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(Lotte operaie nella crisi)

Sciopero generale - 18 marzo 2016

PER LA LOTTA UNITARIA ED INTERNAZIONALE DELLA CLASSE OPERAIA CONTRO IL REGIME DEL CAPITALE

(18 Marzo 2016)

Oggi SI COBAS, CUB e USI-AIT hanno proclamato lo sciopero generale di tutti i lavoratori contro i provvedimenti antioperai del governo, contro la guerra imperialista e gli interventi dell’esercito italiano, per gli aumenti del salario, la riduzione dell’orario di lavoro e la libertà di sciopero, per la libertà di circolazione degli emigranti.

Un MOVIMENTO GENERALE DI LOTTA DELLA CLASSE LAVORATRICE è necessario per fronteggiare l’offensiva padronale in atto da anni e destinata ad aggravarsi ulteriormente, in quanto determinata dall’avanzata ineluttabile della crisi economica.

Il capitalismo non può evitare né fermare la crisi, può solo rallentarne l’avanzata ma per farlo ha a disposizione un unico strumento: AUMENTARE LO SFRUTTAMENTO DELLA CLASSE LAVORATRICE. Per questo i governi di tutti i paesi, a prescindere dalla loro colorazione politica, adottano le stesse misure antioperaie. Se si accetta il capitalismo se ne subiscono le leggi e si opprimono i lavoratori.

Per battersi contro lo sfruttamento serve un vero SINDACATO DI CLASSE:
– che difenda intransigentemente gli interessi della classe operaia senza subordinarli al cosiddetto bene dell’azienda o del paese, che altro non sono che il bene del capitalismo, cioè della classe dominante;
– che organizzi veri scioperi: senza preavviso, ad oltranza, con picchetti che blocchino merci e crumiri;
– che unifichi le lotte operaie in un movimento per gli obiettivi comuni, primi fra tutti la difesa del salario e la riduzione dell’orario di lavoro.

L’azione sindacale che il SI Cobas sta conducendo da sei anni nella logistica – e più recentemente anche nel settore della macellazione delle carni e in alcune aziende di trasporto – è quella che più e meglio si è attenuta a questo indirizzo sindacale di classe e tutti i sindacati di base devono lavorare per estenderla alle altre categorie della classe lavoratrice in cui sono presenti.

Un duro ostacolo a questo lavoro sono la paura, la passività, l’individualismo di tanti lavoratori. Sentimenti che sono incoraggiati – oltre che dalla scontata azione corruttrice, intimidatoria e repressiva del padronato – da quella dei sindacalismo di regime (in Italia rappresentato da Cgil, Cisl, Uil, Ugl) che, anche se in difficoltà, conservano ancora una forte influenza nelle maggioranza delle categorie.

Per superare queste difficoltà il sindacalismo di base deve attenersi al principio dell’UNITÀ D’AZIONE DEI LAVORATORI:
– ponendo fine alla pratica della azioni di lotta separate fra sigle, sostenendo gli scioperi a prescindere dalla organizzazione sindacale che li proclama, cercando sempre il coinvolgimento nell’azione di tutti i sindacati di base, anche di quelli le cui dirigenze hanno dimostrato, come nel caso dell’USB, il loro opportunismo;
– aderendo anche agli scioperi promossi dai sindacati di regime, quando mobilitano effettivamente i lavoratori, come ha fatto il SI Cobas quando è sceso in piazza insieme ai metalmeccanici organizzati dalla FIOM.

Bisogna avere fiducia nel fatto che il rafforzamento del movimento di sciopero giova al sindacalismo che davvero crede nella lotta di classe e va a discapito dei sindacati che la ripudiano e di quelli che la proclamano a parole ma non sono disposti a metterla in pratica.

LAVORATORI, COMPAGNI !

Per quanto la borghesia riesca a imporre sacrifici alla classe lavoratrice per tenere ancora un po’ in piedi la sua economia moribonda, la crisi è come un cancro che continua a crescere nel corpo del capitalismo, con periodiche esplosioni e balzi in avanti, spingendo da un lato il proletariato nella povertà e dall’altro gli Stati nel vortice della guerra, l’unica soluzione che ha la classe dominante al fallimento della sua economia.

A causa della crisi la concorrenza commerciale si acuisce e tende a diventare confronto militare. I lavoratori, che oggi sono chiamati in nome del “bene dell’azienda e del paese” ad accettare i sacrifici per vincere nella concorrenza contro altre aziende ed altri paesi, spingendo al ribasso il salario e le condizioni di lavoro di tutta la classe, domani saranno chiamati, per le stesse ragioni, al massacro fratricida sui fronti di battaglia.

