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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Emergenza salariale nel pubblico impiego

(3 Dicembre 2007)

Ormai lo dicono tutti: i salari in Italia sono troppo bassi. Lo dice la Banca d'Italia e la Confindustria, lo dice l’IRES (Centro Ricerche Economiche Sociali della Cgil) che, scoprendo l’acqua calda, denuncia che tra il 2002 e il 2006 ogni retribuzione in Italia ha perso potere d’acquisto per circa 2 mila euro. Ma soprattutto questa situazione la vivono sulla propria pelle tutti quei dipendenti pubblici che non arrivano alla quarta settimana del mese...

Una crisi salariale ulteriormente acuita dal cronico ritardo con cui vengono rinnovati i contratti pubblici: del settore pubblico è stato sottoscritto solo il contratto dei ministeriali, mentre agenzie fiscali, enti locali e parastato attendono ancora la sottoscrizione dei contratti scaduti oramai da 23 mesi!. E l’intesa di maggio sottoscritta da Governo e CGIL, CISL e UIL, cui i rinnovi contrattuali di comparto faranno riferimento, prevede aumenti pari a circa 60 euro netti (sic!), liquida 13 mesi di arretrati (tutto il 2006 e il mese di gennaio 2007) con 11 euro al mese di indennità di vacanza contrattuale, e, dulcis in fundo, prevede la triennalizzazione dei rinnovi contrattuali.

Ma l’elemento più sconcertante è che l’emergenza salariale diviene il pretesto da parte della Confindustria per rilanciare la solita ricetta, incontrando subito la disponibilità di CGIL, CISL e UIL: svuotamento del contratto collettivo nazionale e potenziamento del secondo livello di contrattazione (ovvero ancora meno soldi al salario contrattato nazionalmente a vantaggio della produttività). Insomma l’emergenza salariale per Confindustria e per CGIl, CISL e UIL, non si risolve agganciando la retribuzione al costo reale della vita, ma impoverendo ulteriormente i rinnovi contrattuali nazionali!!!

Ma come stanno realmente le cose?

Se oggi la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti (pubblici e privati) non arriva a fine mese questo avviene non certamente a causa del contratto nazionale, ma, al contrario, perchè gli accordi sindacali del 1992-1993 (la c.d. concertazione) hanno cancellato la scala mobile, cioè l’adeguamento automatico dei salari al costo reale della vita, ingabbiando i rinnovi contrattuali al meccanismo truffaldino dell’inflazione programmata che è meno della metà dell’inflazione reale.

Se realmente tutti questi signori (Confindustria, Banca d’Italia e CGIL, CISL e UIL) hanno a cuore (ma quando mai?) la sorte economica dei lavoratori, c’è solo una strada da percorrere: riconoscere il fallimento della concertazione e reintrodurre un meccanismo che riallinei i salari al costo della vita.

E tutto ciò mentre si riempiono le tasche dei dirigenti, e l’attuale governo discute se porre o meno il limite di 274.000 euro annui (ovvero 20.000 euro mensili!) come tetto alle retribuzioni dei dirigenti. E’ giunto il momento di risollevare la testa proprio a partire dai rinnovi contrattuali nel settore pubblico riaprendo la partita per i rinnovi dei contratti nazionali che si pongano l’obiettivo di andare oltre gli accordi siglati da CGIL, CISL e UIL.

La strada da percorrere è il rifiuto dei contratti al ribasso propostici dai sindacati di governo e nello stesso tempo costruire in ogni ente/ufficio/amministrazione delle piattaforme rivendicative e contrattuali alternative con gli obiettivi della difesa del contratto nazionale, della salvaguardia del potere di acquisto dei salari e l’allargamento del potere contrattuale.

Contro salari di fame e precarietà, rompiamo la gabbia della concertazione!

COBAS Pubblico Impiego
aderente alla Confederazione COBAS

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