migliaia di arresti, le centinaia tra morti e feriti.
Bisogna incrementare l'azione di contrasto e di opposizione alle politiche di guerra, con lo sviluppo di un movimento contro la guerra che non si faccia arruolare da alcun contendente in armi come unica possibilità per un'uscita dal tempo della morte.
«Alla fine della guerra tra i vinti faceva la fame la povera gente, tra i vincitori faceva la fame la povera gente ugualmente» (B. Brecht).

CUB

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