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    PER NON DIMENTICARE PIAZZA FONTANA: TERRORISMO E DEMOCRAZIA ITALIANA

    (11 Dicembre 2016)

    Piazza Fontana, Milano, 1969

    Domani 12 Dicembre, ricorrerà l’anniversario dalla strage di Piazza della Fontana, snodo fondamentale nella storia della democrazia italiana.
    Dopo tanti anni rimane ancora in piedi una domanda: nell’intento di attaccare al cuore la democrazia italiana perché, rispetto al terrorismo, hanno invece ottenuto maggiori risultati determinati attori del sistema politico ?
    I principali protagonisti del nostro sistema politico hanno infatti lavorato, nel corso degli anni e attraverso scelte ben precise, a ridurre la democrazia italiana ad un brandello di simulacro, come stiamo ancora verificando in questi giorni.
    Per quindici anni, dal 1969 al 1984 l’Italia apparve al mondo intero immersa in una crisi caratterizzata dal succedersi di stragi e atti terroristici che provocarono più di 360 vittime e circa 4.500 feriti.
    Sono stati gli anni che si collocano storicamente tra l’emergere della contestazione studentesca e delle lotte operaie e lo stabilizzarsi della situazione politica con l’ascesa al potere del leader socialista Bettino Craxi, alla guida di una coalizione di pentapartito che resse fino al crollo del vecchio sistema politico nei primi anni’90: crollo del sistema dovuto all’implosione dei partiti storici causata da tre fattori concomitanti, l’approdo europeo attraverso il trattato di Maastricht, “Tangentopoli”, la caduta del muro di Berlino.
    La vicenda del terrorismo ha le sue radici però in un periodo antecedente e anzi percorre tutto il cinquantennio dalla Liberazione coincidendo, in sostanza, con la fase della guerra fredda: si esaurisce quando viene a cadere un’alternativa al sistema di produzione fondato sul capitalismo liberale, così come era andato evolvendosi nella seconda metà del ‘900.
    Proprio in quel momento, tra la fine degli anni’80 e l’inizio degli anni’90, all’interno della struttura capitalistica andava affermandosi proprio quell’idea di “iperliberismo” che poi avrebbe contrassegnato i decenni successivi fino all’esplosione delle crisi finanziaria globale nel corso del primo decennio del XXI secolo.
    E’ giusto, ancora in questo momento, chiarire ancora una volta il quadro d’insieme entro cui si è collocata la stagione delle stragi e dei terrorismi.
    In particolare è indispensabile spiegare in che senso si parlava allora di “doppio stato” o “stato parallelo” giacché molte diverse accezioni si sono diffuse nel corso di questi anni in particolare dopo la pubblicazione nel 1989 di un importante saggio di Franco De Felice con il quale si propose il tema del “doppio stato” e soprattutto della “doppia lealtà” alla Costituzione e all’Alleanza Atlantica che avrebbe contrassegnato il comportamento di una parte della classe dirigente italiana e che spiegherebbe appunto la partecipazione di quegli uomini alla “strategia della tensione” proprio a partire da Piazza della Fontana per arrivare al rapimento Moro.
    La categoria di “doppia lealtà” introdotta da De Felice fu assunta peraltro come fondamentale nella proposta di relazione del presidente della Commissione stragi Pellegrino nel dicembre 1995.
    Per quel che riguarda il caso italiano però la migliore definizione, quella che meglio si può attagliare alla qualità della vicenda, è quella proposta da Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli e che è stata anche ripresa da Nicola Tranfaglia nel suo saggio compreso nel nono volume della Storia dell’Italia Repubblicana edito da Einaudi nel 1995.
    Scrivono dunque Cucchiarelli e Giannuli:
    “si dà Stato duale quando una parte delle élite istituzionali, ai fini di conservazione, si costituisce in potere occulto, dotato di un proprio principio di legittimazione, estraneo e contrapposto a quello della Costituzione formale, per condizionare stabilmente il sistema politico attraverso metodi illegali, senza giungere al sovvertimento dell’ordine formale che conserva una parte della propria efficacia”.
    Gli elementi di fondo che hanno caratterizzato il quindicennio delle stragi e dei terrorismi possono essere così riassunti: un quadro internazionale che forniva all’Italia una sovranità limitata; la persistenza del più forte partito comunista occidentale tollerato ma non legittimato al governo; il ripetersi di gravissimi atti di rilevanza penale all’interno del sistema politico; la presenza di organizzazioni criminali colluse con gli apparati dello Stato e complici della repressione poliziesca nei confronti delle manifestazioni popolari; l’emergere frequente di organizzazioni occulte, come quella emblematica della loggia massonica segreta P2.
    Riflettendo su questi punti si ha ancora adesso la chiarezza e la forza nell’interpretazione del fenomeno contenuta nell’analisi di Cucchiarelli e Giannuli.
