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Addio compagne

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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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    Lettera aperta ai compagni di Rifondazione Comunista e al popolo della sinistra

    (11 Novembre 2007)

    Cari compagni, è con vero dolore che ho preso la decisione di non rinnovare più l’iscrizione al Partito della Rifondazione Comunista, in quanto è il partito a cui sono iscritto dal lontano 1991, in cui sono nato e cresciuto politicamente e che ha rappresentato per me, come per migliaia di altri compagni, la speranza del cambiamento radicale di cui il nostro paese ha estremo bisogno.

    Da alcuni anni, però, il nostro partito (o, meglio, la maggioranza del suo gruppo dirigente) ha preso decisioni che non possono più essere considerate semplici errori.

    Dopo oltre un decennio in cui Rifondazione si era strutturata come un partito (l’unico, almeno negli ultimi anni) ancorato al merito delle questioni e agli interessi delle classi subalterne, costituendo il cuore dell’opposizione alle politiche liberiste praticate indifferentemente da centrodestra e centrosinistra e il motore di praticamente tutti i movimenti sorti nei luoghi di lavoro e nei territori, con una pratica istituzionale intelligentemente disponibile alle mediazioni e ai compromessi (magari anche eccessivi, come con il sostegno al primo governo Prodi nel 1996-98) ma non ai cedimenti sui principi fondamentali, raccogliendo in questo la migliore eredità del PCI, negli ultimi tre anni questa impostazione si è sostanzialmente capovolta.

    Pochi mesi dopo il referendum per l’estensione dell’art.18, i dieci milioni e passa di voti che chiedevano di proseguire la lotta contro la precarietà sono stati messi in un cassetto e, in nome dell’unità contro la destra si è avviato un percorso di alleanza con il centrosinistra a tutti i livelli.

    Dal 2004 Rifondazione è presente in quasi tutte le giunte comunali e provinciali (e dal 2005 in quelle regionali) senza avere mai ottenuto alcun reale cambiamento, accettando invece tutto ciò contro cui prima ci si era battuti, dagli inceneritori alle speculazioni edilizie, dalle privatizzazioni alle grandi opere.

    Copiosi sono invece stati i posti ottenuti, negli assessorati e negli enti di sottogoverno, col risultato di promuovere un ceto politico professionale (spesso di recente avvicinamento al partito) disposto ad avallare qualsiasi scelta del gruppo dirigente.

    Dal 2006 inizia l’esperienza nel governo nazionale, dopo una campagna elettorale in cui il resto del centrosinistra non fa mistero della sua volontà di continuare le stesse politiche di Berlusconi (e così facendo consente proprio a Berlusconi la clamorosa rimonta, tutta giocata su toni demagogici, che gli consente di sfiorare una vittoria pochi mesi prima impensabile).

    Fin da subito, con la collocazione di Bertinotti alla presidenza della Camera, appare chiaro che Rifondazione, per essere accettata nell’alleanza di centrosinistra, ha dovuto impegnarsi ad ingoiare qualsiasi rospo, e così infatti avviene: raddoppiano le truppe italiane in Afghanistan, aumentano le spese militari del 13% (più che nei 5 anni di governo della destra), il cuneo fiscale va per intero ai padroni, parte lo scippo del TFR, rimangono intatte le leggi di Berlusconi, non solo la legge 30 e la Bossi-Fini ma anche le leggine “ad personam” (evidentemente la legalità va brandita solo contro i poveracci), si confermano le grandi opere, TAV, inceneritori, rigassificatori, fino ad arrivare al recente accordo su pensioni e welfare, per certi versi addirittura peggiorativa dello scalone di Maroni.

    Su tutte queste questioni Rifondazione urla e strepita e infine vota a favore, spesso inventandosi risultati risibili o inesistenti (dalla conferenza di pace per l’Afghanistan alle elemosine contenute nell’accordo sul welfare), cercando cioè un risultato di immagine per mascherare l’assenza di qualsiasi risultato concreto, almeno in materia di politica economica e di politica estera.

    Dove invece c’è una contrattazione vera, e i risultati si vedono, è in materia di diritti civili, dove cioè non sono in gioco gli interessi dei padroni, ed è lì che Rifondazione ottiene dei risultati, dall’indulto ai DICO, importanti certo, ma che non possono esaurire il ruolo di un partito di sinistra.

    Certo i rapporti di forza sono quelli che sono e non si possono imputare ai dirigenti di Rifondazione, ma quello che invece è loro responsabilità è il cercare di mascherare le sconfitte per vittorie, esaltando in nome dell’ideologia del male minore quello che poco prima veniva combattuto, perché questo è il seme dell’antipolitica, del “sono tutti uguali e quando arrivano alle poltrone fanno tutti le stesse cose”.

    E questo è anche il regalo migliore che si può fare alla destra, che infatti si prepara a vincere trionfalmente le prossime elezioni.

    Per questo, con dolore, lascio il partito, come già hanno fatto in questi anni molte migliaia di compagni, iscritti e militanti.

    Continuo a credere che per i lavoratori di questo paese, così come per i diseredati di tutto il mondo e per il futuro di questo pianeta, sia necessario un Partito Comunista.

    Un Partito plurale ideologicamente e coeso politicamente, che sia in grado di tenere insieme culture e provenienze diverse unite da una prospettiva politica.

    Un Partito di lavoratori, di gente comune che fa politica per affermare i propri ideali e i propri interessi collettivi, senza burocrazia e carrierismi.

    Un Partito ambientalista, femminista, internazionalista che sappia stare in ogni lotta, locale o parziale, con una visione globale.

    Un Partito che faccia politica in modo duttile, senza rifuggire da mediazioni e compromessi (quelli veri, dove ogni parte cede qualcosa e ottiene qualcosa) se fatti alla luce del sole, chiamando le cose con il loro nome e senza accettare l’inaccettabile, a partire dalla guerra e dalle degenerazioni razziste e fascisteggianti che stanno dilagando anche nel centrosinistra.

    Per molti anni Rifondazione è stata questo partito. Ora ha preso un’altra strada e per questo me ne separo, pur mantenendo rispetto e stima per i tanti compagni che continuano al suo interno una battaglia di sinistra e che spero di ritrovare prima o poi, di nuovo in una sinistra degna di questo nome.

    Saluti comunisti

    Fausto Angelini
    Già segretario del Circolo PRC di Piossasco - Cumiana (TO) e membro del CPF di Torino e del CPR Piemonte

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    Commenti (1)

    Irriconoscibili

    concordo perfettamente, non li riconosco più, anzi sono un problema poiché rappresentandoci, con il loro silenzio assenso, si sono resi partecipi in questi anni della perdita di quei pochi diritti conquistati dai nostri padri con il sangue.
    Bisogna tornare alle origini, molto meglio una sana opposizione ancorata su ferrei ideali.

    (22 Novembre 2007)

    Matica

    matica@desktoptwo.com

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