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Addio, compagno

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    c'è chi dice SI - c'è chi dice NO
    C'E' CI DICE RIVOLUZIONE!

    per una posizione autonoma del movimento rivoluzionario
    contro il referendum costituzionale

    (29 Settembre 2016)

    Tra chi disseppellisce Berlinguer e gli fa dire SI
    e chi balla con Vasco al ritmo del suo no
    il proletariato paga senza neanche l'intenzione di reagire.

    Ogni tanto ci chiamano a votare.
    Per le loro elezioni.
    O per i loro referendum.

    Già, perchè per noi il voto è piu' che inutile.
    Dannoso.

    Eppure ci dicono che è un diritto-dovere.
    Votare, partecipare.
    Reggere il moccolo ai loro giochi politici.
    Puntualmente contro di noi.

    Una volta per eleggere i “nostri” rappresentanti.
    Che poi puntualmente sono i loro “rappresentanti”.
    Un'altra per dire si o no a qualche loro riforma.
    Che poi è una loro riforma contro di noi.
    Per giunta già approvata nella realtà.

    Come questa sulla costituzione.
    Che noi dovremmo riformare o difendere.
    Con il si o con il no.
    Senza contare nulla, comunque.

    Perchè le decisioni sono già state prese.
    Dai padroni europei ed italiani.
    Ai quali si adeguano i politici, del si e del no.
    Senza tener conto della nostra vita e delle nostre idee.

    Anche sulla costituzione,
    quella del lavoro salariato,
    della falsa legge uguale per tutti,
    del falso ripudio dela guerra,
    della falsa difesa della donna e dei bambini.

    E del vero pareggio di bilancio.

    Una costituzione contro di noi.

    Per questo noi non voteremo al referendum.
    Sarà inverno, ed al mare farà freddo.

    Andremo in montagna!



    Noi non facciamo politica.
    Non abbiamo mediazioni da praticare
    o sponde istituzionali da cercare,
    ne’ siamo interessati al “civile dibattito” tra minoranze politiche organizzate espressioni di interessi di classe e frazioni di classe.
    Non abbiamo nulla da chiedere a chi non può e non vuole darci nulla,
    e a chi lo rappresenta, perché difendono insieme la loro società basata sul profitto e sul nostro sfruttamento.
    Non abbiamo da gareggiare elettoralmente con chi ci uccide in guerra, sul lavoro, o, piu’ lentamente,
    con lo sfruttamento e l’abbrutimento capitalista.
    Non abbiamo avversari politici con cui dibattere e confrontarci,
    ma nemici di classe.
    Contro cui organizzarci e lottare!

    C'è chi dice Si C'è chi dice NO
    C'è chi dice RIVOLUZIONE !

    PER UNA POSIZIONE AUTONOMA
    DEL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO
    CONTRO IL REFERENDUM,
    LA COSTITUZIONE ANTIOPERAIA,
    LA DEMOCRAZIA BORGHESE.

