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Il bipartitismo unico

(14 Dicembre 2007)

“Il sole nero della malinconia”: così, qualche giorno fa Ida Dominijanni titolava sul “Manifesto” il suo articolo di analisi nel merito del rapporto Censis sullo stato dell'Italia nel 2007.

Riportiamo qualche frase: poltiglia di massa, indifferente al futuro e ripiegata su se stessa. Mucillagine inerte e inconcludente. Coriandoli individualisti che galleggiano solo per appagato imborghesimento. Aspirazioni senza scopo e senza mordente che separano e non uniscono. E, su tutto, istituzioni incapaci di riattivare processi di coesione sociale.

Sono citazioni testuali del rapporto che, stavolta, non risparmia né i sostantivi, né gli aggettivi per descrivere lo stato di vulnerabilità della società italiana.

La sola risposta possibile, per il Censis è “diventare minoranza, come diceva un filosofo, è l'unico progetto, se la maggioranza è diventata poltiglia”.

“Farsi minoranza”, “diventare minoranza”, “essere minoranza”: abbiamo visto concretamente a Torino, nella fonderia della Thyssen che cosa significa, oggi, nell'Italia che si avvia al “bipartitismo unico” (un ossimoro, evidente, ma che ritengo renda molto bene l'idea dello stato delle cose in cui ci troviamo).

Gli operai torinesi sono bruciati nello stesso modo in cui (scusatemi il ricordo di famiglia) bruciò mia zia nell'Ilva di Savona nel 1911: eterno dramma degli sfruttati e dei proletari, verrebbe da dire con un po' di enfasi retorica di troppo.

Ebbene: di fronte a questa tragedia le reazioni hanno dimostrato come gli operai siano ormai “minoranza”, non tanto sul piano numerico (questo ci può stare), ma sul piano dei valori che questa società esprime, sul piano delle relazioni politiche, sul piano della commercializzazione degli eventi (di qualsiasi natura) che svolgono i grandi mezzi di comunicazione di massa. Con la politica assente, capace ormai soltanto di farsi fischiare ai funerali (tanto poi per conservare i posti in Parlamento, ci penserà il “Vassallum”, la bozza Bianco e quant'altro).

Insomma: tra la “maciullaggine sociale” ed il “farsi minoranza”, ancora una volta interpretata dalla classe operaia, manca la politica.

La politica come visione”alta” della trasformazione sociale; la politica come idea della “rappresentanza definita socialmente” ( e questo mi pare un passaggio molto importante); la politica come “governo del possibile” in vista del futuro.

Ripartire, allora, dal “farsi minoranza” per recuperare la politica? Questo è il grande interrogativo, perché si tratta di un interrogativo che rimanda direttamente al soggetto. Quale soggetto può “farsi minoranza” e trasformare la politica? Abbiamo soltanto un esempio storicamente determinato, se vogliamo essere seri e discutere a fondo: quello della classe operaia dell'Occidente, quella “forte”, “stabile”, “concentrata”, capace in Italia, in Germania, in Francia di applicare la teoria delle “elite” e formare grandi partiti di massa. Il resto è “autonomia del politico” che genera professionisti del “chiacchierificio” ( badate bene: quest'ultima è una citazione gramsciana). Ci siamo molto arrovellati, nel corso degli ultimi 20 anni, sulla fine della classe operaia, dello intrecciarsi della “contraddizione principale” con altre, sulla “crisi dello Stato Nazione” come elemento fondativo di una “cessione di sovranità” che, poi, alla fine abbiamo visto verificarsi soltanto attraverso un processo di “finanziarizzazione” non solo dell'economia e della politica.

La “maciullaggine sociale” descritta dal Censis, ed il “farsi minoranza” degli operai di Torino, ci fanno pensare di dover reclamare qualcosa di diverso da queste analisi incerte: qualcosa di diverso, più “alto”, maggiormente proiettato nel futuro. Intanto, per fare qualcosa subito, cominciamo con il contrastare il “bipartitismo unico” che tutti i componenti del “cartel party” che si agita nello scenario italiano stanno contribuendo a mettere su, attraverso ignobili commedie. Un soggetto “di minoranza” rivolto ad una “minoranza”: serve questo, pensando alla rappresentanza della vecchia “contraddizione di classe” che rimane là , stagliata, sull'orizzonte di una storia possibile.

Savona, li 13 Dicembre 2007

Franco Astengo

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