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(4 Aprile 2011) Enzo Apicella

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    (La tolleranza zero)

    Sfratto degli immigrati a Roma

    Il capitale importa forza lavoro e la tratta peggio che nello schiavismo

    (4 Ottobre 2017)

    La società borghese è la forma di vita associata che sul piano storico maggiormente esalta contraddizioni insolubili e paradossali. Se il bisogno è la motivazione che spinge i lavoratori a vendere la propria forza lavoro per produrre plusvalore a vantaggio della classe capitalista, quest’ultima deve mantenere con ogni mezzo masse sconfinate di uomini nella condizione di proletari, separati a forza dall’immensa ricchezza sociale prodotta grazie allo straordinario sviluppo delle forze produttive proprio del nostro tempo.

    Le città moderne, devastate dalla permanente febbre edilizia, male inguaribile del modo di produzione capitalistico, offrono uno spettacolo a un tempo bizzarro e rivoltante di una grande abbondanza di case vuote e di masse di esseri umani senza un tetto. Questo diventa vieppiù vistoso a mano a mano che la crisi torna a mordere, trasformando in disoccupati tanti lavoratori, mentre una pletora di capitali che non trovano investimento produttivo imboccano la strada dell’immobiliare, nella costruzione di case, che resteranno invendute o sfitte.

    In Italia si aggiunge la pura speculazione di appropriarsi di una qualche rendita sui fabbricati appartenuti a enti pubblici del pletorico quanto obsoleto parastato, antica dubbia gloria di ormai antiche stagioni della storia repubblicana.

    Un caso particolarmente schifoso di quest’ultima tipologia è quello di un edificio situato nel centro di Roma, in via Curtatone, a due passi dalla stazione Termini. Si tratta di un palazzone di architettura razionalista costruito negli anni ’50 del secolo scorso a sede della Federconsorzi, uno dei carrozzoni del vecchio sistema clientelare democristiano la cui funzione precipua consisteva nell’elargizione di “denaro pubblico” (sempre plusvalore estorto ai proletari) al capitale investito nelle aziende agricole. Negli anni ’90, con il commissariamento, poi la liquidazione della Federconsorzi, il palazzo restava vuoto e inutilizzato. La proprietà dell’immobile passava a un Fondo di investimento, l’Omega, che fa capo alla Società di Gestione del Risparmio Idea Fimit, un gigante finanziario la cui funzione è incamerare e far rendere le proprietà immobiliari di grandi banche e di enti pubblici. Approfittando, non a caso, di uno dei momenti più acuti della crisi, la Fimit nei soli tre anni anni dal 2008 al 2011 è diventata la prima SGR italiana nel settore e la quarta in Europa.

    Nel 2013 gli uffici ormai inutilizzati di Via Curtatone vennero occupati da alcune centinaia di immigrati, in prevalenza dal Corno d’Africa. Molti di essi, provenendo da paesi in guerra come la Somalia o da regimi considerati dittatoriali come l’Eritrea, hanno ottenuto lo stato di rifugiati politici. Per quattro anni famiglie intere e singoli, condannati a condizioni di vita assai dure a causa dell’incedere della crisi anche nel paese di “accoglienza”, avevano convissuto, in condizioni ben lontane dagli agi e dal lusso, ma creando quella rete di relazioni di solidarietà che soltanto gli strati subalterni della società sanno stabilire fra loro.

    Ora un sindaco come la Raggi, espressione di un movimento populista e demagogico qual’è il Movimento 5 Stelle, e un ministro dell’Interno come Marco Minniti, esponente di punta del PD, formatosi nella scuola di polizia del’ex sedicente Partito Comunista Italiano, hanno comprovato la loro rivoltante libidine di servire gli interessi della classe capitalistica, anche a costo di mandare sotto i ponti un migliaio di uomini, donne e bambini.

    Il 19 agosto la polizia invadeva con violenza implacabile lo stabile occupato e ne cacciava tutti gli abitanti, gettando dalle finestre le loro povere cose. Nei giorni successivi, centinaia di migranti occupavano in una protesta silenziosa i giardinetti al centro di Piazza Indipendenza, fino a quando, il 24, le forze di polizia, avanzando dietro ad un enorme blindato dotato di un potente idrante, li hanno cacciati anche di lì senza risparmiare manganellate e altri atti di vile quanto gratuita violenza.

    La macchina repressiva dello Stato ha assolto il suo compito di bastonare i più deboli. Eccolo lì lo Stato capitalista, incapace di affrontare anche un temporale di stagione senza che la sua inclita capitale veda trasformarsi le strade in laghi. Eccolo, sempre pronto a dispiegare la sua forza per affamare, terrorizzare e dividere i proletari. Senza uno straccio per coprire le sue vergogne, lo Stato del capitale dimostra a tutti la sua natura di strumento di oppressione dei lavoratori da parte della avida e cinica classe capitalista alla quale non è sconosciuto alcun crimine, fosse anche il più efferato.

    Nei giorni successivi una stampa asservita e vigliacca ha imbrattato le pagine dei giornali descrivendo gli occupanti dell’immobile con gli abusati luoghi comuni xenofobi, con ignobili menzogne degne della più rancida propaganda razzista.

    Ora centinaia di persone sono ancora per la strada.

    La classe dei proprietari fondiari, a difesa della rendita, impone ai diseredati una vita difficile e disagiata, fino al limite estremo della sopravvivenza.

    Sarà invece la classe operaia, quando avrà ricostruito le sue autonome e robuste organizzazioni di classe, e quando sarà tornata a dispiegare il suo movimento di scioperi esteso ed unitario contro il padronato e le sue istituzioni, a farsi carico anche della difesa di tutti i diseredati che sempre più si accrescono all’interno della società del capitale, e ne farà sue le rivendicazioni.

    PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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