    Quali erano gli obiettivi degli epigoni dello “Stato duale”: sfruttando l’idea dell’esistenza di un pericolo di invasione dall’Est fin dagli anni’50 e poi in quelli’60 si pensò a un tentativo di instaurare nel nostro Paese un regime militare sull’esempio greco o turco.
    Poi l’avanzata delle lotte operaie e studentesche alla fine del decennio e la pressante richiesta di una più ampia democratizzazione del Paese portarono, proprio in coincidenza con piazza della Fontana, all’idea che occorresse arrestare quel flusso, stabilizzando gli equilibri politici italiani all’interno di un quadro moderato secondo l’impostazione sostenuta dai governi degli Stati Uniti, dell’alleanza atlantica e delle loro organizzazioni militari e di spionaggio.
    L’obiettivo fu conseguito ma si trattò di un obiettivo parziale, di “sostanziale tenuta”.
    Per “lorsignori” occorreva andare ben oltre.
    A questo punto, infatti, al momento dell’implosione del sistema e del procedere dell’egemonia del tipo di specie capitalistica (legata a precise istanze presenti nell’enorme processo di finanziarizzazione dell’economia erroneamente definito come “ globalizzazione”) insediatosi anche ai vertici della Comunità Europea si è proceduto allo smantellamento della democrazia italiana attraverso vie diverse da quelle terroristiche.
    Atti terroristici non sono comunque mancati all’interno della lotta/collusione/trattativa fra la criminalità organizzata (che mantiene comunque il controllo di vaste aree del Paese anche attraverso l’infiltramento occulto in vari settori economici) e poteri dello Stato.
    La base di riferimento di questo smantellamento della democrazia repubblicana è stata costruita prima di tutto attaccando la sovrastruttura repubblicana così come era stata concepita con la Costituzione.
    In questo senso ci si è mossi con l’adozione del sistema elettorale maggioritario nel 1993 e l’elezione diretta di Sindaci e Presidenti di Provincia e di Regione.
    Il tutto era già stato ben rappresentato è stata dal documento di “Rinascita Nazionale” redatto dalla loggia massonica P2 nel 1975.
    Gli obiettivi contenuti in quel documento sembravano già quasi tutti raggiunti addirittura codificandoli in Costituzione in tempi molto recenti con l’avvento del governo Renzi.
    Quasi all’improvviso,invece, l’esito di un referendum convocato improvvidamente proprio dagli esecutori di quegli oscuri disegni, ha bloccato il processo di definitivo smantellamento della democrazia repubblicana, grazie ad un grande concorso di popolo.
    La bomba di Piazza della Fontana non scoppiò invano; allora si trattò di contenere e fermare l’ondata democratica, poi – con mezzi più raffinati – si è cercato di smantellare la democrazia.
    Adesso, invece, a 47 anni dalla strage più importante della storia d’Italia può aprirsi una fase affatto diversa da quella dello stragismo e dell’antidemocrazia.
    Senza alcun ottimismo di maniera appare almeno interrotto quel filo nero che da Portella della Ginestra passando da piazza della Fontana era arrivato fino ai giorni nostri .
    Un filo nero che aveva legato assieme l’idea della cancellazione della rappresentanza politica e quella della repressione, violenta in alcuni casi e in altri subdolamente propagandistica.
    Occorrono realismo e capacità d’iniziativa politica ma, da sinistra e dalla parte democratica, il risultato del referendum del 4 Dicembre può rappresentare – almeno – un viatico utile per costruire una proposta politica del tutto alternativa a ciò che abbiamo visto e sofferto per tanti anni.
    Con questo semplice richiamo alla memoria si intende indicare, oltre al ricordo di uno dei momenti più difficili nell’intera storia d’Italia, anche l’attualità nella quale emergono elementi di vero e proprio corrompimento morale.
    Un corrompimento morale venuto fuori con chiarezza nel corso del tentativo(non ancora esaurito, attenzione) di corrodere definitivamente la democrazia italiana.
    Un tentativo di vera e propria corrosione portato avanti dal Governo e da larghi settori della finanza e dell’informazione che adesso cercano di far finta di niente e di proseguire imperterriti la loro opera disgregatrice.
    Il voto referendario ha respinto questo disegno, almeno per il momento.
    La memoria della tragedia di Piazza della Fontana contribuisca a rendere consapevoli tutti i democratici dei pericoli corsi e della complicata situazione nella quale ci stiamo trovando.
    Facciamo in modo che non si smarrisca più la bussola della democrazia repubblicana, unica bussola possibile da seguire sempre.
    La Costituzione riferimento indefettibile per respingere i sempre presenti epigoni della P2 e delle trame nascoste delle quali la strage di Piazza della Fontana fu, in quel tempo, una tragica materializzazione così forte da segnare un’epoca.

    Franco Astengo

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