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Lo scenario politico dopo i ballottaggi

(28 Giugno 2017)

renzi e gentiloni

Il risultato dei ballottaggi ha un indubbio significato politico.

Il PD prosegue la propria caduta, particolarmente accentuata nelle zone tradizionali di insediamento del partito (Genova, Emilia, Toscana). L'onda lunga della crisi del renzismo, precipitata il 4 dicembre, è lungi dall'essersi arrestata. L'ombra politica di questa crisi si è allungata sul voto amministrativo, e sulle diverse forme di presentazione del PD (coalizione di centrosinistra, corsa solitaria, mascheramenti civici...).
Il centrodestra conferma la forte tenuta del proprio blocco sociale di riferimento e persino la sua capacità di rilancio a danno del centrosinistra e del M5S. Il progetto renziano di sfondamento nel bacino elettorale del centrodestra ha registrato una sconfitta definitiva. Il voto grillino nei ballottaggi si è diretto prevalentemente verso il centrodestra (e verso l'astensione).
Il M5S ha consumato nelle elezioni amministrative una sostanziale sconfitta elettorale, per via del cumularsi di diversi fattori: crisi interne (Genova), debolezza del radicamento territoriale - in particolare nel Nord, probabile influenza dell'esperienza fallimentare della giunta Raggi (“non sanno amministrare”). Ma il potenziale di richiamo del M5S sul piano politico non è affatto compromesso, e può giovarsi della crisi profonda del renzismo come delle contraddizioni politiche all'interno del centrodestra.
Infine l'astensione dal voto registra una significativa espansione, a danno soprattutto del PD e del M5S, quale espressione prevalente di scollamento passivo.


IL PERMANERE DI UN QUADRO POLITICO TRIPOLARE E INSTABILE

Le ripercussioni del voto sullo scenario politico andranno verificate, nel loro insieme, nella dinamica delle prossime settimane.

Di certo ogni lettura del voto amministrativo come ricomposizione del vecchio bipolarismo (centrodestra e centrosinistra) è profondamente sbagliata.
Il renzismo tende infatti ad arroccarsi attorno alla difesa del Capo e della sua ambizione non negoziabile a riconquistare la guida del governo: per questo il PD rifiuta di riaprire le porte a una coalizione di centrosinistra che metterebbe a rischio quel ruolo. Da qui l'acuirsi delle tensioni interne con l'area Orlando-Cuperlo, sino all'ipotesi (non escludibile) di una nuova scissione.
Sul versante opposto, la vittoria del centrodestra sul terreno locale non solo non risolve le sue contraddizioni politiche interne ma le accentua: Berlusconi non vuol concludere la propria carriera politica come ascaro subalterno del salvinismo, e Salvini non sembra disponibile a recedere dalla rivendicazione del proprio primato. Vedremo se e in che misura i contrasti interni al campo berlusconiano (Toti) e salviniano (Maroni) favoriranno una ricomposizione. Di certo il rifiuto di una nuova legge elettorale con premio di coalizione da parte sia di Renzi che di Berlusconi complica non poco la ricomposizione interna al centrodestra: il Consultellum spingerebbe infatti in astratto ad una lista unica, politicamente molto problematica e oltretutto foriera di dispersione elettorale.
In questo quadro il M5S continua a disporre di uno spazio politico considerevole. Si lancia alla rincorsa degli umori peggiori sul tema dell'immigrazione, esplicitando una volta di più il proprio profilo reazionario. Punta alla vittoria (possibile) nelle elezioni regionali siciliane di novembre come trampolino di lancio per le elezioni politiche. Prosegue il proprio lavoro di accreditamento sottotraccia presso i poterei forti (nazionali e internazionali) per legittimare le proprie ambizioni di governo. Al tempo stesso proprio questa marcia (virtuale) di governo, con la sua proiezione verso mondi esterni ai confini di setta della Casaleggio Associati, alimenta inevitabilmente le frizioni interne e la sotterranea guerra per bande attorno ai poteri di comando.

