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    ODIO DI CLASSE E RIBELLIONE POPOLARE

    (13 Gennaio 2017)

    edoardo sanguineti

    Edoardo Sanguineti

    «I potenti odiano i proletari e l'odio deve essere ricambiato». Perciò, sostiene Edoardo Sanguineti, bisogna «restaurare l'odio di classe», per contrastare l'oblìo di sé in cui la classe operaia, «inibita da una cultura dominata dalla tv», è immersa.”
    Questa la celebre allocuzione pronunciata qualche anno fa da Edoardo Sanguineti: mi è ritornata alla mente riflettendo sulla sentenza della Corte Costituzionale che ha negato lo svolgimento del referendum sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, inopinatamente abolito dal fu governo reazionario di Matteo Renzi.

    Mi ha pervaso il senso dell’ingiustizia, dell’evidenza di una “sentenza politica” come del resto molti hanno sostenuto, e dell’insufficienza della risposta.
    E’ evidente che la magistratura svolge una funzione di supplenza ormai da molto tempo in luogo di un ceto politico capace soltanto di combinare guai: ma proprio per questo la necessità, in certi momenti, di superare la tripartizione di Montesqueiu appare sacrosanta e necessaria.

    Non basta il fatalistico “ci sarà un giudice a Berlino”.
    La CGIL ricorrerà forse alla Corte Europea, ma non si è mai pensato per un momento di fermare il lavoro dappertutto, anche soltanto simbolicamente, per far presente con forza che non si poteva accettare il dato di fatto così come questo ci era stato propinato e soprattutto per affermare l’esistenza del lavoro stesso come fattore umano.

    E’ ormai completamente obliata la sana idea della ribellione popolare: i nostri padri non hanno lasciato eredità proprio nella capacità di espressione del senso della lotta di classe.

    Nei giorni scorsi è passato quasi completamente sotto silenzio l’anniversario dell’eccidio di Modena del 9 Gennaio 1950, quando la polizia uccise 6 lavoratori in sciopero davanti alle fonderie Orsi: fu una giornata cupa e vi fu una risposta ferma.
    Adesso subiamo i voleri del potere e abbiamo smarrito il senso dell’appartenenza, nel pieno dell’oblio di cui parlava Sanguineti.

    Franco Astengo

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