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Primarie e riforma elettorale

(20 Ottobre 2005)

L'esito delle elezioni primarie all'interno del centrosinistra e la modifica della legge elettorale per le elezioni politiche, con il passaggio da un sistema misto ad un sistema proporzionale con premio di maggioranza, rappresentano quei fattori di stretta attualità politica attorno ai quali è prevedibile si verificherà, all'indomani della tornata elettorale e indipendentemente dal suo esito, un nuovo processo di riallineamento del sistema partititico italiano.

Il sistema elettorale misto maggioritario (75%) - proporzionale (25%), con clausola di sbarramento e scorporo, adottato nel 1993, esce di scena senza eccessivi rimpianti, nonostante abbia fornito un risultato non disprezzabile sul piano dell'indicazione della maggioranza di governo, sia nel 1996, sia nel 2001.

Se il problema “governabilità”, infatti, poteva essere inteso come sufficientemente affrontato, non altrettanto si può dire da punto di vista della semplificazione del sistema.

La modifica del sistema elettorale infatti non si è intrecciata, all'epoca del passaggio tra la cosiddetta I Repubblica e la cosiddetta II Repubblica, con la modifica della forma di governo, e questo elemento ha pesato fortemente in termini di mancata coesione, sull'intero sistema.

Non si sono sciolti così i nodi rimasti insoluti, nel rapporto tra i poteri dello Stato e della relazione tra ruolo del Parlamento e ruolo dell'esecutivo.

La responsabilità principale di questo stato di cose risiede, essenzialmente, nella perdita di ruolo e nel mutamento di natura dei partiti: diventati, nel frattempo, sempre più frammentati, impopolari, instabili, con un livello molto basso di iscritti (circa il 2% dell'elettorato; mentre nel corso della cosiddetta I Repubblica, gli iscritti ai partiti oscillavano tra il 10 – 12% dell'elettorato).

Un dato, questo della scarsa capacità d'attrazione dei partiti rivelatosi in tutta la sua evidenza, proprio in occasione dello svolgimento delle “primarie” (assai anomale, in verità, dal punto di vista della forma e del metodo) del centrosinistra.

Le aggregazioni verificatesi nel periodo di validità del sistema elettorale misto si sono rivelate, nella maggior parte dei casi, scelte tattiche buone soltanto per passare il guado elettorale, cercando di sfruttarne al meglio le regole (anche con qualche “trucchetto” di troppo: si pensi al proliferare di “liste civetta”, che alla fine hanno lasciato la Camera dei Deputati incompleta per tutto l'arco della legislatura che sta chiudendo i battenti).

Le coalizioni non hanno risolto un punto decisivo: unioni elettorali o unioni organizzative e parlamentari?

Sotto questo aspetto la destrutturazione del sistema partitico, verificatasi attorno all'inizio degli anni'90, non appare ancora conclusa, mentre, sulla spinta della modifica del sistema elettorale, si preannuncia, come già ricordavamo, una nuova fase di riallineamento.

Dunque: l'obiettivo della stabilità non è stato raggiunto ed abbiamo due poli elettorali e non il bipartitismo, perché la varietà nella struttura dei partiti porta alla frammentazione.

Tutto ciò rende abbastanza paradossale un ritorno al proporzionale, che intende anche compiere il completamento del bipolarismo.

Sotto questo aspetto non saranno le “regole” a rappresentare una sorta di camicia di Nesso del sistema, che si libererà in senso pienamente competitivo tra le diverse forze politiche per ragioni del tutto oggettive: la situazione è peggiorata rispetto alla cosiddetta I Repubblica (allorquando, al tempo del “bipartitismo imperfetto” di Giorgio Galli, DC e PCI sommati oltrepassavano il 70% dei consensi. Adesso le due principali forze politiche, DS e Forza Italia, sommate assieme potrebbero anche non oltrepassare il 40%).

Ci troviamo quindi all'interno di un sistema partitico incompiuto, mentre è cresciuto il ruolo della società civile, all'interno della quale si muovano associazioni e movimenti fondati su quelli che sono stati definiti valori post – materialisti, in un quadro di forte diminuzione dei peso delle “fratture sociali” tradizionali.

Un bipolarismo che non corrisponde neppure ad una appena sufficiente mobilità elettorale intrablocco (si calcola, sotto questo aspetto, un massimo percentuale del 7%): gran parte dell'elettorato vota ancora, infatti, sotto il prevalente influsso dei mezzi di comunicazione di massa, utilizzando quella che è stata definita “scorciatoia cognitiva”

La nuova legge elettorale, che prevedibilmente sarà approvata dal Parlamento in via definitiva tra pochi giorni e, di conseguenza, utilizzata nella prossima competizione politica, rappresenterà un fattore importante di “scomposizione – ricomposizione” del sistema: l'ipotesi più prevedibile è quella di un prepotente ritorno del “centro”, cui stanno contribuendo anche buona parte delle forze di sinistra.

Le questioni vere che stanno al centro della prospettiva di funzionamento del sistema partitico italiano sono, a questo punto due: quella del funzionamento dei soggetti politici che debbono recuperare capacità di integrazione di massa, tentando di ritornare ad una concreta presenza sul territorio e dismettendo un orientamento esaustivamente rivolto alla ricerca della “governabilità”, ed il recupero di un equilibrio tra ruolo del Parlamento e ruolo del Governo, rifiutando la logica contenuta nelle riforme costituzionali proposte dal Centrodestra.

Il sistema elettorale proporzionale può svolgere una funzione positiva in questo senso se non “costretto” all'interno di una logica bipolare che, adesso come adesso, appare come un inganno ed una forzatura: anche perché soltanto a questo modo potrà essere possibile innescare un effettivo meccanismo di alternativa e non di semplice alternanza al centro, non esistendo più condizioni di “conventio ad excludendum” di tipo ideologico (pensiamo a ciò che sta accadendo in Francia, nel rapporto tra PS, PCF e gruppi della “gauche” estrema, ed al rafforzamento delle Linke tedesca), ma l'esigenza di recuperare distinzioni “forti” sul piano programmatico.

Savona, li 19 Ottobre 2005

Franco Astengo

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