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(24 Novembre 2011) Enzo Apicella

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(Flessibili, precari, esternalizzati)

AEC: qualcosa si muove

Le iniziative degli Assistenti Educativi Culturali per superare una condizione di precarietà

(7 Aprile 2016)

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In questa fase, a Roma, sono molte le figure sociali precarie che si stanno muovendo per migliorare la propria condizione. Si pensi a quegli AEC (Assistenti Educativi Culturali), di cui altre volte ci siamo occupati: impegnati a garantire la possibilità di studiare per gli alunni disabili, cui offrono un’assistenza che presenta anche aspetti educativi e che, talvolta, sconfina nella didattica, essi vivono una situazione tutt’altro che invidiabile. Mal pagati dalle cooperative per cui lavorano, monopoliste d’un servizio totalmente esternalizzato, la loro attività è segnata da una permanente incertezza, tale da riflettersi sulle stesse mansioni da svolgere, variabili di scuola in scuola. Certo, il ruolo degli AEC è riconosciuto e definito, in termini generali, dalla l. 104 del 19921, ma, sia sul piano nazionale che a livello locale, sono mancati ulteriori interventi normativi, volti a entrare nel dettaglio di questa figura professionale e dei suoi compiti. Di conseguenza, nella capitale come altrove, gli AEC si stanno adoperando per raggiungere alcuni, precisi obiettivi: una legislazione adeguata a livello regionale, un mansionario unico per tutto il Comune di Roma e, in prospettiva, l’internalizzazione del servizio.

Nel corso del 2015, in questa direzione, non sono mancati pronunciamenti da parte di organismi rappresentativi locali, come il XIV Municipio che, nel mese di giugno, ha approvato una mozione, preparando la strada al Consiglio Comunale di Roma Capitale che, a settembre, ha fatto altrettanto. L’auspicio, appunto, è che i contenuti di questi documenti vengano recepiti anche da una legge regionale, ma la componente più attiva degli AEC non si sta limitando ad attendere segnali in questo senso. Negli ultimi mesi, si è ridato vita al Comitato Sociale AEC (sigla già utilizzata negli anni passati), non senza attivare nuovi contatti sul piano nazionale. Particolarmente significativa è ad esempio, la collaborazione con la Rete Nazionale Operatori Sociali (RENOS). Una realtà che, nel passato prossimo, ha avuto modo di interloquire con la deputata Vanna Iori (PD), autrice di una legge rispetto al settore, che il 31 marzo è stata approvata alla Commissione Cultura della Camera. Però, facendo proprie solo alcune delle istanze della Rete, l’onorevole ha preso in considerazione soltanto le figure più strettamente legate all’attività pedagogica ed educativa, stabilendo per loro l’obbligo di laurea ed una partizione in due categorie, connesse agli studi universitari effettuati: educatore professionale socio-pedagogico ed educatore professionale socio-sanitario. La legge, in sostanza, non va a toccare gli aspetti eminentemente assistenziali del sostegno ai disabili nelle scuole, disinteressandosi di tutti quegli operatori sociali che, anche quando non sono laureati, offrono comunque un prezioso contributo, in particolare nell’istruzione dell’obbligo. Forse non ci si poteva aspettare di più, visto il partito di riferimento di Vanna Iori, non proprio specializzato nel risollevare le sorti delle varie figure sociali precarie, ma la Rete non molla. Ed è in procinto di chiedere all’onorevole un nuovo incontro, così da apportare al testo delle modifiche tali da includere tutte le persone – laureate o meno – che lavorano da tempo nel settore, muovendosi anche sul terreno prioritario dell’assistenza. L’idea è che chiunque sia attivo da anni, possa vedersi riconosciuto un punteggio, che permetta di accedere a specifici corsi parauniversitari, così da acquisire la necessaria qualificazione professionale. In sostanza, non è impossibile “sanare” una situazione che non è certo stata creata dai lavoratori, riconoscendo per giunta che un certo bagaglio di competenze, maturato sul “terreno”, non va disprezzato, ma al limite integrato con conoscenze più scientifiche. Vedremo l’esito del nuovo incontro con Iori, ma intanto il Comitato Sociale AEC, assieme ad un gruppo di Assistenti di Reggio Calabria, qualche settimana fa ha incontrato una parlamentare di altra provenienza politica: Eleonora Bechis (Movimento 5 Stelle). Quest’ultima, si è detta disponibile, in sede di votazione alla Camera della Legge Iori, a presentare gli emendamenti richiesti dagli AEC. In tale contesto di attivismi intrecciati, da un altro gruppo di colleghi è partita una petizione, reperibile su change.org, che chiede un inquadramento di questi lavoratori come dipendenti del MIUR, in qualità di personale ATA. Un’altra iniziativa che cerca di affrontare i problemi alla radice, reclamando a viva voce un obiettivo di fondo unanimemente condiviso: l’internalizzazione del servizio. Invero, in considerazione della propria esperienza quotidiana, alcuni membri del Comitato Sociale AEC avanzano dubbi sul fatto che questa sia la strada maestra per spingere il MIUR ad assumersi le proprie responsabilità. A causa della brutta riforma del sistema formativo varata dal governo Renzi (l. 107/2015), notoriamente definita “la buona scuola”, ai presidi sono stati attribuiti dei poteri quasi smisurati, che li portano a disporre a proprio piacimento delle figure lavorative più deboli. Così, il personale ATA, già diviso in diversi profili professionali cui corrispondono differenti e precise mansioni, si sta trasformando di fatto in una categoria di “tuttofare”, cui vengono assegnati i più svariati compiti. Uno dei tanti effetti perversi delle prerogative che “la buona scuola” attribuisce ai presidi, ma anche uno sprone ad analizzare attentamente le vie per cui giungere all’internalizzazione del servizio. Di certo, per frenare talune spinte dei presidi, andrebbe definito, finalmente, un mansionario unico, tanto a livello locale quanto sul piano nazionale. E sarebbe d’aiuto una legge del Parlamento (magari la stessa presentata da Iori, se emendata nel senso voluto dagli operatori), poi recepita dalle Regioni con proprie normative volte a delineare un effettivo inquadramento degli AEC. Proprio per discutere degli ulteriori passi da fare in questa direzione, il 30 aprile, a Roma, si terrà il VII Incontro Nazionale della RENOS.

La riunione sarà ospitata nei locali dell’Associazione Ex Lavanderia, nel comprensorio di Santa Maria della Pietà, in quel XIV Municipio che è stato uno dei luoghi della formazione del Comitato Sociale AEC, la struttura che si è fatta carico degli aspetti organizzativi dell’evento. Particolarmente ricco è l’ordine del giorno, che prevede, oltre al necessario scambio di esperienze locali, anche una discussione su come affrontare un problema come il burn out, ossia la situazione di disagio psico-fisico in cui spesso cadono gli operatori sociali, indotti a sostenere da soli – nel vuoto d’intervento istituzionale – quelle persone disabili che la nostra società pone quotidianamente di fronte ad un’enormità di ostacoli. Inoltre, si discuterà della legge Iori e delle forme di pressione (e di mobilitazione) necessarie affinché il Parlamento e gli Enti locali non continuino ad eludere le più urgenti istanze degli AEC.

1. Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Stefano Macera

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