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Medaglie al valore sionista

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(1 Giugno 2010) Enzo Apicella
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Da fascista ad anti-militarista: intervista ad un ex soldato turco /prima parte

(21 Maggio 2016)

Di Tom Anderson e Eliza Egret - Yannis Vasilis Yaylali è stato allevato da fiero nazionalista turco. Proveniente da un ambiente fascista, si è arruolato nell'esercito nel 1990, in un'epoca in cui la Turchia stava conducendo gli attacchi più brutali di sempre contro la popolazione curda. Yannis non vedeva l’ora ‘di andare ad est a combattere i curdi’. Dopo pochi mesi di campagna militare è stato catturato dai combattenti del PKK (Partito Kurdo dei Lavoratori) e ha trascorso due anni come prigioniero di guerra. Questa esperienza ha completamente trasformato Yannis. Ora abita a Roboski nel nord del Kurdistan (nella Turchia sud-orientale) e vive da attivista curdo. Fa parte dell’associazione degli obiettori di coscienza, che solidarizza con coloro che rifiutano il servizio militare obbligatorio in Turchia. Nel gennaio 2016 è stato condannato a sette mesi di carcere con l’accusa di ‘allontanare le persone dal servizio militare’. Abbiamo incontrato Yannis a Roboski nel luglio 2015 e lo abbiamo intervistato.

