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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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E’ necessario uno sciopero generale nazionale a Roma

(10 Ottobre 2007)

Con la firma degli accordi del 23 Luglio, governo Prodi e Cgil-Cisl-Uil hanno gettato definitivamente la maschera, confermandosi ancora una volta i principali avversari del movimento dei lavoratori. Dopo aver messo in atto lo scorso anno la scandalosa operazione di furto del TFR, con una campagna mediatica “a senso unico”, condotta con spot di varie decine di milioni di euro pagate con i soldi pubblici a favore di banche, assicurazioni, sindacati e aziende. Nonostante ciò solo 4 lavoratori su 100 hanno rinunciato al TFR a favore della speculazione finanziaria privata.

All’indomani di un primo anno di centrosinistra tutto all’insegna di tagli, finanziarie lacrime e sangue, aumenti alle spese militari e regali di ogni tipo ai padroni amici di Confindustria, ora è la volta delle pensioni. L’obiettivo del padronato era q uello di alzare l’età pensionabile. Detto…fatto… Al posto del famigerato “scalone”, previsto dalla Legge Maroni (che dal 1/1/2008 prevedeva il passaggio da 57 a 60 anni per accedere alla pensione di anzianità), si introduce un accordo addirittura peggiore con 4 “scalini” che innalzano l’età pensionabile fino a 61 anni con 36 anni di contributi o 62 anni con 35 anni di contributi fino al 2013: dunque addio pensione di anzianità!

Ma questa è solo la punta dell’iceberg!

Al danno si aggiunge infatti la beffa del taglio delle pensioni attraverso una riduzione automatica dei coefficienti a partire dal 2010, che penalizzerà fortemente chi andrà in pensione col metodo contributivo.

Non solo: ben lungi dal cancellarla, questo “Protocollo d’intesa” riconferma gran parte delle figure contrattuali precarie della Legge 30 (apprendistato, contratti a termine, lavoro a tempo parziale, a progetto, occasionale…), prevedendo addirittura la possibilità per il padrone di reiterare oltre i tre anni i contratti a tempo determinato.

Con lo stesso accordo, ancora una volta, si regalano i soldi dei lavoratori ai padroni utilizzando la cassa dell’INPS per “gli sgravi del costo del lavoro” e si regala a Confindustria la detassazione degli straordinari, che provocherà una diminuzione delle entrate all’INPS, una riduzione delle assunzioni e forti aumenti di profitto per i padroni! Anche la riduzione della spesa pubblica passerà attraverso l’accorpamento degli enti previdenziali (INPS-INAIL) che produrrà tagli di posti di lavoro e un probabile aumento dei contributi che gravano sulle busta paga.

Che i lavoratori non avessero nulla di buono da aspettarsi da questo governo confindustriale e neodemocristiano era cosa che molti di noi andavano denunciando da tempo, memori soprattutto di ciò che il centrosinistra era stato capace di fare all’epoca del primo governo Prodi e dei successivi governi D’Alema e Amato.

Questo è il governo della repressione e dei licenziamenti delle avanguardie.

I padroni, quando non possono gestire o corrompere gli attivisti sindacali, li licenziano!

Chiunque si è opposto ai piani di ristrutturazione dell’azienda o si è impegnato in prima fila nel movimento operaio nel difendere gli interessi e i diritti dei propri compagni di lavoro, è stato licenziato, e nel caso dei sindacati confederali, espulso dall’organizzazione. E’ il caso di moltissimi operai e delegati dal Nord al Sud, da Pomigliano a Termoli, da Vibo Valenzia a Milano. Che questa consapevolezza inizi a diffondersi in fasce ampie del mondo del lavoro dipendente e della “sinistra diffusa”, rappresenta indubbiamente un elemento di novità di cui tutte le realtà del sindacalismo di base e della sinistra di classe devono tenere conto. Le contestazioni ad Epifani, Pezzotta, Angeletti e ai loro soci nel corso delle prime assemblee sindacali nelle principali fabbriche, sono la dimostrazione di un malcontento diffuso a cui abbiamo l’obbligo di dare voce e rappresentanza, a livello sia sindacale che politico.

Pensiamo, tuttavia, che il percorso che dovrà portarci ad uno sciopero generale, indetto da alcune sigle del sindacalismo di base per il 9 novembre, necessiti di alcuni elementi di chiarezza, in mancanza dei quali la giornata del 9 novembre rischierebbe di tramutarsi, di fatto, in un doppione della m,manifestazione del 20 ottobre.

1) In primo luogo, va resa chiara ed esplicita la nostra opposizione a questo governo. Da che mondo è mondo, le grandi mobilitazioni si rivolgono non solo contro i singoli provvedimenti di un governo, ma contro il governo stesso in quanto artefice di quelle leggi, dunque controparte per definizione di chi scende in piazza.

Per questa ragione, compito primario delle realtà che prendono parte al percorso di costruzione dello sciopero generale è in prima istanza quello di evitare di finire nel tritacarne orchestrato ad hoc dalla stampa borghese, secondo il quale chiunque si oppone a Prodi sarebbe artefice di un ritorno di Berlusconi al governo.

