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L’assedio di Farah e l’angoscia afghana

(17 Maggio 2018)

taliban
sempre afghanistan

L’assalto talebano nella città afghana di Farah, sul confine occidentale verso l’Iran, è l’ennesima prova di forza territoriale che le milizie talib ortodosse compiono contro governi centrale e locale. Rientra nelle cosiddette “offensive di primavera” che i turbanti compiono annualmente sin dal periodo in cui la presenza militare dell’Enduring Freedom era copiosa e diffusa in quattro quadranti d’intervento. All’epoca Farah era presidiata proprio dalle truppe italiane. Ora non più. L’attacco, partito a inizio settimana, ha visto la partecipazione di duemila assalitori che inizialmente hanno avuto la meglio sulle truppe dell’esercito afghano lì dislocate, il governatore ha per l’ennesima volta chiesto rinforzi a Kabul, ma invano. I talib hanno occupato i suoi uffici e solo a quel punto si sono mosse delle forze speciali aviotrasportate dalla capitale. L’azione non si può definire una sorpresa poiché da tempo la città rientra fra i luoghi sensibili per simili operazioni che fungono anche da propaganda politico-militare. In più da circa due anni è in corso una competizione a distanza fra i talebani di Akundzaza della Shura di Quetta e i dissidenti che hanno creato il network dell’Isis afghano, forti soprattutto del supporto del gruppo denominato Islamic State Khorasan Province.

Quest’ultimi hanno lanciato
una sequela sanguinosissima di attentati, etno-confessionalmente rivolti contro la componente hazara di religione sciita, ma che spesso colpiscono passanti e chi ha la sfortuna di trovarsi nei luoghi prescelti per le stragi. Ultimamente nel mirino sono finiti gli uffici elettorali, già in servizio per predisporre le consultazioni previste in ottobre che vedrebbero mutare il sistema d’identificazione degli elettori tramite carte d’identità elettroniche. Una riforma voluta dal premier Abdullah, ufficialmente per evitare brogli. C’è da ricordare che sia lui sia Ghani s’accusarono reciprocamente di frode in occasione delle consultazioni presidenziali 2014. Le rispettive fazioni tajika e pashtun giunsero a girare armate per via minacciando lo scontro. Fu il tutore americano, nella persona del Segretario di Stato Kerry, a proporre la soluzione della diarchia, accontentando entrambi gli interessi di parte e soprattutto quelli della Casa Bianca che ha avuto a disposizione l’ennesimo esecutivo fantoccio. Jihadisti di varie sigle attaccano questo sistema, ricevendo il consenso di una parte della popolazione che nella gestione corrotta di governi complici dell’occupazione occidentale non trovano un’alternativa alle proprie sciagure. Ovviamente non gliela fornisce neppure la logica sanguinaria dell’Isis e dei talib che si fa gioco delle vite dei civili alla stregua della linea Nato dei cosiddetti “danni collaterali”.

E’ questa strettoia ripetuta da anni che priva il Paese e la maggioranza oppressa della popolazione di alternative concrete, visto che l’unica opzione da decenni è stare coi signori della guerra: quelli etnici oppure religiosi o venduti all’imperialismo. Che spesso lanciano ipotesi di avvicinamento viste e riviste negli ultimi mesi col fondamentalista Hekmatyar riaccolto a Kabul con tutti gli onori per aiutare Ghani in un ipotetico patto coi talebani da inserire nel governo. Tutto con la supervisione della Cia del Mike Pompeo trumpiano di ferro. Peraltro il copione non è nuovo, perché passi simili li fecero il presidente Karzai avvicinando gli uomini del mullah Omar tramite l’allora direttore dell’Intelligence statunitense Panetta in combutta con Obama. E fu comunque un fallimento. L’orizzonte non cambia nella terra dell’Hindu Kush. Tre anni fa un assedio talebano alla città di Kunduz durò da settembre a ottobre. Per stanare i turbanti che respingevano ogni tentativo di liberazione dell’Afghan National Forces e pure dei marines furono necessari bombardamenti a tappeto dell’aviazione. Che tanto per non farsi mancare nulla bombardarono l’ospedale di Medecins sans frontières ammazzando anche ricoverati e personale sanitario. Da ieri, comunicano le agenzie, Farah è liberata. Tanti afghani si chiedono da cosa e quanto sia ampio il fronte dei nemici della vera libertà e dell’autodeterminazione.
17 maggio 2018

articolo pubblicato su enricocampofreda.blogspot.it

Enrico Campofreda

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