Tutti i regimi capitalisti – le massime potenze come quelle piccole e medie – sono complici, interessati e coinvolti nella preparazione della guerra: nascondono le sue vere ragioni economiche dietro la cortina fumogena di motivazioni razziali o religiose e si servono del terrorismo – contro la propria stessa popolazione o contro quella delle potenze avversarie – per accrescere l’odio e la paura, utilizzando e foraggiando bande mercenarie come lo Stato Islamico, ad esempio.

LAVORATORI, COMPAGNI !

Oggi centinaia di migliaia di profughi fuggono dalla Siria, distrutta da cinque anni di conflitto fra le potenze mondiali e regionali per contendersi il controllo di quell’area. Questa guerra iniziò all’indomani delle grandi rivolte scoppiate in Egitto e in Tunisia – le cosiddette primavere arabe – in cui la classe lavoratrice ebbe un ruolo fondamentale. In Siria la rivolta, che iniziava a gettare radici, è stata soffocata con la guerra ma in molti dei paesi vicini la classe operaia continua la lotta. Importanti scioperi hanno attraversato negli ultimi mesi l’Iran e il Kurdistan iracheno (l’Iraq settentrionale). In Turchia continua la lotta nelle fabbriche automobilistiche, dopo lo sciopero del maggio scorso che per dodici giorni ha squassato l’intera industria del settore, la quinta d’Europa, coinvolgendo decine di migliaia di operai, molti dei quali hanno abbandonato il principale sindacato che si è schierato contro la lotta. Nei Territori Occupati Palestinesi gli insegnanti hanno terminato in questi giorni uno sciopero ad oltranza durato tre settimane, fronteggiando gli arresti della polizia palestinese e organizzandosi fuori e contro il locale sindacato di regime. In Tunisia a gennaio è tornata ad infiammarsi la rivolta, con scioperi e manifestazioni dei disoccupati a cui il governo ha risposto imponendo per diversi giorni il coprifuoco. In Egitto sono centinaia i militanti operai in carcere per aver organizzato scioperi ed è in piedi un movimento sindacale fuori e contro il sindacato di regime locale che fronteggia la dura repressione dello Stato borghese, di cui il brutale assassinio di Giulio Regeni e solo uno fra i tanti.

L’UNIONE INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI è possibile, è lo sbocco naturale di queste lotte ed è la sola forza che può impedire la guerra o fermarla, capovolgendola in guerra tra le classi, in rivoluzione.

Come le aziende vogliono legare a sé i lavoratori con la favola della “grande famiglia”, per meglio sfruttarli, mettendoli in concorrenza coi lavoratori delle altre aziende, così i regimi borghesi cercano di tenerli ingabbiati nell’orizzonte politico nazionale, per incatenarli ai loro obiettivi e poterli mandare domani al massacro fratricida sui fronti di guerra. Azienda e patria sono le galere della lotta, sindacale e politica, dei lavoratori.

Per questo, oltre al Sindacato di Classe, ai lavoratori occorre il Partito Comunista Rivoluzionario, un partito che si batta CONTRO OGNI NAZIONALISMO, in special modo contro quelli dipinti di rosso, dei falsi partiti “marxisti”, il cui internazionalismo è solo di facciata mentre continuano a predicare il mito di una impossibile “patria socialista” limitata ad un solo paese, come il governo chavista in Venezuela.

Anche la lotta del Partito dei Lavoratori Curdi (PKK) – e del suo alleato in Siria, il Partito dell’Unione Democratica (PYD) – non a caso di origine stalinista, per l’indipendenza nazionale del popolo curdo va contro la classe operaia perché ne sottomette gli interessi di classe a quelli generali del “popolo curdo” e rinfocola le divisioni tra proletari curdi e turchi. Questi partiti borghesi sono pedine nelle mani degli imperialisti e contribuiscono ad alimentarne le guerre. L’interesse dei lavoratori curdi è al contrario quello di spezzare il legame con la propria borghesia ed unirsi alla lotta degli operai turchi contro lo sfruttamento e l’oppressione borghese. La autodeterminazione nazionale della minoranza curda all’interno dei confini dei vari Stati in cui è diviso quel popolo, si rivelerà ben presto un nuovo inganno ai danni del proletariato.

Organizzarsi e lottare contro lo sfruttamento, contro la volontà padronale di far pagare la crisi del capitalismo alla classe lavoratrice, significa camminare già sulla strada che condurrà alla sua soluzione nell’interesse dei lavoratori: la RIVOLUZIONE OPERAIA INTERNAZIONALE.

Per questo grandioso quanto vitale compito chiamiamo alla milizia nel nostro partito, erede della Sinistra Comunista italiana, la corrente che fondò il Partito Comunista d’Italia a Livorno nel 1921 e che lottò dalla prima ora contro l’ondata opportunista dello stalinismo e la menzogna del falso socialismo “in un solo paese”.

Proletari di tutti i paesi unitevi !

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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