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Raffaele De Grada 1916 2010

Raffaele De Grada 1916 2010

(4 Ottobre 2010) Enzo Apicella
E' morto all’età di 94 anni Raffaele De Grada, comandante partigiano, medaglia d’oro della Resistenza, critico d'arte.

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Un intervento che non avete avuto la possibilità di leggere sulla tribuna congressuale di Liberazione

(12 Febbraio 2002)

Quello che segue è un contributo al dibattito inviato alla Tribuna Congressuale di Liberazione più di un mese fa e mai pubblicato, nonostante non superi i 5400 caratteri (spazi inclusi), mentre ne sono stati pubblicati altri lunghi anche il doppio... della serie: "misteri della democrazia partecipativa".

Il Congresso che ci accingiamo ad affrontare può rappresentare, finalmente, quel balzo in avanti necessario non solo al partito, ma a quei milioni di lavoratori, disoccupati, giovani e meno giovani che le crisi degli anni 80 e 90 hanno allontanato dalla politica e da qualunque impegno collettivo.
La nostra responsabilità è grande, a fronte del disfacimento della sinistra moderata, dopo anni di rincorsa alla destra sul suo stesso terreno; proprio perché sulle nostre spalle grava questa responsabilità, nessuno può pensare al prossimo Congresso come all1occasione per una sorta di "regolamento di conti" o per un riequilibrio di spazi di gestione interna.
I temi in discussione sono molti, per cui mi limito a suggerirne uno, a mio avviso liquidato troppo sbrigativamente nelle Tesi di maggioranza: quello degli accordi con il centrosinistra negli enti locali.
Il documento congressuale limita il capitolo delle scelte elettorali del partito negli Enti Locali ad un1esortazione a farvi vivere alcuni elementi, come il bilancio partecipato, senza spendere una parola per dire che, qualora non vi siano le necessarie convergenze programmatiche, alleanze con il centrosinistra non se ne fanno. Trovo questo sgradevolmente ambiguo, perché dovremmo trarre un bilancio dell1esperienza di governo di alcune grandi città, come Roma, dove l1alleanza con il centrosinistra ha prodotto risultati devastanti per il partito e per la città stessa. Parlo di Roma perché è la mia città e perché è stata teatro della più massiccia privatizzazione dei servizi pubblici che abbia avuto luogo in Europa, e la responsabilità è anche nostra.
Il trasferimento di poteri agli Enti Locali li rende non più realtà da "amministrare", ma entità da "governare" secondo precisi indirizzi; abbiamo scelto di appoggiare Rutelli che privatizzava acqua, energia elettrica, Centrale del Latte, quote di trasporto pubblico, e finanziava asili e scuole materne privati, lasciando allo sfascio le strutture pubbliche. Lo abbiamo appoggiato e ne abbiamo pagato il prezzo, dimezzando i nostri voti e la nostra rappresentanza (a Roma alle Comunali del 2001 abbiamo perso voti persino rispetto alle disastrose elezioni europee del 1999).
L1eccesso di personalismo e attenzione alla propria "carriera individuale" (...) fattore di inquinamento della vita interna del partito, messo in rilievo dalla Tesi 59, a Roma è già stato una realtà, che ha visto per lungo tempo il Partito espropriato dalla rappresentanza istituzionale, che subordinava tutto alle compatibilità imposte dalla coalizione e dal Sindaco. Un simile processo è obiettivamente favorito dalla ambiguità di un1indicazione politica che sembra non voler tenere conto dell1importanza assunta, non da oggi, da Regioni e grandi città, importanza che rende assolutamente necessaria una valutazione delle alleanze sul piano politico e programmatico, perché non c1è alcun senso logico nel dire a Porto Alegre che acqua, energia ed istruzione sono beni assolutamente pubblici e, contemporaneamente, contribuire alla loro privatizzazione a Roma o altrove.
Per questi motivi, ritengo che il nostro partito debba fare chiarezza sul proprio ruolo, ribadendo anche in sede congressuale che eventuali alleanze con il centrosinistra in Regioni, Province e Comuni si possono fare solo in base a precise condizioni programmatiche coerenti con la nostra politica nazionale sul lavoro, i servizi pubblici, l1ambiente e i diritti sociali.
Una riflessione, poi, sulla "nonviolenza": che cosa significa, perdipiù aggiungendo che essa "non va intesa come negazione del conflitto, e neppure della forza"? Ma che vuole dire? Su un tema di questa portata, non possiamo cavarcela con formulazioni astratte e contraddittorie; meglio dire con chiarezza che rifiutiamo la violenza come strumento di lotta politica, ma che gli sfruttati e gli oppressi di tutto il mondo hanno il pieno diritto di lottare con ogni mezzo necessario.
Dove non esiste dialettica democratica, dove le libertà e i diritti sociali sono repressi nel sangue e nella tortura, potremmo forse negare il diritto alla lotta e alla resistenza? Dobbiamo invitare i compagni delle FARC a deporre le armi e lasciarsi massacrare? Dobbiamo dire ai Palestinesi di lasciar cadere le pietre e farsi deportare docilmente dove vuole Sharon? Come dovremmo regolarci nel caso - non improbabile, come si è già visto a Genova - di repressioni violente contro le manifestazioni e le proteste operaie e popolari? Non auspico alcuna "militarizzazione" del movimento e non amo molto i servizi d1ordine, ma non credo che Marx sia solo un nome buono per ogni occasione: quello che afferma nel più bel testo politico che sia mai stato scritto (Il Manifesto del Partito Comunista), e cioè che i nostri scopi "non possono essere raggiunti che con l1abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente" non può essere rimosso con tanta disinvoltura. Credo sia meglio discuterne, piuttosto che dilaniarsi su nomi presenti o assenti nel preambolo dello Statuto.
Il limite dei 5400 caratteri impedisce di entrare nel merito di altre questioni, come la giustizia e il sindacato, che il nostro dibattito dovrà affrontare, nello spirito di quell1innovazione di sinistra che non possiamo limitarci ad enunciare, ma dobbiamo praticare nel nostro agire politico quotidiano, per non ridurre il Congresso ad un evento rituale che non serve a niente e a nessuno.

Germano Monti
Federazione romana - Circolo di Casal Bertone

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