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Una riflessione sul ruolo del sindacato

(13 Gennaio 2008)

Angeletti, Bonanni ed Epifani, i Qui, Quo Qua del sindacalismo confederale hanno minacciato lo sciopero generale qualora il governo non provveda a defiscalizzare le buste paga dei lavoratori.

Per quanti ancora credono ai nipotini di “zio Paperone” l’illusione che fosse una cosa seria è durata poco più di ventiquattr’ore perchè questo “sedicente sciopero” non si farà più: rinviato a data da destinarsi.

Ma posto che, anziché per finta, i confederali ( la distinzione tra CGIL, CISL e UIL è oramai superflua) facessero sul serio, credo si porrebbe realisticamente il problema non solo di non aderire allo sciopero ma anche di contrastarlo apertamente avviando una campagna di “verità” che evidenzi e denunci l’azione truffaldina che da qualche lustro viene portato avanti dal sindacalismo di regime.

Sul fronte padronale la Confindustria ha dimostrato di fare gli interessi dei padroni. Magari privilegia i più grandi ma riesce sempre a spuntare parecchio anche per i piccoli inprenditori. Altrettanto si può dire per le organizzazioni del commercio, dell’artigianato ed altre ancora. I risultati peraltro sono ben visibili e si leggono anche nelle ultime finanziarie del centro sinistra( persino più di quanto non abbia fatto il centrodestra).

Sul fronte del sindacato dei lavoratori abbiamo due fenomeni: il sindacalismo di base che è coerente con la funzione che le è propria ma che, sia perchè è boicottato istituzionalmente e sia perchè è diviso non riesce a decollare ed ottenere risultati apprezzabili o quanto sarebbe necessario a dare fiducia nella lotta ai lavoratori. Poi abbiamo il fenomeno del sindacalismo confederale che da almeno un ventennio a parole dichiara di fare gli interessi dei lavoratori ma nei fatti, con la concertazione, ha fatto prevalentemente gli interessi dell’altra parte. E’ incontestabile che mentre sono cresciuti i profitti delle imprese grazie alla cosiddetta “produttività” sono diminuiti e di molto i salari e la loro capacità di acquisto. Il sostegno di CGIL,CISL UIL alle privatizzazioni e liberalizzazioni ha fatto crescere il lavoro precario, il lavoro nero e le condizioni di lavoro – compresa la sicurezza – sono ulteriormente peggiorate. Si sono preoccupati più di farsi carico delle vere o presunte compatibilità delle imprese che di sostenere le famiglie dei lavoratori. Adesso, di fronte al riconoscimento del fallimento della loro politica reso evidente, ironia della sorte, dalla denuncia di Confindustria e Banca d’Italia sui bassi salari altro non sanno fare che chiedere l’intervento del governo ben sapendo che non sarà altro che un palliativo che i lavoratori pagheranno nel breve periodo attraverso l’aumento dei prezzi e delle tariffe dei servizi: dalla sanità, alla scuola, ai trasporti. Ai Quo, Quo, Qua non passa nemmeno per l’anticamera del cervello che il loro compito non sarebbe quello di rivolgersi prioritariamente al governo bensì ai padroni rivendicando aumenti salari più seri dei “quattro euri” distribuiti in “enne” anni che fanno bella mostra in tutti questi anni nelle piattaforme contrattuali!

Mi sono chiesto le ragioni di una tale deriva sindacale e la risposta che mi sono data alla fine è stata la seguente. Per CGIL, CISL e UIL non si può più parlare di sindacato. Si tratta oramai di aziende ( malignità vorrebbe suggerire loro di iscriversi a Confindustria) il cui scopo è principalmente la fornitura di servizi uno dei quali è anche fare contratti di lavoro. Il Patto per l’Italia sottoscritto da Pezzotta ed Angeletti con il governo Berlusconi accettato di fatto poi dalla CGIL, l’accordo sul TFR con la gestione dei fondi, l’impostazione dell’accordo di luglio sullo stato sociale sono la riprova di quanto sopra e di come le loro sedi siano diventati uffici periferici dell’apparato governativo.

C’è bisogno in Italia di un tale soggetto sindacale che rischia di assomigliare a quello che c’era nel ventennio fascista?

Io credo di no. Credo invece che in Italia per i lavoratori ma in genere per la stessa democrazia sia utile la presenza di un sindacato di classe, non concertativo anche se non settario e quindi disponibile anche alla mediazione. Lottare per tornare a dare ai lavoratori un simile sindacato le cui conquiste, nonostante i tanti attacchi, ancora resistono è anche la premessa indispensabile per fare risorgere la sinistra tanto pesantemente sconfitta quanto, pur tuttavia, necessaria alla democrazia come l’aria che respiriamo.

Lucio Costa

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Commenti (1)

Salari, pensioni ed… ideologie per imprigionare speranze e sogni.

