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Avevate dei dubbi?

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Robert Charvin, “Comment peut-on être coréen (du Nord)?”, Edition Delga, 2017

(8 Febbraio 2018)

Robert Charvin

Robert Charvin

Questo saggio descrive sia pure in breve quello che può essere considerato una meraviglia storica: la sopravvivenza orgogliosa di un popolo nonostante i massacri che ha dovuto subire da tutte le parti del mondo, dai vicini giapponesi ai nordamericani coadiuvati da europei, tutti supportati spiritualmente dal Vaticano.
Sebbene Charvin si ponga il compito di descrivere la situazione nel Nord Corea, fa però riferimento continuo al popolo coreano. Che infatti è stato sempre uno fino alla fine della 2a guerra. Fu allora che le potenze alleate capeggiate dagli Usa intesero consegnare la amministrazione della Corea al seppur sconfitto Giappone. In realtà fu questo uno scambio voluto da Roosevelt, che avrebbe ricevuto la rinuncia formale del Giappone di ogni rivendicazione sulle Filippine.
Il Giappone, in conseguenza della guerra russo-giapponese, ebbe, con il trattato di Portsmouth, mediatore Theodor Roosevelt, 1905, il riconoscimento della Corea come zona di influenza. Nel 1910 il Giappone passò direttamente all’annessione. Cosa che fu accettata da tutte le potenze coloniali e ben vista anche dal Vaticano che considerando il Giappone una nazione civilizzatrice, consigliava ai coreani la sottomissione al nuovo potere.
Nello stesso periodo cominciarono a formarsi varie organizzazioni politiche, comuniste, socialiste, nazionaliste. L’Associazione nazionale di Corea fondata nel 1917 con a capo Kim Hyong-jik è una delle prime organizzazioni a contestare l’insieme del dominio imperialista e a preconizzare la lotta per la liberazione nazionale. Nello stesso anno della morte di Kim Hyong-jik, 1926, Kim Il-sung fonda l’Unione per Abbattere l’Imperialismo, che darà corso alla lotta di guerriglia contro l’occupante giapponese.
Charvin sottolinea questo aspetto della azione politica di Kim Il-sung perché sarà poi parte della filosofia che regge attualmente il popolo coreano. Anzitutto mentre la lotta antimperialista è composta da varie tendenze non è quella borghese a dominare. Del resto la borghesia coreana si era adattata al regime coloniale giapponese e ne approfittava quanto ne poteva. Il concetto dapprima formulato da Lenin sul diritto alla liberazione nazionale combinato alla liberazione sociale fu parte dell’orientamento di Kim Il-sung, così come di Ho Chi-min. L’accusa superficiale al regime coreano attuale di essere stalinista è infondata. Kim Il-sung precisò le linee di orientamento della rivoluzione. La cui base è l’applicazione della dialettica come concepita da Marx. L’orientamento, elaborato da Kim Il-sung, definito Djoutché, “ha per concetto centrale che l’uomo, pur essendo un prodotto dei rapporti sociali, è padrone di tutto e decide di tutto. Egli decide del proprio destino e può trovare in se stesso la forza necessaria per modellarlo...Prodotto superiore dell’evoluzione l’uomo è l’unico essere indipendente capace di trasformare la realtà secondo la sua creatività. E' necessario per questo che l’uomo sia cosciente della sua forza.”
“C’è dunque un rifiuto a sopravvalutare i fattori ‘obiettivi’ che tendono a frenare il dinamismo rivoluzionario e limitano l’iniziativa creatrice. Le potenzialità umane costituiscono invece un fattore ‘obiettivo’ capace di pesare sull’ambiente circostante,”
Citando ancora dal saggio di Charvin:
“La teoria del Djoutché fa dunque la critica all’ economicismo, onnipresente nel marxismo dogmatico cosí come nel liberalismo, che si è evoluto verso una vera e propria superstizione, facendo del progresso tecnico, della crescita un feticcio. E' dunque riabilitato uno degli elementi centrali del marxismo, la dialettica, che fa sì che l’uomo viva la sua vita guidato da una ideologia che non lo considera come riflesso ma come una realtà reattiva (alle condizioni materiali) e attiva (sulle condizioni materiali)... ....i movimenti storici non sono il frutto di contraddizioni sociali risultanti dai rapporti di produzione, bensì delle reazioni dell’uomo creatore a queste contraddizioni sociali.”
