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Raffaele De Grada 1916 2010

Raffaele De Grada 1916 2010

(4 Ottobre 2010) Enzo Apicella
E' morto all’età di 94 anni Raffaele De Grada, comandante partigiano, medaglia d’oro della Resistenza, critico d'arte.

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(Memoria e progetto)

"Massimo Gorla. Una vita nella sinistra rivoluzionaria"

(24 Dicembre 2016)

massimo gorla

Collana "Quaderni dell’Italia antimoderata"

è uscito un nuovo quaderno:



di Fabrizio Billi e William Gambetta


"Massimo Gorla.

Una vita nella sinistra rivoluzionaria"




Centro di Documentazione Pistoia Editrice

ottobre 2016, pp. 92, euro 10




Il libro ricostruisce la vita politica di Massimo Gorla (1933-2004) attraverso un cinquantennio dell’Italia repubblicana, dalla sua attività nel Psi e nel Pci, all’ondata conflittuale del “lungo Sessantotto”, fino gli anni più recenti, successivi alla crisi del comunismo storico novecentesco. Egli fu una figura significativa della sinistra rivoluzionaria, tanto da essere un protagonista di rilievo ai vertici di diverse formazioni: prima nella Quarta internazionale, poi in Avanguardia operaia e Democrazia proletaria (di cui fu deputato per due legislature) e, infine, nell’Associazione per la pace. Politico dalla grande vivacità intellettuale, fu immune da schemi interpretativi rigidi e visioni dogmatiche. Al contrario, nei suoi scritti si può rintracciare il costante esercizio di leggere - attraverso un marxismo critico - eventi e fenomeni per comprenderne contraddizioni e complessità. Gorla scrisse moltissimo per riviste, quotidiani e documenti politici delle organizzazioni di cui fu un dirigente, senza riuscire però a sistemare organicamente in almeno un volume questa sua prolifica elaborazione. Invariati furono i principi che lo ispirarono, come la tensione ad accrescere il protagonismo di lavoratori e classi subalterne, la visione internazionale dell’analisi e la solidarietà ai popoli oppressi, la critica intransigente ai regimi del “socialismo reale”, la necessità di contrapporsi alla disumanizzazione del sistema capitalistico e la riflessione su come agire – anche nelle lotte immediate – in una prospettiva di superamento della società esistente.

Richiedere a Centro di Documentazione di Pistoia, via S. Pertini s.n.c. – 51100 Pistoia


Pagamento:

-con bonifico bancario utilizzando le seguenti coordinate bancarie IT65X0626013800000324969C00 intestato a Centro di Documentazione di Pistoia

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Spese di spedizione a carico dell’Editore.



Nei Quaderni dell’Italia antimoderata sono usciti:

-Giuseppe Muraca, Luciano Bianciardi. Uno scrittore fuori dal coro, 2011, pp. 80, Eur 10

-Cesare Bermani, Giovanni Pirelli. Un autentico rivoluzionario, 2011, pp. 88, Eur 10

-Cesare Pianciola, Il marxismo militante di Raniero Panzieri, 2014, pp. 88, Eur 10

-Franco Toscani, Attilio Mangano, Stefano Merli. Uno storico militante, 2014, pp. 86, Eur 10

