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L'Italia tripudia la guerra

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(5 Novembre 2010) Enzo Apicella

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ETIOPIA: PRIMI VAGITI DI LOTTA DI CLASSE

(26 Dicembre 2016)

Dal n. 48 di "Alternativa di Classe"

proteste in etiopia

Immagine REUTERS/Tiksa Negeri

L'Etiopia si presentava negli anni '30 come uno Stato di tipo semi--feudale sottosviluppato. In seguito alle conquiste coloniali fatte in Africa da parte della Gran Bretagna, della Francia e dell'Italia, essa risultava circondata dai possedimenti di questi Stati imperialisti ed era priva di sbocchi sul mare; ma le acute contraddizioni che dividevano gli imperialisti avevano ostacolato fino ad allora la sua trasformazione in colonia. Nel 1923 l'Etiopia, con l'appoggio della Francia, già era stata ammessa nella Società delle nazioni.
La popolazione, assai varia dal punto di vista etnico e linguistico, contava circa 10 milioni di persone; la loro occupazione fondamentale era l'agricoltura. Le enormi estensioni di terre incolte creavano condizioni favorevoli per lo sviluppo dell'allevamento del bestiame, ma l'agricoltura si trovava ad un livello assai basso. I contadini consegnavano al feudatario fino ad un terzo del raccolto, la quarta parte parte del bestiame e pagavano pesanti tributi a favore della Chiesa copta e dello Stato. Accanto allo sfruttamento feudale dei contadini veniva utilizzato il lavoro degli schiavi. Il lavoro degli schiavi veniva specialmente impiegato nelle aziende dei signori feudali.
Per quanto riguarda lo sviluppo industriale, l'Etiopia si trovava a uno degli ultimi posti del mondo. Non esisteva un'industria nazionale. I capitalisti stranieri avevano concentrato nelle loro mani le posizioni economico-finanziarie più importanti. L'unica ferrovia del Paese, le banche, le aziende commerciali più o meno grandi e le ditte industriali appartenevano a capitalisti stranieri.
L'Italia fascista era attratta sia dalle risorse di materie prime dell'Etiopia, che dalla sua posizione strategica. La sua conquista avrebbe infatti offerto la possibilità di creare una massa compatta delle proprie colonie nell'Africa orientale. I possedimenti italiani sarebbero diventati una base militare diretta contro le colonie Britanniche, un cuneo che avrebbe diviso il Sudan e la Somalia Britannici, nonchè una minaccia per le importanti comunicazioni della Gran Bretagna dall'Oceano Indiano verso il Mediterraneo. La conquista del Lago di Tana, dove sono le sorgenti del Nilo azzurro, avrebbe assicurato all'Italia il controllo su tutto il sistema d'irrigazione del Sudan e dell'Egitto, subordinando alla sua volontà lo sviluppo agricolo di questi Paesi.
Il 3 Ottobre 1935 le truppe italiane varcarono, senza che fosse stata fatta una dichiarazione di guerra, il fiume di confine Mareb e penetrarono nel territorio dell'Etiopia. Durante la dominazione italiana in Etiopia furono tanti i massacri. Migliaia di etiopi uccisi, bruciati vivi nelle capanne o abbattuti dai fucili mentre cercavano di uscire. Donne vennero frustate e uomini evirati, bambini schiacciati col camion su ordine del Vicerè Rodolfo Graziani.
A partire dalla fine degli anni "60 gran parte della sinistra di classe vide nella rivoluzione cubana e nella rivoluzione culturale cinese la possibilità di creare "l'uomo nuovo", facendo proprie le istanze dei movimenti anticoloniali. La mitologia terzomondista ha lasciato in eredità un cumulo di macerie. In quegli anni ci si muoveva a sinistra su una linea politica del tutto estranea alla prospettiva marxiana del socialismo. Lo Stato è il prodotto dell'antagonismo inconciliabile tra le classi. Ho chi minh, esaltato nelle manifestazioni di massa contro la guerra del Vietnam, diceva che il motivo per cui si era avvicinato ai circoli socialisti durante il suo soggiorno in Francia era non tanto il marxismo, quanto piuttosto le simpatie che i membri di queste organizzazioni nutrivano nei suoi confronti, quale esponente di un popolo oppresso.
