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Detenuto in attesa di giudizio

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(8 Novembre 2009) Enzo Apicella
Secondo i dati di Ristretti Orizzonti sono 82 le persone morte nelle carceri italiane nel 2009. Nella maggior parte dei casi, suicidi; qualcuno morto per cause naturali.

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Non votiamo il male minore

Ci sono molti modi per manifestare il dissenso politico. C’è chi pensa che perfino il giorno delle elezioni può essere un’occasione per un’azione creativa, un’astensione attiva: una presa di parola diversa dal qualunquismo e dal disimpegno

(19 Febbraio 2018)

In merito alle elezioni politiche e regionali del 2018, ci è stata segnalata questa presa di posizione, in circolazione da giorni: la pubblichiamo volentieri.

Hannah Arendt

Hannah Arendt

Coloro che scelgono il male minore dimenticano troppo in fretta che stanno comunque scegliendo il male (…). Convincere la popolazione ad accettare il male minore è il modo migliore per convincerla ad accettare il male tout court.

Hannah Arendt


Ci siamo domandate che fare: votare o non votare? Durante una cena abbiamo discusso attorno a queste domande, visto che siamo chiamate a recarci alle urne per eleggere chi sarà rappresentante delle nostre istanze e delle nostre esistenze. Ci siamo trovate d’accordo sul voler rifiutare il male minore e la logica del voto utile e sul fatto che eravamo proprio annoiate dell’attuale appiattimento utilitaristico della sfera pubblica, dei beni comuni e della democrazia.

Ci è risuonata dentro una frase di Naomi Klein: “I nostri sogni non abitano le vostre urne”. Così ci siamo dette che sì, potevamo immaginare ancora azioni politiche vitali, assertive e dirette come il piacere, e ci siamo dette che questo passava dal saper cogliere gli spazi e i tempi del cambiamento… Il giorno delle elezioni rappresenta una delle possibili porte spazio-temporali attraverso cui dire quello che sentiamo, e quello che sentiamo è così profondamente contrario alle attuali forme e regole della politica che ci siamo dette ‘basta!’, vogliamo dichiararci renitenti e riluttanti, farci No, scioperare dal voto astenendoci attivamente.

E così – quasi per gioco- è nata la scrittura della Manifesta dell’astensionismo attivo ed è avvenuto il lancio della Campagna di Astensionismo Attivo Pubblico con il quale vogliamo dare vita a questa impegnativa azione nonviolenta.

L’appello all’astensione attiva, lanciato nei giorni scorsi vedi link, vuole cercare di andare oltre la coazione a ripetere di due irrilevanze: quella di chi vota e quella di chi non vota. Entrambe le scelte restano oggi ininfluenti. Nella speranza (remota) che il voto riprenda eventualmente a contare qualcosa, è necessario agire politicamente sulla leva del non voto, cercando di renderlo rilevante e politicamente visibile e rintracciabile.

L’appello vuole evidenziare l’ulteriore falsa alternativa dentro cui ci troviamo immersi: quella di dover scegliere tra fascismo d’antan (Fratelli d’Italia, Casa Pound, Lega e, per alcuni versi, gli stessi Cinquestelle) e neofascismo burocratico-finanziario (Pd, Forza italia, Lista Bonino e accoliti vari). Il neofascismo vero oggi non sta infatti nelle formazioni di estrema destra classica, ma nella politica ridotta a governance, nella dittatura dei mercati, nei regimi di ‘oligarchia senza popolo’.

L’idea è quella di cogliere la situazione del giorno delle elezioni come porta spazio-temporale di azione ed espressione pubblica di dissenso politico, un dissenso così serio e profondo che molte persone non votano più da anni e non per disinteresse della cosa pubblica ma tutt’altro.

I rituali delle attuali democrature ci spingono verso un’eutanasia delle democrazie stesse. Una democrazia senza popolo si delinea con sempre più evidenza. Le forme di democrazia diretta sono sempre più trascurate e vilipese. E la rappresentanza è ormai un simulacro senza sostanza. I partiti non hanno più bisogno del nostro voto, se non come ratifica dell’esistente e del già deciso. L’unico modo che abbiamo per ridare peso e valore al voto è astenerci pubblicamente, agendo politicamente l’astensione. L’assenza ci rende presenti molto più che una svuotata partecipazione.

