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Obama e la Tunisia

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(16 Gennaio 2011) Enzo Apicella

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(17 Agosto 2017)

Editoriale del n. 56 di "Alternativa di Classe"

assemblea a milano il 23 settembre

Il continuo arretramento della condizione operaia e proletaria sta consentendo agli strumenti del capitale, con lo Stato in prima fila (ed i media ufficiali “a ruota”), di essere sempre più chiari e netti anche nell'esporre i propri obiettivi, perseguendoli poi con modalità che riducono al minimo le mediazioni ed i camuffamenti in termini interclassisti. In questo contesto ha un ruolo fondamentale il rilancio del nazionalismo, “condito” in varie “salse” a destra e a sinistra, e che rimane il principale fattore ideologico utilizzato per accomunare sotto presunti uguali interessi i “bianchi” di “razza” europea nati e vissuti in Italia, seppure con qualche distinguo per chi proviene dai Paesi dell'Est.
La stessa tradizionale “meritocrazia”, da sempre spacciata dalla borghesia come strumento imparziale, sta divenendo un “optional” rispetto ad altri paradigmi di “valori”, imposti dai media mainstream in modo sempre più spregiudicato e generalizzato, quali il dominio ed il successo. Non si preoccupano più nemmeno di dissimulare il fatto che, in ultima analisi, è la concorrenza sempre più spietata sui mercati a diffondere comportamenti sociali anche aggressivi e, comunque, sempre più improntati all'affermazione individuale a scapito dell'altro, visto come “rivale” potenzialmente pericoloso. E poco importa se ciò produce situazioni di emarginazione e/o depressione, a volte fino alle estreme conseguenze, in chi, vivendo la propria condizione in modo individuale, si sente o si ritiene “più debole”.
Dopo la firma del 7 Dicembre '16 da parte di CGIL, CISL e UIL del “Patto per la fabbrica” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 48 a pag. 3), che confermava ideologicamente le scelte di intangibilità del primato degli interessi aziendali, in particolare rispetto al lavoro dei dipendenti, tutto nella società va in direzione della conferma di tale indirizzo. Nella stessa infausta data, infatti, la Corte di Cassazione stabiliva espressamente per la prima volta, con la Sentenza n. 25201/2016, smentendo peraltro la Sentenza della Corte di Appello di Firenze del Maggio '15 per la medesima causa, ma che andava in senso opposto, il brutto precedente che “Giustificato Motivo Oggettivo (G.M.O.)” per licenziare sarebbe la sola “necessità di ridurre i costi di gestione”, anche in assenza di una condizione specifica di crisi. Tale assunto è stato confermato Martedì 8 Agosto da un'altra sentenza della Cassazione: la n. 19655/2017. Pur essendo stato in precedenza il dibattito in sede legale concentrato sull'effettività o meno della eliminazione di un reparto nella azienda, di cui il licenziato aveva fatto parte, la Corte di Cassazione ha potuto smentire la pronunzia a lui favorevole da parte della Corte di Appello, in virtù della dimostrata esistenza di un “progetto riorganizzativo” da parte della S.p.A. ricorrente, in base al quale sarebbe avvenuta “la riduzione del personale”.
La Sentenza n. 19655/2017, nel definire il proprio orientamento come “consolidato” dal punto di vista giurisprudenziale, fa riferimento a precedenti sentenze, e cioè la n. 15157 del 2011, la n. 7474 del 14-5-'12, la n. 25197 del 2013, e la già citata n. 25201/2017. In realtà, a parte quest'ultima, le altre sentenze riguardavano aspetti diversi quali, nell'ordine, il demansionamento, le ripetute assenze per malattia e l'esternalizzazione di attività. E' solo la Sentenza del 2016, non a caso avvenuta dopo l'entrata in vigore del “Jobs act” e dei suoi decreti attuativi, approvati rispettivamente nel Dicembre '14 e nel corso del 2015, che si può organicamente ricollegare a quella di pochi giorni fa. Per entrambe si può parlare apertamente di “licenziamenti per il profitto”!...
