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(21 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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I timori di Uribe

(1 Dicembre 2007)

Quando, nel mese di agosto, Uribe ha nominato come intermediaria dello Scambio Umanitario la senatrice Piedad Córdoba ed ha chia mato il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Rafael Chávez Frías, allo stesso fine, nessuno poteva immaginare che in quel preciso istante il “fantasma” che tanta paura causa al presidente colombiano iniziasse i suoi preparativi per rilanciarsi, con forza centuplicata, sull’arena della politica nazionale ed internazionale.

La sola menzione di Marulanda o delle FARC-EP sui mezzi di comunicazione di massa del mondo intero faceva diventare a fior di pelle i nervi dell’arrogante mandatario, ed ancor di più lo tormentava il sapersi fautore involontario del ritorno trionfale dei figli di Manuel.

“Marulanda, Marulanda, voglio parlare con te…”, “Marulanda, ho ricevuto la tua lettera…”, “Uribe, lasciami andare a parlare con Marulan da”, “Marulanda, mandami un tuo rappresentante”: erano frasi pronunciate da Chávez nel programma Aló Presidente, e senza che questi lo sapesse, arrivavano alle orecchie di Uribe penetrando totalmente il suo cervello ed insediandosi nello stesso come un’eco ripetuta un milione di volte, a tutto volume, che non gli faceva dormire sonni tranquilli.

Ma la sua disgrazia non finiva lì. Era insopportabile che altri capi di stato e di governo, ONG, paesi Non Allineati, personalità del mondo della cultura, senatori democratici degli Stati Uniti, familiari dei detenuti in potere delle parti, chiese e persone di buona volontà vedessero che si stava dando la possibilità reale di concordare lo Scambio Umanitario tra le parti contendenti in Colombia, e che si congratulassero in tal senso.

Questa percezione tra gli amici dello Scambio si è accresciuta quando il Comandante Iván Márquez, a nome e su mandato del Segretariato Nazionale dell’Organizzazione Guerrigliera, è apparso al Palazzo di Miraflores nonostante i rischi che ciò implicava in materia di sicurezza. Solo Uribe ed il suo reazionario entourage hanno sbraitato e manifestato una stupefazione vicina al panico. Non può essere che un “terrorista” si meriti di essere ricevuto da un Capo di Stato, bofonchiava Uribe.

Le foto in cui Chávez abbraccia Márquez ed in cui Márquez regala freschi e bei fiori a Piedad, dimostrano che il volto delle FARC-EP non è quello delle fiere e che emana quel soave aroma delle rose di montagna. Era un piatto troppo forte per essere digerito da chi usa sempre gli epiteti di “terroristi”, “banditi” e “delinquenti”.

Poi è stata l’ora della visita di Chávez a Parigi. Il vecchio mondo ha sentito la voce bolivariana del nuovo mondo che nasce nella nostra America, come la pace sia imprescindibile per la Colombia e che Manuel e la sua guerriglia saranno protagonisti di primo ordine di quest’atteso parto.

Tutto ciò ha fatto saltare i nervi di quel terratenente dell’Uberrimo, che nella s ua folle disperazione, e con i timori propri dell’impotenza di frenare la guerriglia, ha revocato a Chávez e Piedad i loro incarichi credendo così di scacciare fantasmi che non se ne andranno, perché le FARC-EP sono una realtà palpitante che persegue e che otterrà lo Scambio e la pace per la Colombia. Ognuno ha le proprie paure, ma la storia non si può arrestare e darà ragione alla nostra lotta.

Rodrigo Granda,
membro della Commissione Internazionale delle FARC-EP

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