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ILVA: unire ed estendere la lotta operaia

Volantino distribuito a Genova, lunedì 9 ottobre 2017

(12 Ottobre 2017)

4 mila licenziamenti su 14 mila dipendenti (3.300 a Taranto, 600 a Genova e 54 a Novi Ligure); licenziamento dei circa 9.900 lavoratori restanti e riassunzione senza l’integrativo, con l’azzeramento dell’anzianità pregressa e con l’applicazione del Jobs Act, quindi senza l’art. 18.

Questo il colpo durissimo che i nuovi padroni dell’ILVA – Arceol Mittal (85%) e Marcegaglia (15%) – vogliono infliggere ai lavoratori del gruppo. Davvero una limpida conferma di quanto sia infame la borghesia.

Per la sua portata questa battaglia interessa tutta la classe lavoratrice. A seconda del suo esito essa finirà: o per aggiungere un nuovo anello alla lunga catena di sconfitte degli ultimi decenni, che opprime una classe operaia sempre più sfruttata e prostrata – materialmente, moralmente e politicamente – davanti dalla classe dei padroni. Oppure, al contrario, se saranno rigettati i licenziamenti, l’annullamento dell’integrativo e l’applicazione del Jobs Act, potrà diventare un punto di riferimento per iniziare finalmente a cambiare direzione e tornare la classe operaia a rialzare la testa.

È nella consapevolezza di questo legame degli operai dell’ILVA con tutta la classe lavoratrice che bisogna affrontare questa cruciale battaglia.

Va ricercata la più estesa unità operaia:

– Bisogna in primo luogo superare il localismo con il quale è stata fino ad oggi condotta la lotta, facendone una questione della città di Genova; il coinvolgimento nello sciopero del 4 giugno scorso dei lavoratori della fabbrica di Novi Ligure è certamente positivo ma non basta. Il vero problema è collegarsi coi 13 mila operai di Taranto, l’acciaieria più grande d’Europa. Per vincere gli operai di Genova e di Novi devono agire uniti con quelli di Taranto. Questa elementare necessità pratica della lotta non è mai stata soddisfatta dai sindacati confederali (Fim, Fiom, Uilm). Gli operai di Genova e Novi, e i delegati Fiom, a questo fondamentale scopo, devono rivolgersi anche ai sindacati di base, presenti in forze nella fabbrica di Taranto, alla Flmu CUB e all’USB, quest’ultima per numero di iscritti e di delegati pari alla stessa Fiom. La Fiom genovese dimostri la sua natura diversa da quella nazionale (Landini a novembre 2016 ha firmato forse il peggior contratto collettivo di categoria del secondo dopoguerra) e ricerchi l’unità d’azione col sindacalismo di base. Oggi una delegazione dell’USB genovese è in piazza con gli operai ILVA.

– Una seconda direzione lungo la quale cercare l’unità di classe necessaria per vincere questa lotta è quella territoriale. Non è sufficiente la presenza di delegazioni delle altre fabbriche ed aziende ai cortei. Bisogna prepararsi a far scendere in campo, al momento giusto, tutta la classe lavoratrice di Genova: bloccare il porto, i cantieri navali, tutte le attività produttive, la circolazione e i servizi in uno sciopero generale cittadino. E bisogna essere pronti a farlo più di una volta.

– Una terza direzione da seguire per allargare l’unità e la solidarietà operaia è quella della categoria. Bisogna pretendere la proclamazione dello sciopero nazionale di tutti gli operai siderurgici (Marcegaglia, Thyssen di Terni, Tenaris Dalmine, Piombino, ecc.) in solidarietà con gli operai dell’ILVA, come ad esempio ha fatto il sindacalismo di base (CUB Trasporti e SI Cobas) con lo sciopero nazionale dei Trasporti e della Logistica del 16 giugno scorso – molto ben riuscito, e che ha fatto infuriare il governo – proclamato a partire dalla lotta dei lavoratori Alitalia e in solidarietà con essa. Non deve ripetersi quanto accadde nel 2014 ai 2.600 operai delle acciaierie Thyssen Krupp di Terni, lasciati soli a scioperare, da Cgil, Cisl e Uil, per 35 giorni – il più lungo sciopero da quello alla FIAT di Torino del 1980 ! – sconfitti e beffati con un accordo firmato da Fim, Fiom e Uilm, spacciato come una vittoria. Anche la mobilitazione dell’intera categoria dei siderurgici va organizzata insieme ai sindacati di base, presenti alla Tenaris di Dalmine (Flmu CUB), alla Thyssen di Terni e alla Marcegaglia di Ravenna (USB).


Operai!

La classe lavoratrice ha la forza per vincere questa e più dure battaglie. Bisogna solo dedicare tutte le energie a ricostruire la sua unità d’azione, non riponendo invece alcuna fiducia o speranza nei partiti e nelle istituzioni della classe nemica.

Partiti e politicanti borghesi che si dichiarano dalla parte dei lavoratori lo fanno solo per accaparrarsi voti mentre in realtà sono ed agiscono pienamente a favore della classe capitalista, di cui sono i burattini, sempre, ed anche in questa singola vicenda.

È interesse di tutto il padronato e del suo regime politico sconfiggere gli operai dell’ILVA, ridurli in numero, aumentare lo sfruttamento di chi resterà in fabbrica, imporre anche a loro il Jobs Act, per dare un segnale ed una lezione a tutti i lavoratori.

Bisogna prepararsi moralmente e materialmente ad affrontare un lungo sciopero ad oltranza e a respingere ogni accordo a perdere che svenda la lotta, secondo la logica della “riduzione del danno”. A questo scopo va predisposta una cassa di resistenza. Si pretendano – mettendole alla prova dei fatti – azioni concrete in tal senso dalle organizzazioni sindacali di regime (Cgil, Cisl Uil) che dedicano ingentissime somme a tenere in piedi le loro elefantiache macchine burocratiche, o persino a premiare i loro dirigenti nazionali con stipendi che andrebbero benissimo agli squali industriali.

Si prenda esempio dalle dure battaglie condotte in questi anni nella logistica dagli operai organizzati dal SI Cobas, con scioperi a oltranza, casse di resistenza, picchetti per bloccare merci e crumiri, da ultima quella durissima, durata due settimane e non ancora conclusa, nei magazzini SDA, proprio contro l’applicazione del Jobs Act.


Per l’unità dei lavoratori in lotta!
Contro ogni peggioramento nelle condizioni di vita e di lavoro!
Per la rinascita del sindacato di classe!

Genova, lunedì 9 ottobre 2017

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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