Oggi si tratta di guardare coraggiosamente in faccia il ciclo storico che la società capitalistica attraversa e noi crediamo nel carattere internazionale della lotta di classe. Ci sforzeremo di sollevare di fronte al proletariato il problema della sua indipendenza ed il problema della costruzione dei suoi organi di classe. Nella fase del capitalismo imperialista, la società borghese evolve verso un intervento sempre crescente dello Stato nel campo economico e sociale. Questa evoluzione aveva peraltro trovato la sua completa espressione nei regimi stalinisti di capitalismo di stato.
Nel mese scorso centinaia di migliaia di persone sono scese in strada per manifestare contro il Governo dell'Etiopia. E' stato il culmine di un'ondata di proteste, cominciate nel Novembre del 2015 in Amhara e Oromia, due delle regioni più popolate del Paese. Il Governo ha accusato i manifestanti di essere agenti di forze straniere e schierato l'esercito. Gli scioperi sono però continuati. Proletari oromo e amhara uniti denunciano le montature della propaganda borghese sulle divisioni etniche. Gli Oromo e gli Amhara hanno organizzato manifestazioni insieme, mentre il Governo, dopo aver lavorato per far entrare nell'immaginario del Paese le divisioni etniche, comincia a tremare.
Secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), l'economia etiope è in crescita: il 10% dal 2004 al 2009. Si tratta dell'economia africana di più rapida crescita non dipendente dal petrolio. Nonostante la rapida crescita degli ultimi anni, il Pil procapite è tra i più bassi al mondo. L'agricoltura è praticata con metodi tradizionali, sugli altipiani si coltiva il caffè, il più importante prodotto di esportazione. L'allevamento del bestiame è abbastanza sviluppato, nel sottosuolo si trovano giacimenti di platino e di oro.
Mentre il traballante governo reprime le manifestazioni di protesta, oltre alla Cina, che si è aggiudicata già dal 2011 la costruzione della importante ferrovia per Gibuti, terminata quest'anno, i padroni delle aziende italiane fanno affari. Un'azienda italiana, la Salini Impregilo, ha costruito due dighe sul fiume Omo, nella regione sudoccidentale dell'Etiopia. Un altro intervento è quello dell'azienda italiana Fri-Elgreen, impresa che nel 2007 si è aggiudicata (tramite la sussidiaria locale Fri-El Ethiopia Farming and processing) la concessione di 30mila ettari di terreni arabili nella bassa valle dell'Omo, distretto di Omorate, per produrre olio di palma e di jatropha (pianta con semi oleosi, destinati a biocarburanti) da esportare in Italia. L'azienda italiana beneficia di un affitto per 70 anni per il valore di 2,5 euro l'ettaro, e si aggiudica terre prima destinate all'uso della comunità.
Pascoli e buone terre arabili sottratti all'agricoltura locale, senza che gli abitanti ricevano alcun beneficio. Scuole, ambulatori, ed altri servizi, sono stati promessi, senza mai essere arrivati.
L'Etiopia è un insieme di diversi gruppi etnici. Fino agli anni "70 il Governo perseguì una politica di uniformazione etnica, in cui l'identità amhara diventò dominante. Gli Oromo, il gruppo etnico più numeroso, furono emarginati. Questa asimmetria alimentò l'antagonismo tra i due gruppi. Il Governo, guidato dal Fronte di liberazione del Tigrè, ha usato questa rivalità come arma politica. Per 25 anni il Fronte di liberazione del Tigrè, appoggiato dalla borghesia, ha piantato i semi della divisione etnica.
Ma ora questa strategia comincia ad essere chiara ai proletari etiopi. La risposta violenta del governo alle proteste degli amhara e degli oromo ha sottolineato che i proletari in Etiopia condividono la stessa vulnerabilità. E questa esperienza condivisa ha avvicinato i proletari delle due comunità. Questa solidarietà di classe emergente, seppur precaria, rappresenta la più grande minaccia alla politica borghese del “divide et impera” portata avanti dal regime.

Alternativa di Classe

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