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Il "corporativismo di sinistra" ostacola le privatizzazioni

articolo de "Il Riformista" del 20 novembre 2002

(28 Novembre 2002)

NEO-CONFLITTI.
La nuova Internazionale si chiama pubblico impiego
Da Londra a Parigi a Roma, uno spettro s'aggira per l'Europa

Se non fosse per la vertenza Fiat, il conflitto sociale di questi giorni in Europa vedrebbe come protagonisti solo i settori protetti, quelli del pubblico impiego e dei servizi.

Segno di una accentuata sindacalizzazione in queste aree del lavoro dipendente, segno di una lotta estrema delle categorie ancora non esposte a quello che il sociologo Aris Accornero chiama «lo smembramento e la destrutturazione del lavoro privato».
Di una lotta che da una parte si radicalizza proprio contro il rischio di una perdita di tutele tradizionali ma che, dall'altra, si orienta esclusivamente alla difesa dei privilegi.

I 50 mila pompieri inglesi stanno sfidando, scioperando ad oltranza, il governo laburista di Tony Blair chiedendo aumenti salariali nell'ordine del 40% e intanto una parte di loro fa anche il doppio lavoro.
In Francia lo scontro è più ampio.

Il governo di centro destra guidato da Jean-Pierre Raffarin ha annunciato un progetto di riforma delle pensioni che mira ad armonizzare le regole tra pubblico e privato.
I sindacati protestano anche contro il piano di privatizzazioni di parte delle public utilities.

«Sono l'espressione - commenta Tiziano Treu, già ministro del Lavoro e professore alla Cattolica - del peggiore corporativismo di sinistra.
Di un sindacato che non ha ancora fatto i conti con la logica e le regole dei mercati competitivi».

Di categorie che vieppiù tendono a diventare gli azionisti di riferimento delle organizzazioni sindacali insieme, in particolare in Italia, ai pensionati.
Il trend accomuna tutti i paesi europei.

Una ricerca della Fondazione Rodolfo Debenedetti dimostra come il tasso di sindacalizzazione sia più elevato nelle aziende di servizi pubblici, spesso protette dalla concorrenza, con un livello superiore al 60% in Germania, intorno al 48% in Francia, vicino al 40% in Spagna e un po' più giù l'Italia.Da noi il peso del pubblico impiego si è decisamente affermato: nella Cgil la somma degli iscritti tra i lavoratori della scuola e quelli del lavoro pubblico supera di gran lunga gli iscritti alla potente Fiom: 488.137 lavoratori contro i 367.938 (dati del 2001).

Stiamo dunque assistendo, non da oggi e a ondate non sempre percepibili da tutti, a un mutamento profondo della composizione professionale degli iscritti ai sindacati.

Con effetti sulle forme di protesta.

I pubblici dipendenti francesi in sciopero hanno bloccato lunedì scorso una parte consistente del traffico aereo europeo.

Blair ha fatto ricorso ai militari per sostituire i pompieri.

I nostri autisti degli autobus creeranno notevoli disagi agli utenti la prossima settimana, quando sciopereranno per il rinnovo del contratto ma anche per ottenere garanzia in vista della liberalizzazione del settore nel 2003.
Insomma lo sciopero contro una controparte perlopiù pubblica si riflette sui cittadini, che diventano ostaggi delle vertenze sindacali.

L'astensione dal lavoro funziona sempre meno nell'industria.
Osserva Tito Boeri, professore alla Bocconi: «In una fase di recessione dell'economia, è più difficile, nel settore industriale, ricorrere alle forme di lotta consuete.
Nel caso della Fiat lo sciopero non infligge un danno all'azienda.
Anzi».
Da qui la ricerca di nuove forme di conflitto e l'effetto imitazione porta, come è accaduto, al blocco del traffico nello stretto di Messina.

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