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Rifugiato o clandestino?

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(5 Aprile 2011) Enzo Apicella

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Due parole sulla sicurezza.

(12 Novembre 2007)

Siamo periodicamente bombardati da slogans che pretendono di dare risposte non solo serie ma anche efficaci ai problemi sociali con cui ci capita di dover convivere. Andiamo un pò nel profondo e vediamo chi e come ne parla.

Siamo periodicamente bombardati da slogans che pretendono di dare risposte non solo serie ma anche efficaci ai problemi sociali con cui ci capita di dover convivere.
Uno di questi è “addirittura” quello della sicurezza che non solo sarebbe corroborato dai dati empirici sulla realtà quotidiana ma anche dal fattore della “percezione”.
Ora; anche uno studente non particolarmente virtuoso sa che se viene interrogato a scuola su uno specifico argomento, egli non solo deve dare più dati possibili per suffragare la propria preparazione davanti al docente ma non può, assolutamente, mischiare i fatti con le opinioni. Esse, vanno lecitamente date se richieste ma – sempre e comunque -separate dal contesto della realtà dei fatti e presentate come tali: opinioni personali.
E’ invece ciò che succede ogni giorno sul nuovo tema creato ad hoc: quello della sicurezza. Il tutto con la collaborazione fattiva dei mezzi di comunicazione di massa che ingigantiscono il nulla, fino a farlo diventare plausibile. O, peggio, la verità…rivelata.
Perciò, dobbiamo inghiottire cazzate quali: “la sicurezza non è di destra né di sinistra”; che cosa vuol dire? Infatti non è né di destra né di sinistra, visto che è di classe e riguarda solo le classi che hanno "qualcosa da difendere"; "Integrazione e sicurezza devono diventare la razionale e ragionevole ossessione di chiunque abbia responsabilità di governo". Quest’ultima dichiarazione, a mò di slogan, è di Walter Veltroni, “l’uomo del momento”, il capo del nuovo che puzza di muffa, addirittura da Auschwitz, in visita all’ex campo di sterminio, con degli studenti romani. Pensate; è preoccupante uno che parla di “razionale e ragionevole ossessione” cadendo in un lapsus freudiano sul senso che essa, la sicurezza, ha per questa classe politica. Dalla de-contestualizzazione dei concetti come dei singoli fattori che compongono la vita sociale, che presi di per se, scollegati dalla complessità del fenomeno non significano nulla, dipenderà sempre di più la sopravvivenza di questa classe politica, vera cinghia di trasmissione col potere reale, con la P maiuscola: quello dell’economia.

Allora: gli ultimi dati sulla violenza dimostrano un aumento delle rapine e della micro-criminalità? No!
Gli ultimi dati sulla violenza dimostrano un aumento di atti criminali perpetrati dai cosiddetti “extracomunitari”? No!
Gli ultimi dati sulla violenza dimostrano un aumento di atti criminali all’interno del nucleo familiare? Si, purtroppo!

Affrontiamo allora il discorso sulla sicurezza fuori dalle mura domestiche (tralasciando quelle) facendo finta (sforzatevi, lo so che non siete dei politici di tipo nuovo!) che essa sia una priorità nella vita sociale di ogni giorno.
La questione è: sicurezza per chi? Per tutti…o no? Essa ha un valore, per quanto possiamo de-contestualizzarla, universale. Ma c'è ò'inghippo: l’inghippo è che viviamo in un’epoca nella quale domina un tipo di universalismo che è diretta emanazione della classe dominante: la borghesia. Voglio essere esplicito: l’universalismo odierno è quello borghese.
Essa non può parlare della sicurezza di tutti altrimenti metterebbe in crisi il proprio sistema che è all’origine di ogni insicurezza: gli iracheni sotto i bombardamenti? Gli afgani? Gli “extracomunitari” in Italia perchè ci vengono? E i giovani precari, senza avvenire e SICUREZZE su cui fondare la propria esistenza?
Il tema della sicurezza, quindi, è declinato unicamente nel senso di ergere un cordone sanitario che permetta alla classe dominante di non mettere in discussione il suo ordinamento socio-economico che, in definitiva, è quello che crea le insicurezze che viviamo. Esso è un tema classista, il solito vecchio attacco ai poveri del mondo.

http://achtungbanditen.splinder.com/

Sergio Mauri

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