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(22 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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Pensioni con il sistema contributivo. E’ necessario rivedere i coefficienti di trasformazione, ma al rialzo

(13 Novembre 2007)

Basta farsi un po' di conti, calcolatrice alla mano, per scoprire che il sistema pensionistico contributivo non è come ce lo hanno sempre descritto.
Adottando dei normali principi di giusta retribuzione del capitale, le pensioni dovrebbero essere molto più alte.

Il dibattito che si è aperto di recente si è concentrato sulla possibilità di effettuare la revisione al ribasso dei coefficienti di trasformazione, e riconoscere quindi un assegno pensionistico più basso, ma ampliando il discorso si scopre come i coefficienti andrebbero rivisti al rialzo.

E’ però forse necessario spendere due righe su questo punto per cercare di capire cosa sono questi coefficienti di trasformazione.

Quando un lavoratore va in pensione l’ente che erogherà la pensione non fa null’altro che prendere il totale dei contributi che il lavoratore ha versato nella sua carriera e moltiplicarlo per il coefficiente di trasformazione previsto per una persona dell’età del nostro lavoratore, ( il coefficiente previsto per chi ha 57 anni è il 4,72%, per chi ha 65 anni il 6,136%).

Ad esempio, un lavoratore che abbia accumulato mezzo milione di euro di contributi in carriera andrà in pensione con 23.600 euro annui di pensione se ha 57 anni e 30.680 euro annui se in pensione ci va a 65 anni.

Di solito le spiegazioni si fermano qui, prima vai in pensione e più basso sarà l’assegno visto che lo Stato te lo pagherà per più anni.
Fermare qui la spiegazione da però ragione a chi vuole abbassare i coefficienti in virtù dell’allungamento della speranza di vita.

Lo Stato ci dice: voi non campate più fino ad 80 anni ma fino ad 81 e quindi devo ridurre le pensioni perché le pagherò per un anno in più.
Non bisognerebbe però dimenticare che i coefficienti di trasformazione dipendono solo in parte dall’aspettativa di vita dei pensionandi e che il vero ‘trucco’ che ha abbassato le pensioni calcolate con il sistema contributivo è stato un altro.

Ritorniamo all’esempio del dipendente che va in pensione a 57 anni con mezzo milione di contributi versati e prende 23.600 euro annui di pensione, al momento del suo pensionamento lo Stato avrà ‘in mano’ mezzo milione di euro derivante dalla somma dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro (se privato), questi contributi sono aggiornati anno dopo anno al tasso del PIL nominale medio dei 5 anni precedenti, quindi se si proiettano i dati di quest’anno il totale dei contributi sarà stato aggiornato al tasso del 3,20 %.

Primo problema, non si comprende come mai lo stato remunera a tassi ben superiori al 4 per cento annuo i soldi degli investitori, ad esempio di chi compra Bot o CCT, ed a tassi di appena il 3,20 % i soldi dei lavoratori.
Quando si applicano i coefficienti di trasformazione si applica il risultato sintetico di una formula che tiene presente non solo la durata della rata (che è l’aspettativa di vita del pensionato) ma anche, e soprattutto, il tasso d’interesse sul capitale (ovvero sul totale dei contributi del lavoratore).

Un parallelo, anche se con dei limiti, ci aiuterà a comprendere meglio questo passaggio.
Il rapporto che si crea tra il lavoratore e lo Stato è simile a quello che si crea tra una Banca che eroga un mutuo ed il suo cliente.
Il lavoratore, come la Banca, cede una grossa somma (i contributi di una vita di lavoro) e lo Stato paga una rata mensile che cresce anno dopo anno del tasso d’inflazione.

Ogni persona dotata di un minimo di sale in zucca sa che è cosa buona e saggia cercare qualcuno che ti dia un mutuo ad un tasso il più basso possibile, e che di questi tempi è un’impresa trovare un mutuo ad un tasso inferiore al 5%, ma pochissimi si rendono conto di prestare i propri soldi allo stato (al momento del pensionamento) ad un tasso ridicolo, visto che il tasso che è alla base del calcolo dei coefficienti di trasformazione è l’1,5 per cento.

Secondo problema, perché lo stato remunera i lavoratori con un micragnoso 1,5 per cento annuo?

In conclusione, l’unico modo di reagire alla richiesta di rivedere i coefficienti di trasformazione è di concordare pienamente alla richiesta di una loro revisione complessiva, aperta cioè sia all’allungamento dell’aspettativa di vita e sia ad una revisione dei tassi di rendimento delle somme dei lavoratori.

Ps. Per un approfondimento su questo tema http://arnolfospezzachini.blog.kataweb.it/

Arnolfo Spezzachini

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