-Diego Giachetti, Guido Quazza. Storico eretico, 2015, pp. 96, Eur 10



Che cosa sono I QUADERNI DELL'ITALIA ANTIMODERATA


I quaderni sono il frutto di un progetto di riscoperta, valorizzazione, documentazione di figure di spicco del secondo dopoguerra, scrittori e pensatori irregolari, espulsi o quasi dallo spazio pubblico intellettuale italiano, che si è pensato di riunire attorno al termine di antimoderati. Termine che ha necessità di alcune precisazioni: la prima è quella che è stato mutuato da un testo (Massimo Ganci, L’Italia antimoderata. Radicali, repubblicani, socialisti, autonomisti dall’Unità ad oggi, Guanda, Parma 1968, poi Arnaldo Lombardi, Palermo 1996), dedicato all'analisi dei contrasti tra Destra e Sinistra storica, all'indomani dell'unità d’Italia, e ad individuare il peso rilevante del trasformismo e del moderatismo sulla società italiana, fino ad influenzare pezzi anche rilevanti della sinistra di allora. La seconda è che è stato usato per la prima volta nel volume di Attilio Mangano, L'altra Linea. Fortini, Bosio, Montaldi, Panzieri e la nuova sinistra, Pullano, Catanzaro 1992. Si sarebbero potuti usare altri termini, come non regolare, scomodo, non inquadrato, ma questo è parso il più efficace per individuare coloro che, a partire dagli anni '50 e '60 del '900, hanno in comune alcuni fondamentali elementi metodologici: “Sono antimoderati coloro che credono e praticano la fedeltà di classe, il primato del soggetto-classe sul predicato-partito, mai fine e semmai mezzo, la conoscenza concreta attraverso la pratica dell'inchiesta, il lavoro dentro-e-fuori le organizzazioni. Sono antimoderati coloro che provano a realizzare nuove sperimentazioni teoriche e pratiche, fuori da quella che è la posizione consolidata e apparentemente inamovibile del togliattismo, fondata sulla convinzione che vada privilegiato il cambiamento dei rapporti di produzione, senza porsi l'obiettivo del cambiamento dei modi di produzione. Sono antimoderati coloro che hanno la coscienza e la capacità di opporsi a chi vorrebbe depotenziare sempre e comunque tutte le espressioni di antagonismo e di autonomia dei ceti subalterni, tutte le posizioni di riflessione culturale e politica che non si ritrovano in questa linea di pensiero." Come porsi nei confronti degli antimoderati e di quello che pare l'irreversibile processo di dispersione e di definitiva perdita della loro memoria? Certo non ha senso l'atteggiamento nostalgico che tende a rimpiangere i bei tempi andati e le conseguenti belle teste che non ci sono più. Una prima modalità di approccio muove dalla constatazione dell'attualità di molte intuizioni, riflessioni, proposte non solo di natura teorica ma anche di natura politica. Quando Raniero Panzieri parla del conflitto radicale che è presente nei modi di produzione e attacca, partendo da questa analisi, produttivismo e sviluppismo dominanti, pone una questione, che percorre, intatta, il nostro tempo. E facendolo da teorico che è, nello stesso tempo, militante politico, assolutamente lontano dai canoni della politica ufficiale del suo e del nostro tempo, esprime una posizione che, di fronte alla attuale irreversibile crisi della politica, può rappresentare una prospettiva credibile per dare ruolo e senso alla intellettualità diffusa. Militanti politici di base di Danilo Montaldi, riletto oggi, indica l'utilità della inchiesta, come pratica della conoscenza diretta della realtà, dei luoghi e delle persone in carne ed ossa, non per sentito dire o per immaginato ai propri fini o costruito virtualmente. Oggi che la distanza tra cultura e politica è abissale e l'incultura dimensione essenziale dei professionisti della politica, può servire porre la questione nei termini radicali di Franco Fortini che parla della saldatura necessaria tra teoria e pratica, cultura e politica, non come trovata provvisoria”ma come matrimonio di ragione. Fino ad arrivare a sostenere che i due termini sono la stessa cosa. E si potrebbe continuare con molti altri esempi. La seconda modalità riguarda il rapporto con la storia, e conseguentemente con la teoria, che si è sviluppata e compiuta in rapporto con la pratica politica, provando ad uscire dalla alternativa tra imbalsamazione del passato e sua cancellazione, come scrive Giovanni De Luna. Gli anni degli antimoderati sono stati quelli dei forti fermenti sociali, dell'impegno politico di intere generazioni, che vi hanno dedicato passione ed altruismo. È necessario, nei confronti di questa realtà complessa, contraddittoria certo ma ricca di grandi idealità, mantenere, conservare e far crescere una memoria che non sia semplice ricordo, ma costruzione materiale elaborata nel presente, mezzo per acquisire orientamento critico e consapevole rispetto alla attualità, quindi capacità di analisi per il presente e di progettazione per il futuro. Vorremmo, con questi quaderni, che gli antimoderati trovassero il modo di riprendere le strade del mondo, per trasmettere le loro idee e le loro sollecitazioni da usare nel presente a più soggetti possibili.

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