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Grande capitale e populismo di destra

(18 Ottobre 2018)

Di Maio e Salvini 2

Il populismo è un fenomeno internazionale che assume nei differenti paesi forme politiche specifiche, a volte in competizione fra di loro.
In quanto strumento della classe dominante, il suo obiettivo fondamentale è ostacolare, frenare, deviare le masse popolari, in primo luogo il proletariato, dalla lotta cosciente e organizzata contro il capitalismo e l'imperialismo.

In Europa il populismo si diffonde nell’ultimo decennio come risultato della profonda crisi economica e politica che ha investito tutti i paesi, colpendo vasti strati della popolazione.

Fra di essi, ampi settori di piccola e media borghesia che sono stati rovinati dalla crisi, emarginati dalla politica alto-borghese, schiacciati dalle politiche UE e dei monopoli fatte proprie dai precedenti governi. Questi settori sociali, solitamente passivi, sono molto ampi nel nostri paese.

Il successo dei populisti è legato al profondo impatto sociale delle politiche neoliberiste e di austerità, alla crisi di legittimità e di autorità delle istituzioni borghesi, alla decadenza politica, morale e elettorale dei vecchi partiti liberali e socialdemocratici.

In assenza di un movimento operaio indipendente e rivoluzionario, i partiti populisti come M5S e Lega riempiono questo spazio politico con la loro demagogia.

Sotto questo punto di vista, il populismo è un’espressione della crisi profonda della democrazia borghese e delle sue tradizionali forme di rappresentanza politica, soprattutto quelle dei partiti riformisti, che non offrono nessuna alternativa alle politiche neoliberiste e di austerità, e non vogliono più rappresentare gli interessi operai e popolari.

Allo stesso tempo è una risposta del sistema borghese per superare il “deficit di rappresentanza” e cercare di incanalare l’indignazione e la rabbia delle masse popolari verso i propri obiettivi politici.

Il populismo rafforza la sua presa a seguito delle misure reazionarie, autoritarie e antipopolari applicate dalla borghesia e dai suoi partiti tradizionali che smantellano le conquiste e le libertà democratiche dei lavoratori, restringono i diritti del parlamento borghese, affossano la sovranità popolare, annullano l’indipendenza nazionale e intensificano la repressione contro il movimento operaio e sindacale.

Esiste un rapporto organico fra grande capitale e populismo. Il primo si serve del secondo, gli prepara il terreno, lo fa apparire “popolare” perché ha serie difficoltà a mantenere la sua dittatura con i vecchi metodi, i vecchi partiti, i vecchi uomini, e si trova nell’impossibilità di applicare le vecchie politiche con le vecchie forme.

Il grande capitale ha bisogno del populismo, specie quello di destra, per impedire che la protesta sociale si rivolga contro il suo sistema e per aggredire la classe operaia.

Ma non si fa dirigere da esso, non cede il potere al populismo e non lo accetta come propria espressione ideologica e politica. Si scontra con i dirigenti populisti piccolo borghesi quando questi demagoghi vogliono attuare un controllo sulla vita economica, quando si spingono oltre il quadro delle compatibilità espresse dall’oligarchia.

Da parte sua, il populismo giunge al governo mediante un compromesso con la grande borghesia, che teme un maggiore caos politico e deve controllare il fenomeno populista attraverso i propri rappresentanti ai vertici delle istituzioni (Mattarella, Draghi, Visco) e al governo (Tria, Moavero Milanese, etc.).

La piccola borghesia populista non possiede i principali mezzi di produzione (caso mai compra i Bot), non può avere una politica indipendente dalla borghesia e non può risolvere i problemi creati dal capitalismo. E’ un elemento di una società in decomposizione. Tuttavia, specie in questa fase di avvento al potere il suo ruolo attivo è importante come motore politico del processo di costruzione di un regime reazionario di massa.

Negare o sottovalutare il ruolo dei ceti medi, la loro lotta “fino a un certo punto” contro il grande capitale e “fino a ben altro punto” contro il proletariato (specie quello immigrato) è un grave errore politico.

Per combattere il populismo dobbiamo tenere presente che questo fenomeno politico non sopprime le contraddizioni fra borghesia e proletariato, le contraddizioni fra il contenuto di classe della sua politica e le necessità e aspirazioni della classe operaia, così come non può cancellare le contraddizioni in seno alla classe dominante e fra quest’ultima e le classi subalterne.

Con il populismo al potere lo Stato non perde la sua natura di classe; lo sfruttamento non diminuisce, ma aumenta; la pressione sulla classe operaia cresce senza sosta; le conquiste e i diritti degli operai e delle loro organizzazioni sono un bersaglio costante; la repressione e la violenza padronale si accentuano.

Il populismo non attenua i contrasti di classe, ma li acutizza.

Per sviluppare questa lotta è necessario legare strettamente la denuncia politica ai bisogni e alle rivendicazioni concrete e urgenti dei lavoratori e dei disoccupati, adeguate all’attuale livello di coscienza e ai sentimenti delle masse oppresse e sfruttate. Dobbiamo opporre alla demagogia populista la propaganda comunista, sviluppata in maniera semplice e comprensibile per gli operai e i giovani proletari, le donne, la povera gente, mettendo i loro interessi reali al centro della nostra azione.

Davanti alla crescita del populismo e del fascismo, il lavoro per lo sviluppo della politica di fronte unico proletario è imprescindibile.

La tattica del fronte unico di lotta operaia contro il capitalismo, è la chiave di volta per lottare efficacemente contro il populismo, la sua politica interclassista e collaborazionista.

Ogni passo in avanti che compiamo per realizzare l’unità di azione fra la massa degli operai contro il capitalismo, è un passo per scatenare lotte più ampie e decisive.

L’alternativa da costruire al nazional-populismo è quella rivoluzionaria e di classe.

Con la lotta fra operai e borghesia una parte della piccola borghesia verrà paralizzata e un’altra potrà divenire alleata del proletariato. Tutto dipenderà dalla forza e dall’organizzazione della classe operaia, dal suo essere classe indipendente, dal suo costituirsi in Partito distinto e contrapposto a tutti i partiti delle classi proprietarie.

Da “Scintilla” n.92, ottobre 2018

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