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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Simboli e cose

(6 Dicembre 2007)

Se i simboli come e più delle parole hanno un significato la convocazione accelerata - quasi fosse un evento fatale o annunciato da un profeta - dell’assise di quella ‘‘Cosa’’ che ci si ostina a definire rossa può offrire iniziali riflessioni proprio dalla scelta del simbolo futuro. Cade l’ultimo filo, questo sì rosso, di falce e di martello che inni e odi e vite spese per ideali avevano celebrato e si dà spazio a un logo pubblicitario che sa di azienda sanitaria o centro estivo. La cancellazione dell’emblema storico, fuori da nostalgie museali, è la definitiva perdita dell’identità, il taglio delle radici di famiglia, l’esatto contrario della presunta conservazione della memoria di cui si riempie la bocca certa sinistra logorroica. E pare piuttosto in linea con quell’uomo senza passato che l’ulivismo diessino ha profuso per anni a piene mani.

Certo il grano non si miete più col falcetto, e l’Italia attuale è un paese a maggioranza di partite iva. Ma l’operaio pur minoritario, vessato, umiliato, abbandonato da Partito e Sindacato, esiste ancora per morire bollito come oggi a Torino dove, pur nell’atrocità della strage, Cgil, Cisl e Uil non fermano il lavoro né per protesta né per lutto. Avrebbero scontentato Luca Cordero. La presenza, la coscienza, l’orgoglio d’una classe che era l’essenza della Sinistra italiana sono certamente state disperse nei decenni passati anche grazie al revisionismo di Psi e Pci ma verso le nuove debolezze sociali di precariato e disoccupazione interni, migrazione straniera, peggioramento delle condizioni di vita la sinistra radicale di governo ha speso più parole che fatti. Quello che il popolo della Sinistra rossa e certamente i suoi politici di professione dovrebbero discutere e speriamo discuteranno sabato e domenica negli hangar fieristici romani è: cosa voglia fare la Cosa. E come.

Che non significa tanto se stare al governo o all’opposizione ma cosa fare quando si scelgono certe strade. In tal senso l’ambiguità di molte posizioni assunte da tutte le anime di quella che s’accinge a chiamarsi la Sinistra-l’Arcobaleno – auguri e complimenti per la fantasia – datano ben prima del maggio 2006, quando venne stilato il programmone che portò anche loro al governo. Stanno molto nel bertinottismo condito e infarcito d’ogni salsa dal pacifismo alle cento Nassyria, passando per spiritualismo, etica materialistica, movimentismo e sottogoverno da dicastero. E non si definisca questo zibaldone come pluralista, somiglia molto più a un “caos agitato” che dimentica i legami diretti con chi le lotte le fa e a cui si promettono, e non si mantengono, soluzioni e visibilità.

Quello in cui pervicacemente s’è distinta in questi anni la Sinistra di sinistra, e che dovrebbe essere motivo di riflessione e correzione, sono stati il presenzialismo, la voglia di passerella e di carriera che a parole dovevano servire a sostenere correnti ideali e movimenti - come ai bei tempi del Sol dell’Avvenir, della Resistenza, dell’Autunno Caldo e del Sessantotto – di fatto rappresentavano soprattutto l’ego personale, il proprio presente e l’ipotizzabile futuro di piccola casta della politica. Certi leaderismi riappaiono proprio quando si punta il dito contro i partiti di plastica dei Berlusca e Veltroni, ma si è certi che la nomenklatura dei Bertinotti-Diliberto-Pecoraro Scanio sia disposta a fare spazio a nuove rappresentanze che non siano delfini clonati o replicanti?

E si possano scegliere davvero esponenti di movimenti non autoreferenziali come tal Caruso? Se si parla di quali battaglie sostenere, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Già spingere perché si chiudano le vertenze di decine di categorie, si applichi una vera e severa legislazione antinfortunistica, s’abolisca la legge 30 restituendo dignità al lavoro, si cominci a opporre al carovita vertenze contro le aziende private e di stato che aumentano i costi dei servizi (utenze, trasporti, sanità), si applichi una vera equità fiscale. Non sembrano cose da poco se la Cosa vorrà affrontarle. La Sinistra di sinistra è minoritaria in Parlamento ma se proprio deve alloggiarci, non stia solo a presenziare e faccia pesare cuore e interessi dei ceti deboli senza specchiarsi e imbellettarsi per future parate regali.

6 novembre 2007

pubblicato su alternativ@mente.info

Enrico Campofreda

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