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Dalle Ceneri del Referendum

(13 Marzo 2017)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

renzi e referendum

A tre mesi dall’esito del referendum costituzionale, come collettivo abbiamo pensato di pubblicare la sintesi delle nostre conclusioni sull’argomento e la nostra prospettiva di sinistra unita. Buona lettura.

La riforma costituzionale risulta essere chiaro esempio di attacco alla sovranità popolare. Questo sovvertimento istituzionale è stato fortemente chiesto dall’Europa e appoggiato dagli USA per permettere alle grandi banche di affari (JP Morgan ; Goldman Sachs etc) e ai poteri forti neoliberisti di adattare la nostra politica nazionale ai loro standard di mercato. Tutta la riforma era un progetto per rafforzare il governo centrale a scapito del parlamento e delle autonomie locali: il popolo avrebbe avuto sempre meno rappresentanza anche perché sarebbe venuta meno l’elezione diretta dei senatori. La riforma è stata chiaramente voluta dal governo e dall’Unione Europea per portare avanti con maggiore facilità politiche utili ai poteri economici (come le grandi banche e le multinazionali dell’UE e degli USA) e a sfavore dei lavoratori e della scuola pubblica. L’Unione Europea cerca da anni di smantellare l’apparato costituzionale dei suoi paesi membri che ostacolano i suoi piani economici. Tutto ciò per permettere una maggiore capacità di continuare ad asservire i popoli alle convinzioni delle logiche capitalistiche. Il PD si era autoeletto paladino del cambiamento e del motto “basta un Sì”, ma è da anni che non si può considerare nessuno degli ultimi cambiamenti come radicale, il cambiamento della riforma non avrebbe aiutato e cambiato la sorte di milioni di italiani in povertà, milioni di precari, migliaia di migranti senza futuro. Occorrono quindi misure radicali e determinate per cambiare davvero la situazione drastica del paese, e non una riforma che faccia contento solamente quella parte di ceto borghese che vende questo come un cambiamento “inevitabile” .

Fortunatamente le richieste dell’Europa sono state impedite dalla volontà popolare, infatti il 59,1% dei votanti si è espresso in modo contrario alla riforma. Possiamo notare che il fronte del ‘no’ è stato supportato da quasi tutte le forze politiche, ed oltre all’ambiguità di come è stata stesa la riforma (il cittadino italiano non si è convinto di questa anche per la poca chiarezza di articoli come il nuovo 70), un ruolo fondamentale per questa vittoria comune è attribuito alla mancanza di fiducia nell’esecutivo Renzi e nel PD, la quale opposizione si è rivelata oggetto condiviso da quasi tutte le nature politiche italiane. Tra queste hanno avuto un ruolo fondamentale le forze di sinistra antirenziane, che comprendevano:

– la sinistra comunista (“Rete dei Comunisti” ; “P.C.”; Rifondazione Comunista ; “PCI” ex PdCI ; etc..)
– centri sociali e “sinistra antagonista” (autorganizzati ; disobbedienti ; etc…)
– sindacati di base e confederali (“USB” ; “CGIL” etc..)
– “Sinistra Italiana”

Queste elencate, in particolare, hanno condiviso alcune motivazioni di critica in merito alle problematiche della riforma. Tre le fondamentali:
avrebbe conservato e rafforzato il potere centrale a danno delle autonomie, private di mezzi finanziari ; avrebbe addirittura triplicato da 50.000 a 150.000 il numero di firme necessarie per i disegni di legge di iniziativa popolare (la costituzione prevede che, raggiunte un tot numero di firme, il governo debba quanto meno analizzare una legge proposta dai cittadini); avrebbe violato Il principio secondo il quale “La volontà dei cittadini espressa attraverso il voto costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare”, escludendo che i senatori-sindaci vengano eletti dai cittadini nemmeno in via indiretta.

Il referendum è stato per la vera sinistra un’ennesima prova del tradimento del Partito Democratico nei confronti degli originali scopi su cui essa si fonda. Questo partito favoreggia ormai una politica liberista basata sullo sviluppo di leggi perché il mercato sia sempre più libero e senza regole: una politica economica che impedirà sempre di più ai rispettivi Stati (e quindi alle rispettive iniziative politiche sociali) di esercitare la propria sovranità. La promessa è quella dello sviluppo economico, la condizione è l’asservimento del popolo a chi muove questa economia. Il Partito Democratico come possiamo intendere dagli ultimi eventi, è in profonda crisi. Una crisi che non solo deriva dalla sua grande sconfitta del referendum, ma che ha radici ben più profonde nella fibra del partito stesso. Ormai è chiara la deriva centrista e conservatrice che questo, completamente dissociato dai fatti reali e dai problemi del paese, ha preso ormai da tempo. Le timide prese di posizione della minoranza Pd che ora si vuole trasformare in Dp (cambia il nome ma non l’essenza), non sono che i gemiti di un partito che erede dell’esperienza de L’Ulivo ha ormai completamente rivolto la sua politica al servizio dei tecnocrati, dei burocrati di palazzo e si è rivolto ad una base sociale che è quella della borghesia benestante, indelebilmente attaccata a valori liberali conservatori. La sinistra non può sperare nella giustizia sociale, nell’uguaglianza civile, nell’indipendenza economica di ogni individuo se deve seguire lo stampo capitalista liberale seguito dai partiti dell’attuale centro-sinistra, solo perché sembrano non esistere altre vie.
Dopo molto tempo dal referendum sull’ acqua pubblica tutti i collettivi, partiti, sindacati e associazioni della sinistra anti-capitalista erano uniti nel combattere la riforma costituzionale, si deve ripartire da questo per far nascere una sinistra che si ponga come alternativa al PD e alle politiche dell’ UE. Con questo non intendiamo elogiare o giustificare le solite accozzaglie che da anni ci propina la sinistra liberale, ma proporre un’unione che parta dalle idee di cambiamento radicale.
Che allora dalle ceneri del 4 dicembre possa nascere una fenice di speranza nell’avvenire dei lavoratori, delle lavoratrici, di quelli che credono ancora nei valori della nostra Costituzione, nei valori della resistenza, della democrazia e della rivoluzione.

Il Collettivo Studentesco Roma Nord

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