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La Menaguerra risponde a Zanotelli

(24 Novembre 2007)

Dal Manifesto di giovedì 22 novembre. Menapace risponde a Zanotelli con la consueta logica della "riduzione del danno", cioè del menopeggismo. Da notare il panegirico sull'art. 11 della costituzione e sul richiamo alla corte costituzionale per interpretarlo.
Ancora una volta non si può accostare questo atteggiamento a quello del soldato tedesco che, a Marzabotto, spara come tutti gli altri nonostante qualche remora "morale": "tanto, se anche non sparo io, lo avrebbe fatto qualcun altro; e il risultato non cambierebbe".

Caro Alex, ciò che serve è un paziente lavoro

Caro Zanotelli, ti rispondo innanzitutto con le parole di Domenico Jervolino arrivate neanche a farlo apposta nella mia mail ieri: «Se ci contentiamo di salvarci l'anima, votare contro (e tutto resta come prima, anzi peggio) allora Alex ha ragione. Se invece la politica è un lavoro paziente e faticoso per spostare in avanti gli equilibri nella situazione data (etica della responsabilità) credo che difficilmente si potrebbe fare meglio di quanto stanno facendo oggi i compagni al Senato». «Naturalmente si può discutere politicamente sulla partecipazione al governo ma è profondamente ingiusto presentare quei compagni come se fossero dei traditori e additarli al pubblico ludibrio». Parole confortevoli e serie.
La questione infatti non è - di volta in volta - rimanere esterrefatti perché la Tavola per la pace proprio quest'anno ha tolto la pace dalla piattaforma della marcia Perugia- Assisi, o perché la Finanziaria viene votata nel testo concordato in maggioranza, e che è già il frutto di un lavoro tenacissimo dei compagni e delle compagne che hanno lavorato nelle Commissioni: la questione è se ci si debba considerare legati al patto di sostenere questo governo o se invece si viene formalmente sollecitati a farlo cadere. E la stessa cosa mi sentirei di dire ai compagni del manifesto quando ci attaccano a sproposito come ieri anche a pagina 4, su quanto ha giustamente detto Napolitano dei rumeni, accusandoci di silenzio colpevole perché staremmo cedendo sul decreto sicurezza. Che non è vero e che è la Sinistra a battersi per ridurre il danno al minimo lo sanno anche i sassi. Perché fate finta di non saperlo voi? Ho già detto che mi considero legata al patto con gli elettori, ma sono aperta al dibattito su questo tema, purché fosse indicato così: bisogna buttare giù questo governo, e indicare quali vantaggi ne seguirebbero.
Il nodo delle spese militari non è di oggi né di ieri. Abbiamo ereditato una situazione pressappoco così fatta: le fabbriche d'armi si chiamano «industrie della difesa» si trovano nel bilancio dello stato tra le spese produttive e le stesse fabbriche d'armi si considerano orgogliosamente la colonna portante del bilancio dello stato. Tutto ciò è conseguenza di una «interpretazione» dell'articolo 11 proposta anni fa dal generale Jean, secondo la quale la difesa deve intendersi non più come difesa del «territorio» nazionale, bensì degli «interessi» nazionali ovunque nel mondo, anche con forze di intervento rapide. Contro questa interpretazione si batté invano Raniero La Valle, il quale aveva proposto di definire meglio l'articolo 11 con legge ordinaria per riportarlo al suo significato autentico.
Oggi (ma bisognerebbe interpellare dei costituzionalisti esperti) bisognerebbe forse aprire una controversia attraverso la Corte costituzionale. Di questo tipo mi pare potrebbero essere azioni di movimento, visto che appelli generici, anche se generosi, non ottengono nulla.
Infatti, e questa è la seconda grave questione, si è largamente diffusa e anche ha messo radici una cultura che considera la guerra come una ratio nemmeno tanto extrema. Non è infatti un mistero che la destra fornirebbe voti in quantità sulle spese militari: in quantità, ma non gratuitamente e se il governo si fosse trovato in minoranza su quei capitoli, la sua caduta sarebbe stata molto probabile.
Come si vede tutto ci rimanda alla questione fondamentale: chi giudica negative, immorali, vergognose le nostre posizioni, ci chiede di far cadere il governo? E allora lo dica chiaro e ci spieghi anche che tipo di appoggio ci darebbe e con quali argomenti in seguito. La situazione è serissima: personalmente credo che dobbiamo volere che il governo resista più a lungo di Bush, che consolidi rapporti in Europa per il rientro (ad esempio) dall'Afghanistan. Una volta raggiunti questi «obiettivi intermedi» si può discutere di modifiche del governo. E intanto si sarà visto quale sia la reale forza dei due grandi partiti virtuali che occupano un dilatatissimo «centro» tutto democratico, tutto moderato, tutto riformista. Se non siamo capaci di vedere lo spazio culturale, sociale, politico che resta a sinistra e non mettiamo in opera tutte le nostre capacità compositive e di raccordo, può capitarci - meritatamente - di scomparire dalla storia.

Lidia Menapace

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