Il fatto, invece, per il quale tutte e quattro le sentenze, a partire da quella del 2011, vengono citate insieme è che tutte sono accomunate dal riferimento all'art. 41 della, ancora tanto decantata, Costituzione Italiana, che sancisce che “L'iniziativa economica privata è libera”. E tale libertà, fatta di scelte “insindacabili” (di qualsiasi capitalista), “si sostanzia nella possibilità sia di scegliere se intraprendere o meno un'attività economica, sia nella libertà di scegliere quale attività esercitare”, ed, evidentemente, in che modo. Oggi la “discussione” tra i giudici riguarda, infatti, soltanto la presenza o meno di una situazione di crisi aziendale, visto che ancora vi sono state recenti sentenze che la richiedono per poter avallare il licenziamento, ma ormai l'orientamento della Sentenza del 8 Agosto, considerato “liberale”, a fronte dell'altro più “sociale”, può ritenersi davvero “consolidato”.
Mentre Confindustria, ovviamente, si bea del prevalere di tali interpretazioni giuridiche “liberali”, ed alcuni suoi seguaci si spingono a richiedere una prossima convocazione delle “Sezioni Unite (SS.UU.)” della Corte di Cassazione per dirimere il “contrasto”, c'è ancora chi, tra i compagni, nonostante il disvelamento dello “imbroglio democratico”, e continuando a farsi poco motivate illusioni, al fine di “difendere i più deboli” mette in discussione la “costituzionalità” di tali recenti scelte giuridiche.
Fortunatamente la consapevolezza che “l'imbarbarimento” del diritto del lavoro è una conseguenza dello strapotere padronale comincia a diffondersi, seppure lentamente. La realtà è, però, che non si tratta appunto di “imbarbarimento”, ma di un effetto dei mutati rapporti di forze tra le classi sociali a vantaggio della borghesia. Il quadro legislativo cambia continuamente per adeguare le “regole sociali” a tali rapporti, ed è per questo che non vanno illusi i proletari, mobilitandoli a partire dal piano della “difesa dei diritti”! Oltre tutto, senza una ripresa consistente dello scontro di classe, le prospettive non sono altro che un ulteriore peggioramento anche dello stesso contesto politico istituzionale a tutti i livelli.
La questione di fondo per i proletari è quella di riconoscere i propri oggettivi interessi primari come classe, e su questi mobilitarsi, senza sviamenti e falsi obiettivi: solo così possono cambiare i rapporti di forze. E magari, mutati questi, la sovrastruttura politica potrà anche vedersi costretta a ritornare, almeno in parte, sui propri passi. Comunque, non è certo il diritto borghese il terreno dello scontro! Per questo, la stessa valutazione a priori circa la “legalità” del proprio agire politico, per quanto aspetto non trascurabile, non può venire anteposta agli obiettivi da raggiungere, pena la completa inefficacia di tale agire.
L'unica via, allora, per provare a cambiare i rapporti di forze tra le classi è la ripresa della mobilitazione e della lotta dei lavoratori e degli altri settori proletari, a partire dai propri interessi oggettivi. In questo senso ci pare importante l'Assemblea di Milano del prossimo 23 Settembre, indetta da buona parte dei sindacati di base, in vista dello sciopero generale già annunciato per l'intera giornata del 27 Ottobre, anche per particolarizzare gli obiettivi, formulati ad oggi in termini ancora troppo generici. Le restrizioni promesse dal Governo Gentiloni, in risposta al riuscito sciopero del 16 Giugno scorso, sulle possibilità stesse di scioperare, a partire dal settore dei trasporti, pur non essendo attualmente di certo l'unico problema per il movimento operaio, meritano una risposta adeguata, che questi appuntamenti possono davvero cominciare a mettere in campo.
Mentre, prendendo a pretesto la scarsa occupazione, il capitale sta cercando, sotto l'occhio indifferente, se non benevolo, dei sindacati confederali, di avere sempre più mano libera sull'organizzazione del lavoro, utilizzando o meno i nuovi, pessimi, accordi contrattuali, non è un caso che recenti dati INPS parlino di un forte incremento per il solo “lavoro a chiamata” a tempo determinato (più che raddoppiato). E' necessario, allora, che l'ampio fronte, già in corso di aggregazione nella preparazione dello sciopero generale, si allarghi il più possibile, ed innanzi tutto sul terreno sindacale, riavviando il dibattito tra i lavoratori sulle attuali condizioni di vita e di lavoro, oltre che la discussione sulle prossime scadenze di mobilitazione, senza trascurare l'avvio di iniziative anche locali.

Alternativa di Classe

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