Non sono dunque gli obiettivi di crescita economica, del consumo che sono alla base degli obiettivi nordcoreani, ma soprattutto la creazione dell’uomo nuovo e di nuovi rapporti umani basati sul “rispetto, la affezione, l’obbligo morale”. In riferimento all’Europa dell’Est, scrive il filosofo Jo Song Baek, citato sa Charvin: “L’accento messo esclusivamente sull’edificazione economica di questi paesi li ha coinvolti in un marasma economico che ha avuto per risultato la fine del socialismo” Ma “...la sconfitta del socialismo in questi paesi ha dato una lezione storica: se si trascura l’importanza del ruolo della coscienza ideologica e non si considera il ruolo decisivo che questa gioca nello sviluppo della società, la conseguenza è la degenerazione degli individui sul piano ideologico, e il deterioramento di tutto ció che é socialista...”
Date queste condizioni è chiaro che il popolo coreano non può accettare nessuna ingerenza di altri paesi, anche amici come la Cina o la Russia. La propria forza è basata sulle proprie capacitá. In ogni aiuto c’è l’inganno. In NordCorea non sono presenti le varie ONG che poi funzionano da veicoli ideologici come nel resto del mondo.
Questi elementi sono basilari per la stabilità di un Paese, non essendo sopravvissuta in NordCorea una classe che, in seguito a cambiamento di rapporti di forza, può sabotare tutto quanto di positivo era stato promosso da governi progressisti, come sta accadendo in America latina.
Malgrado l’embargo imposto dai paesi occidentali, la Corea non solo sopravvive ma è in grado di costruire le basi di un nuovo tipo di convivenza basato sulla collaborazione e non sulla competizione. Il fatto è che pur non essendo un paese ricco, la popolazione dispone di quanto necessario per avere una vita dignitosa. Soprattutto per quanto riguarda i consumi sociali, come la casa, la sanità, l’educazione e la responsabilità materiale collettiva per l’infanzia, la cultura e lo svago. Cioè la regola del progresso, osserva l’A., non si misura con l’aumento del reddito di ciascuno ma con “l’aumento del potenziale sociale a disposizione di tutti.” “L’attaccamento profondo al sistema è legato a questa forma di sicurezza sociale molto larga di cui i Coreani beneficiano e solo le calamità collettive possono colpire la Repubblica Popolare di Corea. E' chiaro perciò che le sanzioni, che avrebbero per scopo mettere un popolo in ginocchio e creare un caos dove intromettersi e dominare, non hanno mai avuto l’effetto che si proponevano ma hanno forse saldato di piú la compattezza di questo popolo.
La esistenza di due paesi abitati da un solo popolo è il risultato ultimo della violenza coloniale imperialista. Sia al Sud come al Nord la popolazione ambisce alla riunificazione. La divisione fu il risultato dell’intervento Usa nel 1950, quando la parte Nord era stata già liberata dall’esercito di Kim Il-sung el il Sud cercava di portare avanti una rivoluzione di liberazione nazionale. La repressione fu feroce ed ebbe come conseguenza la occupazione militare da parte degli Usa che dura tuttora. Gli americani sono odiati nel Sud anche per i loro crimini ordinari che restano impuniti in quanto diritto della forza occupante. Tutti i tentativi nel passato di costruire un dialogo tra i due stati sono stati sabotati. Il fatto è che una Corea unificata sarebbe un paese di 70 milioni di abitanti, oltre la diaspora, con un potenziale economico e militare di alto livello. il Giappone, prima di tutto, vede questa possibilità come una minaccia, tenuto conto del suo passato come guardiano dell’Estremo oriente e delle violenze perpetrate nei confronti delle popolazioni della regione. Così gli Stati Uniti vedrebbero sfumare il sogno di creare una base militare a ridosso della Cina e della Russia. Tra l’altro la Corea del Nord ha stabilito di privilegiare l’Euro come moneta di riferimento, invece del dollaro.
La Corea rappresenta in questo momento un regime da studiare e approfondire. Tutto quanto raccontato dai media e dai governi vari è da considerare menzogna. Scrive Robert Charvin: “Quando si intende decifrare una società lontana dall’area culturale alla quale si fa parte è un’avventura. E' da evitare l’arroganza, è necessaria umiltà.”


7/2/18

Nicolai Caiazza

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