    Da sempre, tutti i politici uniti nell’afflato della loro“società civile”, ci hanno invitato ad esercitare il diritto dovere del voto, di destra, di sinistra, di centro, di governo, di opposizione, basta che si voti.
    Adesso stanno caricando l’ennesima chiamata al voto referendario, oltre che della solita desueta ideologia della “consultazione diretta del popolo”, anche di significati e valenze (riformiste o resistenziali) che nulla hanno a che vedere con le reali motivazioni alla base della modifica costituzionale e del sistema di voto.
    L’estremo trasversalismo dei 2 schieramenti del si e del no, mascherato dallo “scontro” tra riformatori moderni e resistenti amanti della “costituzione piu’ bella del mondo”, esprime invece una reale aspra lotta tra frazioni borghesi piu’ o meno favorevoli all’integrazione globalizzatrice o al mantenimento dello status quo che vede un nord europeo ed un centro sud ancora legato a logiche clientelari.
    In questo scontro interborghese intervengono e si posizionano i vari grumi profittuali in lizza per il si o per il no, dal governo obbediente alle ricette snellenti e funzionalizzatrici di marca Europea ai grandi gruppi industriali interessati ad una velocizzazione sburocratizzante dello stato e della pubblica amministrazione, dalle regioni mangiasoldi sfavorevoli ad un accentramento di poteri ( e di denaro!) nelle leve dell’esecutivo ai partitoni di destra e di centro legati alle camarille sudiste.
    Uno scontro tra il “partito della globalizzazione” e dell’adeguamento italiano agli standard di sistema Europei e il “partito dello status quo”, nascosto dallo “scontrino ideologico” tra “partigiani costituenti” e “riformisti conseguenti”.
    A questa ciccia si aggrappano, l’un contro l’altro schierati, la pletora iperpoliticista dei turbocapitalisti e degli euroscettici, con i loro multipli utilizzi politici e sindacali.
    Già, perchè la stessa ristrutturazione del modello contrattuale pressata da una Bruxelles interessata ad un assetto centrato sulla contrattazione aziendale e sulla re-distribuzione della produttività, rientra nel “patto per la crescita” in gestazione tra sindacalai per il no e governo per il si.
    Dai mercati ai sindacati verrebbe da dire dove il si darebbe una spinta agli investimenti stranieri in un paese “moderno” garantendo comunque la riapertura del dialogo tra le “parti sociali”, il no un rimescolamento di carte nella compagine dell'esecutivo ed una riapertura dei giochi per poltroncine avide di maggioritario.
    Insomma, comunque vada, lor signori padroni e servitori cascano inpiedi, scaricando crisi e riforme contro di noi.
    Caso a se, spiacevole quanto sorprendente, è che propaggini di “movimento antagonista” partecipino a questa partita truccata, nascondendo la propria insipienza politica ed il proprio codismo dietro slogan (NO-SOCIAL/NO-OPERAIO….) di difficile comprensione ma, soprattutto, di completa inutilità per la lotta di classe.
    Evidentemente i politicanti di tutti i colori non hanno ancora capito che la politica, in ultima analisi, è espressione determinata dal movimento reale dell’economia, e che una scheda in un’urna non può modificare o fermare processi che trovano nel mercato mondiale la proria storica sedimentazione e nelle istituzioni dei blocchi continentali le prorie sedi formalizzatrici e vincolanti per gli stati.
    E questo assunto teorico sulla determinazione del movimento politico dal movimento della materia vale sempre, e dappertutto: alle elezioni come al referendum, come nelle sovranità nazionali e monetarie.
    In una parola, il movimento reale impone le sue leggi e batte i suoi tempi incurante delle “battaglie politiche” che possono frenarlo, ma non impedirne un compimento che solo una rivoluzione sociale potrebbe arrestare.
    Ed infatti, Brexit, euroscettici di destra e di sinistra, risultati referendari ed elettorali stanno provocando una sorta di “stop and gò”, stanno rallentando rendendolo piu’ faticoso e contraddittorio, il processo di composizione unitaria del blocco U.E., ma, con ogni probabilità, non lo arresteranno, perché la forma del blocco continentale è l’unica forma adeguata alla competizione interimperialista nell’epoca della planetizzazione capitalista.

    E’ chiaro quindi che un’intervento autonomo e di classe in questa situazione, piu’ che attardarsi nell’utopico sogno di “fermare il mondo perché vogliamo scendere”, dovrebbe stare nel “movimento reale che supera lo stato di cose presenti”, cioè sfruttare le opportunità che, seppure con rapporti di forza sfavorevoli, si pongono nel corso della lotta tra le classi.
    E oggi queste opportunità si chiamano diffusione del modo di produzione capitalista all’intero pianeta con conseguente formazione, contaminazione migratoria e concentrazione metropolitana del proletariato.
    Ed invece, proprio nel momento storico-politico in cui grandi masse, la maggioranza dei cittadini italiani ed europei, perdono fiducia nell’istituto truffaldino del suffragio universale rendendo il “partito dell’astensione” 1° partito, latita l’intervento del movimento rivoluzionario a fronte delle rincorse elettoralistiche fuori tempo massimo delle “masse critiche” al soldo di qualche magistrato-sindaco o di qualche finto partigiano.
    Occorre denunciare con forza l’opera di corruttela ideologica e di “ritorno all’ovile elettorale” dei movimentisti senza movimento, raccogliendo attorno ad una posizione autonoma il coraggio e l’impegno di quanti non si riconoscono in falsi diritti-doveri, criticando la costituzione antioperaia insieme all’intera architettura democratico borghese.

    Pino ferroviere

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