Ci puoi raccontare qualcosa del posto in cui sei cresciuto?
“Sono nato nel 1974 e il mio nome di nascita era Ibrahim Yaylali. Sono cresciuto nella regione del Mar Nero in Turchia a Bafra, nella provincia di Samsun. Bafra era divisa in due parti. La parte occidentale era fascista e razzista mentre quella orientale era socialista. Sono nato tra la gente fascista. A quel tempo i fascisti più anziani stavano affrontando la polizia e noi li consideravamo eroi. Intorno a me c’era ovunque il Partito Nazionalista d’Azione (MHP), un partito politico nazionalista (tuttora presente nel parlamento turco, ndt). In quei giorni in televisione venivano proiettati continuamente film western. In questi film i nativi americani erano i cattivi ed i cowboy erano i buoni. Quando giocavamo in strada, da bambini, i cattivi erano sempre i socialisti o i nativi americani. Nessuno voleva essere il cattivo, finivano sempre per farli i più deboli. In quei giorni seguivo gli eroi sbagliati. Sono cresciuto con cattivi pensieri.”
Come è stata la vostra scuola?
“Nella scuola secondaria abbiamo avuto lezioni militari. I miei amici fascisti amavano le lezioni militari ma i bambini socialisti non volevano restare in classe. Gli ufficiali ci insegnavano tutto riguardo alle armi, e abbiamo imparato a marciare come soldati. A scuola ci facevano ripetere ogni giorno: ‘Io sono turco. Sono orgoglioso di essere turco’. Cantavamo l'inno nazionale di lunedì e di venerdì. Ci veniva detto a scuola ed era scritto nei nostri libri, nonché ripetuto in radio e in TV, che gli armeni, i curdi e i greci erano cattive persone. Ogni estate andavo in moschea per imparare il Corano durante le vacanze scolastiche. Mi piacerebbe aver appreso di più sulla mia vera origine greca. Invece ho imparato tutto dei turchi e mi è stato detto che ero turco’.”
In Turchia ogni uomo deve fare il servizio militare obbligatorio. Puoi raccontare del tuo periodo da militare?
“Nell'aprile del 1994 sono andato al servizio militare obbligatorio a Isparta in una scuola di montagna per la formazione di commando. Poi mi è stato proposto di andare a Cipro. Mi sono detto: ‘Siamo venuti fin qui per fuggire a Cipro? Voglio andare ad est per lottare contro i curdi, per combattere i terroristi e proteggere il nostro paese’. Così sono andato a Mardin. I guerriglieri del PKK hanno attaccato il nostro bus in strada, senza ferirci. Volevano spaventarci. Nel 1990 il governo, composto da politici razzisti, giocava sporco. Il JITEM [Servizi segreti sezione antiterrorismo] era un’organizzazione legale, ma agiva illegalmente, uccidendo e sequestrando persone. In Kurdistan si rabbrividisce ancora quando si sente dire ‘JITEM’. Ero un cecchino. Ho avuto un fucile MG3 da cecchino assassino. Ho ricevuto anche un premio per la mia mira. Sono stato fortunato che alla fine non ho avuto davvero la possibilità di uccidere. Mi sono allenato per due mesi e poi sono andato sul monte Gabar a Sirnak, in Kurdistan. In una base militare su una montagna sopra tre villaggi”.
Che cosa hai fatto là?
“Mettevamo sotto pressione gli abitanti del villaggio curdo, per fare in modo che non aiutassero i guerriglieri del PKK. Gli abbiamo impedito il raccolto nei loro campi. Gli abbiamo razionato il cibo perché avrebbero potuto darne ai combattenti. Volevamo che gli abitanti del villaggio patissero la fame. Nonostante circondassimo i villaggi, gli abbiamo comunque accusati di supportare il PKK. Abbiamo torturato e picchiato la gente. Anche quando non c'erano guerriglieri, abbiamo fatto pressione sugli abitanti per convincerli a diventare guardiani [un'organizzazione paramilitare composta da abitanti dei villaggi curdi].”
Ci può spiegare il ruolo dei guardiani?
“A seconda del luogo i guardiani hanno svolto ruoli diversi. In alcune regioni non hanno fatto molto; in altre hanno combattuto a fianco dei militari contro la guerrilla del PKK. C'erano due tipi di guardiani: quelli che cedevano alla pressione e diventavano guardiani, e quelli volontari. Alcuni guardiani hanno usato il loro potere e le loro armi per uccidere la gente. Un sacco di guardiani hanno occupato e requisito la terra agli abitanti, come ad esempio a Cizre. A tutti i guardiani sono state consegnate armi. I guardiani non ottenevano né assicurazione sanitaria né contributi per la pensione. In alcuni villaggi, come in quello dove vivo ora, i guardiani non hanno usato le armi, tranne che durante le celebrazioni. Quando vedo dei guardiani qui so come siano stati costretti ad offrirsi volontari e li posso capire.”
Hai preso parte alle devastazioni dei villaggi? [Migliaia di villaggi curdi sono stati bruciate o cancellati dalla mappa dai militari nel 1990]
“Sì. La popolazione di due villaggi è fuggita e i villaggi sono stati bruciati dai militari. Ma la gente di un villaggio ha detto: ‘qualunque cosa facciate, non ce ne andremo’. Li abbiamo picchiati fino a quando sono stati costretti a lasciare le loro case. Un'altra squadra di militari è arrivata dopo di noi e ha bruciato il villaggio. Un paio di giorni prima di aver costretto la popolazione di un villaggio ad abbandonarlo, ci eravamo entrati in cerca di cibo. Un vecchio abitante del villaggio curdo ci aveva dato del miele, delle mandorle e calze di lana e non voleva accettare soldi in cambio. Noi lo avevamo costretto a prendere i soldi. Quando poi siamo andati a bruciare il villaggio ho cercato il vecchio. Ero preoccupato per lui. Non sono riuscito a vederlo. Quando è tornata la calma sono andato casa per casa a cercarlo, inutilmente. Ero sotto shock. E’ venuto un alto ufficiale e mi ha colpito; mi ha rimandato dalla mia squadra. Non ci era permesso comunicare con gli abitanti del villaggio perché erano brave persone e il governo e i vertici militari non volevamo farcelo sapere. Ho sentito un sacco di storie di civili torturati, a cui sono state staccate parti del corpo, ma non ne sono mai stato coinvolto. L’esercito faceva commenti negativi e razzisti su curdi e guerriglieri, ci faceva il lavaggio del cervello. Non distinguevano i guerriglieri dai civili. Ci dicavano che erano la stessa cosa. Avevano bisogno di lavarci il cervello per evitare che mettessimo in discussione qualcosa.”
E come venivano trattati i guerriglieri del Pkk catturati dall’esercito?
“Davanti ai miei occhi un guerrigliero del PKK è stato ucciso lanciandolo da un elicottero. Ad altri guerriglieri hanno tagliato via le orecchie. Ho visto un ragazzo dell’MHP con una collana fatta di orecchie di combattenti curdi. Sono diventato così razzista, ma poi ho pensato: ‘Che cosa stiamo facendo…’.”

[fine prima parte]

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