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Accadra' in gennaio

(29 Novembre 2007)

Accadrà in gennaio: verifica, consultazioni, rimpasto, il tutto nella più nobile tradizione dorotea, tradizione così compiutamente acquisita dalla cosiddetta “sinistra radicale”, al punto da far pensare di appartenerle dalle origini.

Intanto, per dirla volgarmente, si “allungherà il brodo”, stringendosi i lacci di una riforma elettorale ormai proiettata verso la forzatura del bipartitismo (avete una idea dell'indice di distorsione nel rapporto voti/seggi che fornisce il sistema spagnolo: presto detto, all'ingrosso, chi traguarda il 30% avrà un 20% di seggi in più; chi starà sul 10% dimezzerà la propria potenzialità di rappresentanza, salvo concentrare i propri voti in pochi collegi come possono fare soltanto i partiti cosiddetti “etnoregionalisti”. Insomma, per chi rappresenta un'idea generale “spalmata” sul piano nazionale, il rischio vero è quello di avere poco più del famigerato “diritto di tribuna”) e una revisione costituzionale, modellata su quella varata dal centrodestra in chiusura di legislatura 2006 e poi bocciata dal referendum.

Quello che sorprende è il fatto che nessuno (nemmeno i “maitre a penser” del Manifesto, al di là di qualche sparata estemporanea) tenti di rivisitare criticamente, fino in fondo, questa disastrosa esperienza di governo (uno dei più begli esempi di governo di sinistra che usa le armi della destra..).

Una esperienza disastrosa che pure poteva essere facilmente prevista, anche senza essere Cassandre impenitenti.

Allora, molto in breve, la nostra proposta è questa: aprire una discussione di fondo su 3 punti:

a) sul piano dei riferimenti teorici, in relazione all'assunzione della centralità dell'impresa capitalistica quale soggetto fondante per qualsivoglia ipotesi di progetto economico – sociale. E' possibile allearsi con soggetti politici che si muovono sulla base di questo tipo di impostazione, e come si può contrastare, nella società e nelle istituzioni, questa vera e propria deriva?

b) sul piano delle “forme della politica” (che, come è noto, sono “tutta sostanza”). E' possibile rappresentare, nella vita di tutti i giorni, una idea “altra” di politica che non sia quella legata alla mera governabilità delle istituzioni e alla sudditanza dello strapotere economico? Una “forma della politica” che sia, insieme, separata dalla mediocrità dell'esistente, sia capace di “volare alto” sul piano del progetto e, contestualmente, fornisca a chi la pratica una adeguata soggettività. Insomma: essere contro “questa politica” senza cadere nel qualunquismo, perché forniti di una robusta base ideologica e di una chiara visione dei rapporti sociali; c)sulla possibilità di rappresentanza di una sinistra alternativa che parta dall'opposizione: abbiamo elementi forti di dibattito su quella che è stata l'esperienza delle forze comuniste ed operaie nel '900: è possibile riprendere quei temi, individuare i nessi che hanno portato a determinate situazioni, rilanciare una identità?

L'ormai acclarato ed evidente fallimento dell'opzione governativista non deve lasciare, in Italia (ho volutamente escluso il quadro di riferimento internazionale per ragioni di economia del discorso, ma mi piacerebbe che qualcuno integrasse) posto ad una rotta disordinata, ma ad una ripresa delle ragioni di opposizione, non tanto a questo o a quel governo (come del resto sarebbe sacrosanto) ma ad un modello di politica e di società del tutto inaccettabile.

Savona, li 28 Novembre 2007

Franco Astengo

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