Democratizzare la democrazia è l’unica strada per preservarla. Se la democrazia non si amplia e si rinnova, perisce. Si va infatti verso poteri democratici sempre più deboli e inefficaci. Il che riapre all’invocazione di poteri forti, ad una militarizzazione della vita sociale, ad un sempre maggiore controllo sull’informazione e su quel che resta delle nostre vite private. Il voto non rappresenta più il centro del governo politico delle nostre esistenze: il dominio viene esercitato in altre forme, più continue e quotidiane, nei dispositivi del lavoro e dello svago, nelle dimensioni del consumo e dello spettacolo, nelle mitologie securitarie. Le elezioni sono ormai solo un epifenomeno all’interno di queste cornici, ben più potenti e direttive. Andare a votare significa collaborare a mantenere e a sostenere questo stato di cose. Indipendentemente da cosa o chi votiamo, ci troviamo immersi in un modello collusivo, in cui sono coinvolti – più o meno in buona fede – gli stessi candidati ed eventuali eletti. Dobbiamo spezzare questo circolo che ci rende complici, iniziando proprio dal voto. Dove si situa oggi il nostro astenerci dalla responsabilità politica? Proprio e soprattutto nel proseguire ad andare a votare.

Abbiamo già specificato che l’appello non si rivolge a chi vorrebbe ancora una volta votare, ma a chi è indeciso se votare o meno o è già convinto della scelta di non andare alle urne. La nostra voce e le nostre parole espresse nell’appello vogliono tuttavia rendere evidente sia a chi vota che a chi non vota alcuni evidenti dati di fatto: i governi da sempre non vengono scelti dagli elettori, ma dagli eletti; gli eletti, a loro volta, sono quasi totalmente condizionati da poteri forti, extraparlamentari e transnazionali, peraltro mai eletti; non esistendo vincolo di mandato, i parlamentari – a centinaia – ad ogni legislatura cambiano casacca e programma (quando hanno un programma) a seconda delle loro convenienze personali e di gruppo, non tenendo più conto delle coalizioni e delle promesse espresse in campagna elettorale; la legge elettorale, fintamente proporzionale, non dà che illusorie possibilità alle minoranze e rende assolutamente inutile il voto a piccole formazioni, soprattutto a quelle cosiddette ‘di sinistra’; l’unico effetto (davvero paradossale) potrebbe essere solo quello di far tornare in parlamento pochi leader che hanno un loro consolidato elettorato personal-clientelare.

Insomma continuare a votare oggi significherebbe per noi non assumerci la nostra responsabilità politica, adeguare la nostra coscienza alla non-scelta di molti, collaborare a qualcosa che non collabora con noi, ma anzi ci esclude e ci tradisce senza ritegno. L’astensione, nella sua forma attuale, sostanzialmente clandestina e privata presuppone già una presa di posizione, fosse anche di rifiuto generico o di chiusura soggettiva; esprime perlomeno un anti-automatismo. Ma quel che proponiamo qui è il tentativo di rendere questa scelta, già di per sé rivelativa (di un malessere, di uno scontento, di un’estraneazione, di una separazione e presa di distanza), tale da assumere una responsabilità politica pubblica diretta e palese. Rappresenta quindi tutto l’opposto di un disimpegno o di un’assenza, ma assume il senso di una presa di parola e di presenza potentemente assertivo, tanto più se all’interno dell’attuale quadro politico, caratterizzato da cinismo, opportunismo e delega in bianco.

Proveremo in questo mese che ci separa dalla data delle elezioni, da sempre considerato il momento, unico, della nostra partecipazione come cittadine e cittadini, a riprendere la parola con modalità assertive, poiché pensiamo che in un’ ‘assenza attiva’ possa rinascere la nostra presenza!



In un regime totalitario la volontà del popolo non conta: ci sono dei manganelli per sistemare tutto. Ma se lo stato non può più fare uso del bastone il popolo può alzare la voce, allora bisogna controllarne il pensiero con la propaganda, fabbricando il consenso e con delle semplificazioni allettanti per ridurlo all’apatia. La comunicazione sta alle democrazie come la violenza sta alle dittature.

Noam Chomsky

Collettiva Nessune CAPe Toste (Comune-info)

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