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Lontano dalle primarie

Nessuna scorciatoia: l'unico modo per i movimenti di pesare sulla politica è quello di fare movimento.

(8 Settembre 2005)

Ritengo un grosso errore il tentativo di una parte rilevante dei "disobbedienti" di presentare una candidatura "di movimento" alle primarie, e spero che essi abbandonino al più presto il progetto. Credo, più in generale, che il movimento no-global debba tenersi il più distante possibile dall'intera vicenda. E non solo per le ragioni di metodo già segnalate - il meccanismo plebiscitario, ultraleaderista e superpersonalizzante - ma sopratutto perché essa rappresenta il sigillo unanimista e la sanzione definitiva della totale egemonia delle componenti liberiste su un probabile governo di centrosinistra che, in quanto garante della pacificazione sociale e della concertazione, mira a vanificare ogni istanza davvero conflittuale.

Tali componenti liberiste, da Prodi a Fassino, da Rutelli a D'Alema, hanno squadernato negli ultimi mesi senza alcun pudore un campionario programmatico rigorosamente liberista (su salari, contrattazione, precarietà, privatizzazioni, sostegno al capitale finanziario e alla Confindustria, pensioni ecc..), bellicista (la guerra va bene se c'è l'Onu, totale passività sul ritiro delle truppe dall'Iraq,appoggio alla partecipazione italiana alle missioni militari) e filostatunitense ("sordina" sul caso Calipari, appoggio a Bush-Blair nella "crociata antiterrorismo", alleanza stretta con gli Usa).

I dissidi e le polemiche tra DS e Margherita riguardano il futuro peso specifico nel governo e la competizione tra varie lobbies capitalistiche, non certo significative divergenze sulla gestione della società. Io non credo che sia possibile piegare tali forze ad un programma neanche parzialmente antiliberista, e mi resta incomprensibile il perché Rifondazione Comunista - con una virata a 180 gradi iniziata circa due anni fa, che ha contribuito non poco ad accentuare le difficoltà del movimento no-global, visto il grande impegno del PRC in esso fin da Genova - abbia deciso a priori, rinunciando a porre qualsiasi condizione vincolante sul programma comune, il suo pieno inserimento, e con enorme anticipo, in tale centrosinistra e in un suo futuro governo.

Ma se, fino a ieri, restava aperta la possibilità di un ripensamento, con le primarie - enfatizzate più di tutti proprio da Bertinotti - mi pare che il PRC finisca per dare un'investitura presidenzialista e definitiva ad un Prodi che non ha perso un'occasione estiva per ricordare che egli è lo stesso liberista (moderato?) che era quando il PRC ne fece cadere giustamente il primo governo.

Mi pare di capire che Bertinotti conti di uscire dalle primarie non solo con il "titolo" di leader della sinistra ma anche con un gruzzolo di voti ben superiore a quella che è la dotazione consueta del PRC. Ma tale "dote" sarebbe spendibile solo se Bertinotti andasse alle primarie dicendo: questi sono i punti programmatici che il PRC giudica irrinunciabili per fare parte di un governo di centrosinistra e su questo cerco il sostegno di - poniamo - almeno il 30% dell'elettorato potenziale. Allora, pur venendo superato da Prodi, il "ricatto" politico avrebbe una reale forza. Ma mi sembra che Bertinotti non ci pensi proprio, e quindi il suo "gruzzolo" alle primarie non porrà alcun vincolo a Prodi. Però, perlomeno, Bertinotti ne ricaverà una significativa ricaduta "pubblicitaria", pro domo sua e di chi la pensa come lui. Ma cosa sperano invece di ricavare dalle primarie i compagni/e "disobbedienti"?

La massima attenzione sui punti programmatici di movimento, come dice Casarini?
Ma, a parte che i quattro punti elencati da Luca, pur sacrosanti, ne trascurano incredibilmente altri cruciali come il salario/reddito (che riguarda decine di milioni di lavoratori e disoccupati, immiseriti come mai nel dopoguerra), la lotta alla precarizzazione (cancellazione della legge 30 e del pacchetto Treu), la difesa della scuola pubblica (eliminazione della legge Moratti e della parità), della sanità e degli altri beni comuni, le pensioni e il TFR, davvero Luca ritiene che per ribadire questi punti esposti in quattro anni di movimento e notissimi al centrosinistra, ci voglia un candidato alle primarie che inevitabilmente costituirebbe un ulteriore avallo all'egemonia prodiana? Non si penserà mica che il movimento debba ridursi ad essere - come hanno scritto i "disobbedienti" romani nella loro proposta di lista comunale - il "contrappeso" ai "centristi" di Rutelli? E se persino le componenti di movimento che voteranno per il centrosinistra pur di cacciare Berlusconi guardano con grande diffidenza alle primarie, come si spera di mobilitare il movimento su un terreno così scivoloso? Perché esporre al "ludibrio dell'1%" un candidato "di movimento", condannandolo/ci ad un ruolo così marginale e subordinato?

Cari compagni/e, quasi quaranta anni di partecipazione alle lotte dei movimenti mi hanno convinto che i tentativi di ovviare alle difficoltà di mobilitazione sociale proiettando "leadership" di movimento nelle contese elettorali sono sempre fallimentari. Non credo ci siano scorciatoie: l'unico modo per i movimenti di pesare sulla politica istituzionale è appunto quello di "fare movimento". Su questa strada maestra dobbiamo agire nei prossimi mesi, superando le divisione e le impasse, lasciando perdere primarie e candidature varie e intensificando unitariamente in tutti i settori mobilitazioni e lotte, dicendo fin d'ora al centrosinistra forse vincente che dovrà fare i conti - e pesantemente e senza gli "sconti" che ricevette nelle precedenti esperienze di governo - con un forte e radicato movimento antiliberista che intende imporre a qualsiasi governo, con i fatti, il proprio programma.

3 settembre 2005

Piero Bernocchi

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