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(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

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LISTA POPOLARE COMUNISTA

(11 Dicembre 2017)

Tomaselli

Fabrizio Tomaselli

Il compagno Fabrizio Tomaselli su “Contropiano” indica cinque punti al riguardo della possibilità di costruire, in vista delle elezioni politiche, una lista popolare comunista (eviterei il termine di potere popolare, evocando esso riferimenti storici di non facile definizione).

Questi i punti enucleati dal compagno Tomaselli:

1. Non credo ci siano grandi problemi sui principali punti del programma… chiaramente dando per scontato che ognuno deve lasciare un 20% dei propri punti “irrinunciabili ” per costruire un percorso unitario. Che i partiti e le formazioni organizzate presenti, importanti per ciò che rappresentano, facciano però un passo indietro, di lato, avanti… insomma che si spostino dalla linea retta che si vuole seguire in questa partita e si mettano al servizio di un progetto o, come spesso è accaduto, prevarrà la divisione e la parzialità ancor prima di far comprendere alla gente che cosa vuole essere veramente questa ipotesi di lista alternativa.

2. Le candidature non devono essere costituite ed “imbottite” di organigrammi delle formazioni politiche. Senza nascondersi dietro un dito facendo finta che su questo aspetto specifico i problemi non esistano, si deve però necessariamente trovare un equilibrio tra la rappresentanza delle singole formazioni e la necessaria introduzione di una novità radicale, non solo generazionale, ma anche delle esperienze proposte.

3. Ho sentito parlare di simboli “necessari”, “indispensabili”, di falce e martello quasi come soluzione a qualsiasi problema… non prendiamoci in giro – e lo dice un comunista – nessun simbolo sostituisce la pratica e la lotta quotidiana. Servono militanza, idee chiare, intelligenza politica e valori per costruire l’alternativa e non certo la loro rappresentazione grafica.

4. Se questa vuole essere una lista popolare, alternativa, di sinistra, radicale nei contenuti e nel metodo, deve parlare con la lingua della gente e non in politichese. Il linguaggio e la comunicazione possono realmente essere lo strumento fondamentale in una campagna elettorale che non darà certo spazio a questa lista. Dobbiamo parlare ed esprimerci in modo tale da farci comprendere e scegliere da chi non ci conosce e non utilizzare il linguaggio e la propaganda che si usa da sempre all’interno dei partiti e dai movimenti di sinistra e comunisti, spesso compresa solo dai militanti.

5. Proprio perché si lavora in salita e con la certezza di essere ignorati da stampa e televisioni, la campagna deve orientarsi essenzialmente su due fronti: il primo è quello dell’azione diretta, della militanza, della propaganda strada per strada, posto di lavoro per posto di lavoro; il secondo strumento da utilizzare al massimo è la rete, i social, i siti, ecc.

Questo il mio commento:

Fabrizio dimentica un particolare importante: il finanziamento. E' necessaria una massiccia iniziativa in questo senso perchè i costi di un minimo di visibilità saranno alti e le elezioni non sono una gara decoubertiana. E' necessario raggiungere comunque, ben oltre l'affanno del "battiquorum", un risultato che significhi la presenza di una base sociale capace anche di portare al voto almeno l'appartenenza. Quel voto di appartenenza cioè che è comunque il grande dimenticato ormai da decenni in favore del voto di opinione (difficilissimo da raggiungere senza TV e social adeguati) e di scambio. Per quel che riguarda il voto di scambio però vale però la massima di un vecchio compagno operaio : “Voto comunista per interesse". Ovverosia perchè i comunisti tutelano i miei interessi. Quindi, ultimo punto: non temere le eventuali accuse di populismo: il linguaggio semplice deve accompagnarsi all'enucleazione di temi che interessano direttamente la condizione materiale dei lavoratori, senza alcuna preoccupazione anche qui al riguardo dell’idea di occuparci delle lavoratrici e dei lavoratori già inseriti (in gran parte nel precariato, come sappiamo benissimo): quindi la precarietà ma anche - ad esempio - l'idea del rilancio di un meccanismo di adeguamento dei salari al costo della vita reale: una nuova scala mobile, per intenderci, ma è soltanto un esempio. Altri se ne potrebbero fare al riguardo ad esempio del tema delle pensioni e della nazionalizzazione degli asset strategici dell’industria e delle grandi utilities : fondando su questi punti una campana elettorale essenziale, non ideologizzante ma che abbia comunque al centro il tema di una società alternativa. In questo senso il “Comunista” ha il suo imprescindibile valore di riferimento.

Quanto alle candidature è necessario che l’ultima parola spetti alle assemblee locali tenendo però conto di esigenze che risultano egualmente imprescindibili, quali la presenza di compagne e di compagni espressione di lotte reali ma anche di opzioni politiche precise anche nel senso della testimonianza soggettiva. Avrebbero valore anche presenze legate alla vicenda del referendum costituzionale. Attenzione, mi permetto questa osservazione da vecchio praticante delle elezioni anche sotto l’aspetto professionale, all’equilibrio tra candidature nei collegi uninominali e in quelle nei collegi plurinominali. E’ vero che per i collegi uninominali non ci sono speranze, ma – per una negativa distorsione della legge (punto che probabilmente sarà giudicato non costituzionale ma che adesso dovrà essere accettato) – il voto uninominale è trasferito direttamente a quello plurinominale.

Infine un’osservazione assolutamente superflua considerato verso chi è rivolta ma che mi sento ancora di sottolineare : la campagna deve iniziare con grande presenza militante al momento della raccolta delle firme, che sarà il primo passaggio decisivo per capire sul serio come stanno le cose e provare ad allargare la base militante.

Scusatemi l’ardire di queste brevi note.

Franco Astengo

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