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RIPUDIAMO GUERRE
E "CARTE" STRACCE!

materia forza carte

(24 Ottobre 2016)

“L'Italia ripudia la guerra”,
ma la guerra è condizione permanente per l'umanità.
Una guerra per procura, geometricamente dislocata agli snodi nevralgicamente profittuali del pianeta, e fatta combattere ai locali proletariati intruppati sotto bandiere nazionali,
statuali o fondamentaliste.
E poi una guerra di classe economica e politica,
condotta a senso unico per far pagare agli sfruttati il prezzo della crisi,
e della possibile ripresa.

Non c'è carta costituzionale che non reciti di pace,
ma intanto uno dei motori rombanti dell'economia mondiale è l'industria delle armi, in forte crescita nelle officine del mondo dell'est come nel vecchio ed indebolito occidente, come nei nuovi predoni del medio-oriente, dell'Africa e del sudamerica.
Le carte parlano di pace, ma la materia racconta di un accumulo di forze armate alla ricerca di un nuovo equilibrio post '89 e post crisi.
Le forze concrete del movimento reale smentiscono l'ideologia giurisdizionale che tenta di nasconderle, ma la scarnificazione dei rapporti sociali rende sempre piu' evidente, e difficilmente camuffabile, la realtà.

Ripudiamo guerre e “carte” stracce!
MATERIA FORZA E CARTE.


L'esercitazione della guerra mondiale in medio oriente, alla ricerca di un nuovo equilibrio di potenza che sostituisca il vecchio infranto dal 1989 e dalla crisi,
sta entrando nel vivo.
Camuffata nel tempo dalle ideologie, dalla “esportazione della democrazia” all'odierna “guerra all'Isis” i blocchi imperialisti, ed al proprio interno i singoli stati nazione spesso in competizione tra loro, stanno disponendo uomini ed armi, tutti egualmente interessati alla maggiore fonte energetica mondiale ed alla geolocalizzazione economica di traffici e commerci.
Lo sferragliare di truppe, servizi e droni fa i conti con le mutate condizioni nei rapporti di forza e potenza, contingenti e tendenziali, sul campo.
Le antiche potenze atlantiche, indebolite relativamente sul mercato mondiale, che hanno presidiato direttamente e-o con stati fantoccio l'intera zona nel dopoguerra sono in declino, mentre le nuove potenze asiatiche, in crescita, non hanno ancora la forza per imporre un nuovo ordine di area che esprima un nuovo ordine mondiale.

Il non compimento di questa trasformazione di un equilibrio cessato in uno da iniziare, unito al fallimento delle “primavere arabe” ed allo sfaldamento di molti stati locali, produce l'attuale fibrillazione caotica ed instabile.
A fronte della “prudenza strategica” (ed elettorale) statunitense, Cina, Russia ed Europa tornano ad interessarsi alla regione ciascuno secondo il proprio profitto.
Anche l'Italia è in guerra in mediooriente, prima con le basi militari concesse agli U.S.A., poi assumendo il comando delle operazioni in Libia, adesso in prima linea nella battaglia degli elicotteri in Siria.
Come con D'Alema e la guerra nei Balcani, oggi tocca ad un'altro governo di centro-sinistra per un altra guerra imperialista, cui non si oppone certo un inesistente internazionalismo operaio, ma neanche un “movimento pacifista” degno di questo nome e che in passato pure si era espresso (es. dopo le giornate di Genova 2001 corroborate da una foltissima presenza di papa boys Woityliani).
Sarà l'impegno elettoral-referendario degli ultimi tempi, sarà che i social-forum sono diventati social-no!, sarà che gli scioperi generali sono diventati “scioperi generali a difesa della costituzione”, ma di pace non parla piu' nessuno, men che meno di movimenti per la pace.
Il partito trasversale del riarmo e della guerra attraversa gli schieramenti referendari del si e del no, arruolati rispettivamente nel fronte globalizzatore e filoatlantico il 1°, in quello euroscettico e filorusso il 2°.
La partita del referendum, nascosta dietro l'ingiallita carta costituzionale, gioca la carta della globalizzazione velocizzatrice e funzionalizzante, in ossequio ed adeguamento alle nuove regole dettate dal mercato mondiale e dai blocchi continentali competitori.
L'”alternativa” sta (e qui si spiegano le ingerenze internazionali ad est e ovest come le pressioni dei “mercati) tra chi spinge per una rinnovata zona economica euroatlantica in funzione antiest e chi no (o meno.....).

Evaporati i papaboys, eclissati i no-global, in questa fase storico-politica, con questi rapporti di forza tra le classi, e questa situazione di competizione-guerra tra le potenze, cosa realisticamente si può, e si deve, fare per opporsi strategicamente alla guerra?
Di piu', si può utilizzare anche il terreno della crisi e della guerra per il nostro progetto di trasformazione sociale?
Si può cogliere negli effetti della crisi e della guerra, nella formazione di una classe operaia europea contaminata migratoriamente e concentrata nelle metropoli, l'aspetto conveniente ed utilizzabile per trasformare crisi e guerre in rivoluzione?
E, per porsi in questa prospettiva, da dove bisogna cominciare, quale la prima leva su cui operare, il nodo da sciogliere?

Intanto va riscoperto il principio primo dell'internazionalismo:
il nemico è in casa nostra!
Cioè il nemico sono i padroni Italiani.
Contro di loro si deve combattere, perchè la loro guerra la paghiamo noi con l'aumento del nostro sfruttamento.
Ma i padroni non si combattono a chiacchiere,
o con gli slogan, o con i cortei, o con i petardi.
Loro, i padroni, ai nostri cortei, slogan, petardi, rispondono con lo stato,
e con i suoi uomini armati,
contro i quali vecchie liturgie ed antichi ritornelli nulla possono.
Infatti cortei, slogan, ritornelli,
finchè restano tali sono “garantiti” dalla democrazia,
perchè non cambiano nulla.
Figuriamoci se arrestano le guerre!

I padroni rispondono alle nostre proteste con la loro organizzazione,
lo stato, e con la loro repressione, la galera.
Loro, i padroni, sanno quant'è importante essere organizzati.
Siamo noi che ne sottovalutiamo troppo spesso l'importanza.
E cosi' ci ritroviamo in ordine sparso,
o indisciplinati in movimenti temporanei ed ondivaghi, a girare a vuoto, urlando alla luna, sprecando tempo e forze.

E' ora di capirlo.
Anzi, è ora di recuperare il tempo perduto.

E' evidente che il nemico non è solo in casa nostra....
…...ma spesso cammina nelle nostre scarpe.

Per questo, alle “unità” politiciste va' sostituita la chiarezza....
…....ed alle campagne referendarie, il lungo e paziente lavoro per la ricostruzione dell'organizzazione autonoma di classe.

Pino ferroviere

Fonte

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