Complessivamente si conferma dunque un quadro politico tripolare, altamente instabile, segnato dalla assenza congiunta di un baricentro politico e di un paracadute istituzionale di protezione (come nella Quinta Repubblica francese). Da qui la possibilità reale in prospettiva di una crisi politico-istituzionale, aggravata dalla permanenza di una crisi del debito pubblico (alla vigilia della ritirata della BCE dal QE) e di una irrisolta crisi bancaria (vedi banche venete). Oggi l'Italia si delinea di fatto come l'anello debole della catena imperialistica europea.


UNA “SINISTRA” CIVICA SENZA CLASSE, ALLA RICERCA UNICAMENTE DELLA PROPRIA SALVEZZA ISTITUZIONALE

Responsabili di una disfatta di lungo corso, incapaci di prospettare una soluzione di classe indipendente alla crisi italiana, i gruppi dirigenti della "sinistra" discutono unicamente della propria salvezza istituzionale.

Una legge elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 5% sembrava spingere a favore di un'unica lista elettorale a sinistra, da Pisapia a Sinistra Italiana e forse persino Rifondazione Comunista. L'iniziativa del Brancaccio voleva inizialmente favorire questa soluzione, controbilanciando le resistenze di Pisapia e fornendo all'operazione unitaria una cornice civica popolare capace di tenere dentro tutti. Ma dopo il crollo dell'accordo a quattro su proporzionale e 5%, e il ritorno al Consultellum col 3% di sbarramento alla Camera, è possibile e persino probabile che Pisapia (scaricato da Renzi) tenti un'operazione in proprio, presumibilmente assieme a MDP, attorno al rilancio di un nuovo centrosinistra, e che SI e PRC (scaricati da Pisapia) diano vita ad un'altra lista di sinistra riformista in compagnia di Civati e col patrocinio dei promotori del Brancaccio. Una lista “civica progressista”, naturalmente, ennesima riedizione di quelle liste civiche aclassiste sperimentate con Ingroia o Barbara Spinelli, che hanno come unico scopo quello di imboscare e rimuovere ogni demarcazione di classe per i lavoratori e gli sfruttati.


PER UNA SINISTRA CLASSISTA, ANTICAPITALISTA, RIVOLUZIONARIA.
PER LA COSTRUZIONE DEL PCL

Costruire nelle lotte della classe e dei movimenti sociali la rappresentanza politica anticapitalista dei lavoratori, a partire dalla loro avanguardia, è e resta la necessità fondamentale.
La costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori è al servizio di questo progetto. Un progetto che vive innanzitutto nelle lotte di resistenza contro il padronato e le burocrazie del sindacato (opposizione al contratto dei metalmeccanici, lotte di Alitalia, Ilva, Poste...), e nei movimenti di tutti gli oppressi (innanzitutto nel movimento delle donne). Un progetto che si misura anche sul terreno elettorale, per portare a più ampi settori di massa la prospettiva classista, internazionalista, rivoluzionaria.

Le presentazioni del PCL in queste elezioni amministrative a Genova, Belluno, Conegliano, Fabriano, Lissone, hanno registrato risultati modesti, com'è inevitabile in una battaglia controcorrente, ma tutti in crescita, anche significativa, rispetto al passato. A Genova, dove abbiamo sfiorato l'1% (0,91%), abbiamo raddoppiato i nostri voti. A Belluno abbiamo superato l'1% (1,25%), a Fabriano (Ancona), zona industriale, abbiamo raddoppiato i voti, a Conegliano (Treviso), altra zona industriale, abbiamo triplicato i nostri voti, sfiorando il 2%. Sono risultati in linea con lo spazio politico elettorale di altri soggetti di estrema sinistra. E tuttavia, pur nella loro modestia, risultati preziosi. Attestano la possibilità di consolidare sul piano politico un riferimento di classe anticapitalistico, in funzione della costruzione del partito rivoluzionario, della sua riconoscibilità, del suo radicamento sociale.

Faremo certamente vivere questa esigenza, nelle forme possibili, alle prossime elezioni politiche nazionali.

27 giugno 2017

Partito Comunista dei Lavoratori

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