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Procedimento disciplinare

 

Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore (ad eccezione del rimprovero verbale) senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. La contestazione deve soddisfare i requisiti della specificità, dell’immediatezza e dell’immutabilità dei fatti contestati e deve essere portata a conoscenza del lavoratore con le modalità stabilite dalla legge.

La contestazione deve essere specifica, cioè deve fornire le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro ha ravvisato infrazioni disciplinari: non è necessaria una dettagliata descrizione dell’illecito disciplinare. L’immediatezza della contestazione dell’addebito ha carattere relativo in quanto deve essere valutata tenuto conto anche della peculiarità della fattispecie e, in particolare, della possibilità del datore di lavoro di venire a conoscenza della illegittimità della condotta del lavoratore e di reagire alla condotta medesima (Cass. 16 maggio 2000, n. 6348), nonché della complessità dell’azione di accertamento e dell’organizzazione aziendale (Cass. 26 maggio 2000, n. 6925). L’immutabilità della contestazione riguarda i fatti su cui si fonda il provvedimento sanzionatorio e non la loro qualificazione giuridica. Il principio dell’immutabilità preclude al datore di lavoro di far valere, a sostegno delle sue determinazioni disciplinari, circostanze nuove rispetto a quelle contestate, tali da implicare una diversa valutazione dell’infrazione anche diversamente tipizzata dal codice disciplinare apprestato dalla contrattazione collettiva (Cass. 28 agosto 2000, n. 11265). Inoltre, il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del lavoratore in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni non può esercitarlo una seconda volta per quegli stessi fatti; tale principio peraltro non opera nel caso in cui il nuovo esercizio del potere disciplinare riguardi fatti che, sebbene della stessa indole di quelli che hanno formato oggetto del procedimento pregresso, siano tuttavia diversi per le particolari circostanze di tempo e di luogo che li distinguono e, come tali, siano stati contestati nella loro specifica individualità (Cass. 2 aprile 1996 n. 3039). In effetti la brevità dell’intervallo temporale tra due infrazioni disciplinari della medesima natura, commesse con azioni distinte, aventi autonoma individualità, non è sufficiente ad attribuire carattere unitario alle due condotte (Cass. 23 novembre 1989, n. 5035).

Contestazione dell’addebito

La contestazione di infrazioni comportanti sanzioni disciplinari più gravi del rimprovero verbale deve avvenire per iscritto . Non essendo indicate dalla legge specifiche modalità di consegna dell’atto al lavoratore è ammessa ogni forma di comunicazione: invio di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o consegna a mano effettuata da persona incaricata dal datore di lavoro. Oggetto della contestazione è il fatto nei suoi elementi materiali. La contestazione non richiede particolari formalità, ma solo l’esposizione dei dati e degli aspetti essenziali del fatto materiale sanzionabile per via disciplinare: è valida quindi la contestazione di addebito contenuta in una missiva qualificata come “comunicazione” ma nella quale siano esposti i fatti addebitati al lavoratore (Cass. 7 gennaio 1998, n. 67), come è valida la contestazione che faccia riferimento, per una più precisa descrizione dei fatti, ad una precedente comunicazione inviata al lavoratore (Cass. 16 settembre 1999 n. 10019).

La preventiva contestazione al lavoratore incolpato deve riguardare, a pena di nullità, anche la recidiva , o comunque i precedenti disciplinari che la integrano, ove questa rappresenti elemento costitutivo della mancanza addebitata (Cass. 23 dicembre 2002, n. 18294).

Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.

Sospensione cautelare

Il datore di lavoro può sospendere cautelarmente il lavoratore, qualora i tempi del procedimento disciplinare intrapreso siano incompatibili con la presenza di quest’ultimo all’interno dell’azienda. La sospensione perde efficacia non appena la procedura disciplinare sia stata ultimata.

La sospensione cautelare non è un provvedimento disciplinare e non comporta la sospensione della retribuzione, salvo che ciò non sia espressamente previsto dalla contrattazione collettiva.

Audizione e difesa del lavoratore

Entro 5 giorni dalla ricezione della contestazione il lavoratore può presentare a sua difesa giustificazioni scritte e/o chiedere di essere sentito oralmente (per scaricare un fac- simile di deduzioni da presentare al datore di lavoro, clicca qui). Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato; è invece esclusa la possibilità di assistenza da parte di un legale (Cass. 30 agosto 2000, n. 11430). Al termine di 5 giorni viene applicata la regola generale secondo cui devono ricomprendersi nel numero di giorni assegnato dalla legge anche le giornate festive intermedie , nelle quali la decorrenza del termine suddetto non può considerarsi né sospesa né interrotta (Cass. 13 novembre 2000, n.14680). Entro il termine indicato il lavoratore deve far pervenire le controdeduzioni al datore di lavoro; conseguentemente il termine non può ritenersi rispettato quando, pur avendo il lavoratore predisposto le proprie difese prima del suo decorso, l’atto sia stato ricevuto dal datore di lavoro trascorsi i cinque giorni dalla contestazione dell’addebito (Cass. 19 novembre 1996, n. 10106).