Noi dobbiamo dire con chiarezza che scenderemo in piazza contro questo governo e che lavoreremo tenacemente per la sua caduta, poichè esso si è dimostrato per i lavoratori peggiore del governo Berlusconi in quanto è riuscito a portare avanti con la complicità dei sindacati di regime e della cosiddetta “sinistra radicale” quelle politiche di macelleria sociale che a Berlusconi erano state impedite con le mobilitazioni di piazza, e che gli sarebbero impedite comunque se tornasse al potere

2) Alla luce di ciò, riteniamo di basso profilo la proposta di indire mobilitazioni su scala locale: se davvero puntiamo disturbare il manovratore, lo strumento migliore per fare sentire in maniera chiara e forte il dissenso e la rabbia dei lavoratori, non può che essere quello di un unico corteo nazionale a Roma. A tal proposito, non ci sono ancora chiare le ragioni per cui si è deciso di dar vita a due distinte giornate di lotta, una il 9 e l’altra il 24 ottobre: pensiamo che spezzettare gli appuntamenti, in questa fase, sortisca come unico esito l’indebolimento di entrambi.

Se il problema reale è quello della cosiddetta generalizzazione dello sciopero, ossia la partecipazione al 9 novembre non solo dei precari, ma anche delle mille forme di opposizione sociale sviluppatesi sui territori negli ultimi mesi (movimento contro la guerra, No-Tav, No-Dal Molin, movimenti contro gli inceneritori, comitati di immigrati, lotte contro la repressione, ecc), pensiamo sia compito degli organizzatori dello sciopero l’elaborazione di una piattaforma di rivendicazioni generale che sia capace di sintetizzare tutto l’ampio ed articolato panorama dell’opposizione sociale.

3) Il 20 Ottobre i partiti della cosiddetta “Sinistra radicale” hanno indetto una manifestazione con il solo scopo di presentarsi alla propria base con una veste accettabile e continuare così a speculare sulla pelle dei lavoratori. Pensiamo che anche su questo l'assemblea delle Reti e delle organizzazioni contro l’accordo del 23 luglio debba esprimersi con chiarezza. Come accadde il 9 giugno in occasione dell’arrivo di Bush a Roma, anche questa volta bisogna lasciarli soli!

Non possiamo manifestare al fianco di chi prima ha sottoscritto e sostenuto l’accordo (visto che Prc, PdCI, Verdi e SD erano e sono al governo), e adesso, ipocritamente, vorrebbe farci credere che l’ennesima truffa perpetrata ai danni dei lavoratori possa essere emendata e resa quindi accettabile.

Il vero scopo della manifestazione del 20 ottobre è quello di ridar fiato ad una sinistra sempre più di governo e sempre meno “radicale”, di far recuperare credibilità ai veri Bertinotti, Giordano, Diliberto, Mussi, ecc., oramai screditati anche presso la base dei loro stessi partiti. Dunque, offrire sponde politiche o ciambelle di salvataggio a queste operazioni sarebbe da parte nostra a dir poco suicida.

4) Sull’iter di costruzione della mobilitazione contro l’accord o: se è vero che in occasione del referendum-farsa indetto da Cgil-Cisl-Uil le organizzazioni politiche e sindacali presenti oggi si sono presentate in ordine sparso (talune lavorando a rafforzare il fronte del NO, altre praticando il boicottaggio della consultazione), è altrettanto vero che, all’indomani del 10 ottobre, comunque vada il referendum e certi di un risultato truccato dalle burocrazie sindacali a favore del SI, saremo tutti chiamati a proseguire, o meglio a iniziare le mobilitazioni sui territori e nei singoli luoghi di lavoro. Ciò affinché la giornata del 9 novembre non rappresenti un appuntamento isolato, ma sia al contrario il punto d’approdo e di convergenza di una vera e propria “campagna d’autunno” messa in campo dalle realtà riunitesi oggi in assemblea.

Per questa ragione facciamo nostra la proposta, già lanciata da numerosi gruppi di lavoratori (tra cui l’ “Appello per la convocazione di uno sciopero generale unitario contro il protocollo su welfare e pensioni” sottoscritto da più di cento tra lavoratori e delegati sindacali appartenenti alle più svariate sigle del sindacalismo di classe), a costruire dal basso, in ogni luogo di lavoro e su ogni territorio dove siamo presenti, comitati di lotta unitari contro lo scippo delle pensioni, al fine di sviluppare iniziative e mobilitazioni congiunte nel corso del mese che ci separa dallo sciopero.

• NO ALL’ACCORDO TRUFFA DEL 23 LUGLIO
• CONTRO TUTTI I LICENZIAMENTI
• contro il caro vita, rivendichiamo forti aumenti salariali
• NO ALLA PRECARIETA’: PER LA CANCELLAZIONE DELLA LEGGE 30, DEL PACCHETTO TREU E DI TUTTE LE NORME PRECARIZZANTI
• RIPRISTINO DELLA SCALA MOBILE
• SALARIO GARANTITO A DISOCCUPATI E PRECARI
• LAVORARE TUTTI LAVORARE MENO
• CONTRO OGNI GUERRA IMPERIALISTA: FUORI LA NATO DALL’EUROPA
• NO ALLE GRANDI OPERE (TAV, INCENERITORI, ECC.) CHE INQUINANO E UCCIDONO PER SODDISFARE LA FAME DI P ROFITTI.

PER LA CACCIATA DEL GOVERNO PRODI


Napoli, lì 05 ottobre ’07

Associazione Marxista Unità Comunista
SLAI- Cobas Coordinamento Provinciale di Napoli
Coordinamento per l'Unità dei Comunisti

Fonte

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