Nell’ultimo periodo si dibatte molto sulla perdita del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, del fatto che i lavoratori dipendenti non arrivino alla fine del mese.
Si parla anche tanto dell’aumento delle percentuali di cittadini, ormai nella fascia di povertà.
Ne parlano Banca d’Italia, Confindustria, governo, forze politiche e sindacati.
Tutti si dicono preoccupati.
Ma questa preoccupazione è reale o solo ideologica?
L’unica realtà certa è che le lavoratrici ed i lavoratori, le pensionate ed i pensionati sono tormentati dall’angoscia del denaro che non basta mai per vivere una vita decente.
L’angoscia opprime chi cerca lavoro e non trova quasi mai un lavoro stabile, chi un lavoro ce l’ ha, ma non basta per vivere serenamente, anche con più stipendi, chi in quiescienza vede ogni giorno di più diminuire il potere d’acquisto della propria pensione.
Tutto ciò mentre i mass-media inneggiano ai ricchi ed alle loro spese, che vengono mostrate senza alcun pudore.
Il calo del potere d’acquisto di salari e pensioni è avvenuto in anni, come gli ultimi, in cui i profitti delle imprese hanno raggiunto cifre record.
In tutta la storia del capitalismo mai si erano raggiunti livelli tali di profitto.
Questa realtà mostra chiaramente come salari e profitti siano antitetici e non possano mai superare il loro contrasto.
L’incompatibilità tra le forze produttive ed i rapporti di produzione nel sistema capitalistico si mostra in modo chiaro.
I ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri!
Dimenticando o facendo finta di dimenticare la dimensione socio-economica in cui viviamo Banca d’Italia, Confindustria, governo, forze politiche e sindacati sembrano afflitti dalla condizione dei lavoratori e dei pensionati.
Sembrano, perché ognuno di loro, a volte insieme, sta giocando una partita, che non migliorerà la condizione dei cittadini che lavorano o sono in quiescenza.
Così come il “Protocollo” non ha migliorato le aspettative dei senza lavoro, dei licenziati, degli occupati, dei pensionati, ma ha “sancito” una realtà contro la quale, a parole, si erano dichiarate alcune forze politiche ed i sindacati; con gli scioperi la classe lavoratrice.
Se i salari e le pensioni sono così bassi, in questo caso non esiste l’Europa e non si prendono a riferimento i salari inglesi, tedeschi, olandesi, la colpa è di quelle forze politiche e dei sindacati che hanno attuato dal 1993 ad oggi la cosiddetta “politica dei redditi”, pur di salvaguardare i profitti.
E non risulta che nei contratti, ancora da rinnovare, vi siano state richieste di aumento tali da affrontare il problema.
Tutta questa discussione ci rimanda alle ipotesi di riforma della contrattazione ed all’ipotesi del ritorno al particolarismo aziendale, da cui i lavoratori, le lavoratrici non hanno alcunché da guadagnarci.
L’economia italiana si basa su rare grandi aziende.
Più del 95% delle imprese sono piccole o piccolissime e competono sui mercati su prodotti di economia matura, vedi il tessile ed il calzaturiero, con bassa incidenza tecnologica.
Esse hanno necessità di avere mano libera sul mercato del lavoro e sui salari per poter concorrere con le nuove economie.
Le riforme del mercato del lavoro degli ultimi anni ed i salari legati alla produttività hanno riportato la classe lavoratrice italiana indietro, fino al dopoguerra, come condizioni di lavoro, ma hanno giovato ai “padroncini”.
Il particolarismo aziendale, le gabbie salariali, la renderanno ancora più succube e schiava del profitto.
Per i “capitalisti senza capitale” ed i loro rappresentati anche nel sindacato, ricordiamo che lo strumento sindacale è essenziale per la difesa degl’interessi dei lavoratori, ma va diretto dai lavoratori stessi, altrimenti viene utilizzato contro essi, la gestione libera della forza lavoro fa sì che le “boite” possano continuare ad esistere e prosperare, allontanando il processo di centralizzazione e concentrazione del capitale, che abbia come conseguenza lo sviluppo di medie e grandi imprese ad alto contenuto tecnologico.
Un aumento forte dei salari e delle pensioni sarebbe di rottura per la realtà attuale dell’economia italiana e spingerebbe alla produzione di manufatti a più alto contenuto tecnologico.
Ma non si vuole questo.
Per questo motivo si chiede allo Stato d’intervenire sulla tassazione, che non porterà grossi vantaggi, ma almeno darà copertura ideologica ai nuovi accordi “di ritorno al passato”.
Al di là delle chiacchiere le lavoratrici ed i lavoratori, le pensionate ed i pensionati, i senza lavoro si dovranno scontrare con una realtà dura ed angosciante.
Per questo motivo è necessario prendere coscienza e non delegare.
E’ necessario essere protagonisti e non spettatori.
“Non dobbiamo mai smettere di cercare ciò che amiamo per non accontentarci di ciò che troviamo!”
E’ nostro diritto avere un lavoro, una casa, una vita vera a qualsiasi età!
La vita è bella e merita di essere goduta!

“L’uomo per natura è libero, e uguale a qualunque altro della sua specie.
Ma nello stato di società non è così.”

Da “La strage delle illusioni” di Giacomo Leopardi.

“La libertà materiale e la libertà spirituale sono intimamente legate l’una all’altra.
La civiltà presuppone uomini liberi, perché soltanto da uomini liberi essa può venire concepita e realizzata.”

Da “Rispetto per la vita” di Albert Schweitzer.

(13 Gennaio 2008)

Iuppiter

iupiter10@hotmail.com

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