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(12 Settembre 2012) Enzo Apicella

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Referendum in Lombardia e Veneto:
il 22 ottobre disertiamo le urne!

(20 Ottobre 2017)

Un quesito referendario sulle «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» dallo Stato centrale sarà posto in uno stile professorale ai cittadini della regione Lombardia e in un tono decisamente retorico a quelli del Veneto.
Ha votato a favore della loro indizione la congrega dei partiti borghesi e piccoli borghesi presenti nei consigli delle due regioni, mentre i capi regionali del «Partito Democratico» si esibivano nella consueta arte di gettare fumo negli occhi con un voto “indeciso” nella prima regione, e con un’astensione nella seconda.
Una volta giunti in prossimità del voto, sono sorti infatti comitati del «Partito democratico» schierati a favore di un «SI progressista».
Si tratta semplicemente dell’ennesima promessa da parte di governanti demagoghi di un’amministrazione «a buon mercato»?
Le conventicole dello pseudo-marxismo, volendo ritagliare per sé il ruolo dell’opposizione, invitano i lavoratori a mettere nell’urna una scheda con il «NO», le altre a una blanda astensione, ma tutte insieme riducono i referendum a una questione di lotta elettorale con i partiti della destra politica e con il Partito «Democratico» alla ricerca di consensi.
Questo pseudo-marxismo, che esprime una volgare mistura di nazionalismo economico e psicologia antitedesca (che nulla ha a che vedere con l’antimperialismo), sostiene che questi tentativi di modificazione dell’assetto dello Stato borghese italiano sarebbero ispirati e addirittura diretti da una sorta di capitalismo regionale piccolo-medio in affari con l’imperialismo tedesco e sotto la sua ferula.
Noi respingiamo una tale semplificazione, perché conduce diritto ad una sottovalutazione dei diversi segni dati dalla oligarchia borghese italiana di voler sfuggire alla propria disfatta restringendo sempre più in una sezione territoriale del paese la sua base economico-finanziaria e di conseguenza dei pericoli corsi dalla classe operaia italiana qualora fosse separata dall’alleato fondamentale costituito dalle masse lavoratrici del meridione nella lotta per il potere.
Il fatto che ambedue i referendum-truffa abbiano carattere puramente consultivo e non abbisognino di quorum, non ne diminuisce la pericolosità ma ne sottolinea il portato insidiosamente ideologico.
Il processo di degrado dell’ordinamento capitalistico italiano riguarda i suoi aspetti economici e politici, l’apparato legale statale e le sue istituzioni civili e militari, l’ideologia e la cultura.
Esso non deve essere identificato unicamente con le crisi di governo, come la propaganda della borghesia ha tentato di semplificare.
La cricca di finanzieri, di «investitori di capitali» e dei loro impiegati politici non può risolvere la crisi generale che investe il mondo capitalista-imperialista.
Questa cricca non si arresta, pur di sopravvivere nella combutta internazionale degli imperialisti, dinanzi alla rottura dello stesso assetto unitario dello Stato borghese italiano.
Tutto il gran parlare che si fa a proposito del bilancio statale e degli sperperi non riesce più a dissimulare il vero obiettivo di questa consorteria finanziaria-industriale: il più completo e ferreo asservimento della macchina statale centrale e locale al capitale monopolistico per il rafforzamento di quest’ultimo nella lotta per i mercati e per l’approntamento dei mezzi per le avventure militari cui l’imperialismo italiano intende partecipare al fine di conservare le sfere di influenza all’estero messe in pericolo con il suo indebolimento.
Il capitalismo medio-piccolo, nella sua congenita grettezza, può solo accodarsi a questi piani nella speranza di trattenere per sé quella quota di plusvalore che lo Stato incamera nella forma di tasse (il che si tradurrà nello smantellamento dei servizi pubblici nazionali), vivendo dell’illusione di poter sfuggire al proprio continuo soffocamento economico per mano della grande banca e della grande industria monopolizzata.
La reazione borghese vuole far assumere la forza di verità scientifica al senso comune popolare superficiale per il quale è una fatalità la differenziazione tra le due parti d’Italia e un’altrettanta fatalità una qualche separazione tra queste due parti.
Se nel settentrione la borghesia fa correre il motto ideologico del meridione «palla di piombo» per l’Italia e del virtuosismo economico settentrionale, nel meridione sollecita la predicazione più virulenta contro la formazione dello Stato unitario risorgimentale da parte della camarilla «neo-borbonica».
La classe operaia deve respingere l’idea della possibilità di una qualche comunanza d’interessi con i capitalisti nel campo politico, economico, ideologico. Essa deve respingere le chiacchiere sul governo locale autonomo, che serve da ulteriore impedimento all’attività rivoluzionaria, deve disertare le urne per opporsi ai piani di divisione del proletariato per regioni orditi dalla oligarchia finanziaria italiana, che cerca una via di salvezza nell’abbandono economico della metà meridionale del paese fino a far balenare progetti reazionari di separazione politica delle due parti.
Secondo la concezione marxista-leninista, in una società divisa in classi antagoniste, in cui domina la classe borghese, il popolo lavoratore non può godere della libertà e della sovranità.
La libertà e la sovranità hanno un contenuto politico e sociale concreto. Laddove lo Stato è nelle mani della classe sfruttatrice, i rapporti economici e politici ineguali fra gli sfruttati e gli sfruttatori portano alla riduzione o alla perdita della libertà e della sovranità del popolo.
La classe operaia d’Italia deve porsi alla testa della lotta rivoluzionaria per l’abbattimento dello Stato borghese e l’instaurazione di una Repubblica popolare basata sui Consigli, facendo dell’organizzazione delle classi sfruttate e oppresse dal capitalismo il fondamento permanente di tutto l’apparato dello Stato proletario di tipo nuovo, dell’apparato locale e di quello centrale.
La base fondamentale della organizzazione di questo Stato, la sua circoscrizione elettorale di base, sarà posta nell’unità economica produttiva della città e della campagna, nelle unità produttive dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi.
Con la presa di possesso della macchina dello Stato nelle mani del moderno proletariato, fermamente alleato con gli altri lavoratori sfruttati per abbattere il potere del capitale, si assicurerà alle masse lavoratrici la possibilità incomparabilmente più vasta che in un qualsiasi regime di democrazia parlamentare borghese, di procedere alle elezioni e alla revoca dei deputati coi mezzi più semplici e più accessibili, dal basso in alto, con la riunione nella persona dei rappresentanti eletti tanto della funzione legislativa quanto della esecuzione delle leggi, tenendo fermo il principio che nessuno possa venire arbitrariamente nominato dall’alto.

Da Scintilla n. 83, ottobre 2017

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