Irrogazione della sanzione

Una volta esperita validamente la procedura disciplinare, il datore di lavoro trascorso il termine di 5 giorni può intimare il provvedimento sanzionatorio. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possano essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa . Il datore di lavoro non è tenuto a menzionare nel provvedimento disciplinare le giustificazioni fornite dal lavoratore a seguito della contestazione della mancanza e ad enunciare le ragioni che lo hanno indotto a disattenderle (Cass. 13 novembre 2000, n. 14680).

La sanzione disciplinare deve essere proporzionata all’addebito tenendo a tal fine conto sia delle circostanze oggettive che delle modalità soggettive della condotta del lavoratore (Cass. 23 gennaio 2002, n. 736): tale valutazione è comunque necessaria anche quando il comportamento sia previsto nella normativa collettiva come fattispecie tipica da sanzionare (Cass. 25 novembre 1996, n. 10441). La valutazione del datore di lavoro circa la proporzionalità tra il comportamento del lavoratore e la sanzione irrogata è sempre soggetta al controllo del giudice (Cass. 26 maggio 2001, n. 7188), il quale valuta la legittimità del provvedimento tenuto conto dei precedenti disciplinari del lavoratore e delle circostanze del caso concreto. Quando vengono contestati al lavoratore episodi plurimi, occorre valutare la gravità del comportamento nel suo complesso e non esaminare ad uno ad uno tali episodi (Cass. 5 aprile 2004, n. 6668).

Come in materia di trattamento economico- normativo, così in materia disciplinare non sussiste nel nostro ordinamento un principio di parità di trattamento, anche per la pratica impossibilità di comparare sotto ogni profilo, oggettivo e soggettivo, comportamenti di rilevanza disciplinare tenuti da diversi dipendenti in circostanze e tempi differenziati (Cass. 22 febbraio 1995, n. 2018).

Irrogazione prima della scadenza del termine

Il provvedimento disciplinare può essere legittimamente irrogato anche prima della scadenza dei 5 giorni, quando il lavoratore ha esercitato pienamente il proprio diritto di difesa facendo pervenire al datore di lavoro le proprie giustificazioni, senza manifestare alcuna esplicita riserva di ulteriori produzioni documentali o motivazioni difensive (Cass. S.U. 7 maggio 2003, n. 6900).

Termine finale del procedimento

La legge non stabilisce un termine massimo entro il quale il procedimento disciplinare deve concludersi; tale termine può essere previsto in sede di contrattazione collettiva come negli esempi che seguono:
- se il provvedimento disciplinare non viene comminato entro i 6 giorni successivi alla presentazione delle giustificazioni da parte del lavoratore, queste si ritengono accolte (art. 23, Disc. Gen., c.c.n.l. per le aziende metalmeccaniche);
- l’adozione del provvedimento disciplinare deve essere comunicata al lavoratore con lettera raccomandata entro 15 giorni dalla scadenza del termine assegnato al lavoratore stesso per presentare le sue controdeduzioni. Per esigenze interne aziendali il termine di cui sopra può essere prorogato di ulteriori 30 giorni, purché l’azienda ne dia preventiva comunicazione scritta al lavoratore interessato (art. 153, c.c.n.l. per le aziende del Terziario).

Impugnazione del provvedimento

Avverso il provvedimento disciplinare il lavoratore ha la possibilità:
- di promuovere, entro i 20 giorni successivi all’applicazione della sanzione, anche per mezzo dell’associazione sindacale di appartenenza, la costituzione di un collegio di conciliazione ed arbitrato presso la Direzione provinciale del lavoro , composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell’ufficio del lavoro ; in questo caso la sanzione resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio;
- di adire l’autorità giudiziaria in via ordinaria.

In alternativa il dipendente può ricorrere alle procedure conciliative ed arbitrali previste nei contratti collettivi.

A sua volta il datore di lavoro:
- se il lavoratore ha fatto ricorso al collegio di conciliazione ed arbitrato, deve nominare il proprio rappresentante in seno al collegio stesso entro dieci giorni dall’invito rivoltogli dalla Direzione del lavoro; in caso di mancata nomina la sanzione disciplinare irrogata non ha effetto;
- può rivolgersi all’autorità giudiziaria per l’accertamento della sanzione irrogata, nel qual caso va richiesta la sospensione della sanzione fino alla definizione del giudizio.

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