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Addio compagne

Addio compagne

(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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    Governo e prospettive. Il Prc, il Pdci e la sinistra.

    (19 Gennaio 2008)

    Come volevasi dimostrare, la motivazione con cui Bertinotti, Giordano e la segreteria del Prc hanno annullato e rinviato il congresso già in corso ha retto solo per i pochi giorni delle vacanze di Natale, quando l’attenzione politica è calata. Alla ripresa del nuovo anno e alla prima prova dei fatti la favoletta di Babbo Natale che ci era stata raccontata si svela per quella che è. Del resto, faceva già acqua da tutte le parti. Si è rinviato il congresso – ci è stato detto – per fare una consultazione dentro Rifondazione rispetto alla nostra presenza nel governo. Certo la volontà di fare una consultazione andrebbe apprezzata se fosse sincera. Ma già qui c’è qualcosa che non funziona. Se si fosse voluto fare davvero una consultazione seria nel partito sul governo sarebbe bastato fare il congresso, che per sua natura prevede regole precise e democratiche di discussione, di partecipazione e di decisione degli iscritti, peraltro su una linea – quella dell’ingresso al governo – scelta al congresso precedente. Ora dalla prima Direzione dopo quel Comitato Politico Nazionale che ha rinviato il congresso, si apprende che la consultazione, come ampiamente previsto, è una vera e propria farsa. La piattaforma del confronto col governo c’è già e non solo non si capisce dove e con chi sia stata elaborata, ma non è stata portata e distribuita nemmeno alla riunione della Direzione. Non è stata costruita con gli iscritti né col gruppo dirigente del Prc ma con Mussi, Diliberto e Pecoraro Scanio, alla faccia della democrazia partecipata e del rapporto con i movimenti (…è la “federazione” della Sinistra, bellezza !). E’ persino una piattaforma segreta che conosce solo Giordano (forse). Si sa solo, da alcune dichiarazioni alla stampa, che è una piattaforma omnicomprensiva, che potrebbe apparire come più completa ma che, non precisando quali sono i punti qualificanti e dirimenti per proseguire oppure no l’impegno nel governo, consegna mani libere a pochissimi, forse al solo Bertinotti, per poter decidere per tutti.

    E’ sconcertante! Noi siamo per valorizzare tutte le sensibilità critiche rispetto a questa catastrofe del gruppo dirigente del Prc, rispettando anche punti di vista diversi dal nostro. Ciò che non siamo, però, disposti a fare è farsi prendere in giro. Ci vuole un minimo di logica. Come si suol dire: non si può mettere il cervello all’ammasso, questo no!

    La verità è un’altra, ma bisognerebbe avere il coraggio di dirla tutta e di confrontarsi limpidamente e politicamente. Il gruppo dirigente del Prc, innanzitutto Bertinotti (che non ha messo il cervello all’ammasso), sa benissimo che è completamente fallita la linea di Venezia della partecipazione del Prc al governo, ha capito che si sono rivelati completamente sbagliati i due principali presupposti (la crisi del liberismo e la permeabilità del centro-sinistra ai movimenti), vede però che ormai i guai sono fatti, che c’è nel Paese una profondissima, irreversibile crisi di fiducia del governo Prodi che coinvolge drammaticamente anche il Prc – che è ai minimi storici nei consensi elettorali – e pensa, legittimamente, che l’unica via di uscita da questa catastrofe sia quella di mettersi assieme, anche nella presentazione alle elezioni, alle altre forze di sinistra, soprattutto dopo la novità della separazione della sinistra Ds dal Partito democratico. Anche per nascondere meglio le prossime prevedibilissime e drammatiche sconfitte elettorali. Per questo, prima di mandare in crisi il governo Prodi, si vuole fare una nuova legge elettorale per costringere per legge a fare la Cosa rossa, la cosiddetta Sinistra Arcobaleno, prima una coalizione elettorale e poi un partito unico con chi ci sta. In tutto questo ultimo ragionamento per uscire dalla crisi che ha una sua logica e qualche fondamento oggettivo, tuttavia, il gruppo dirigente del Prc, e innanzitutto Bertinotti, sbaglia di nuovo dopo l’errore di Venezia, probabilmente abbagliato dal desiderio un po’ nostalgico e tutto ideologico di ricostruire un nuovo partito della sinistra socialista piuttosto che un nuovo partito comunista. Al di là di ogni altra considerazione storica, teorica, internazionale, e al di là del fallimento possibile e auspicabile dell’ultima carta in mano a Bertinotti (che è la nuova legge elettorale con uno sbarramento alto), assieme all’auspicabile fallimento del quorum nell’ennesimo referendum ultra-maggioritario, sarebbe bene considerare che un nuovo partito della sinistra socialista non ha spazio in Italia, stretto com’è fra la forza di attrazione a sinistra che ha il Partito democratico guidato da una pluralità di immagini che si presentano “sinistre” (da Walter Veltroni a D’Alema a Prodi) e il nuovo partito socialista di Boselli e Angius, che si caratterizza più di Bertinotti e Mussi sul tema della laicità, così sentito dalle giovani generazioni, come i fatti della Sapienza dimostrano.

    Se c’è uno spazio elettorale, politico, organizzativo a sinistra questo sta nei popoli del 9 giugno (contro Bush) e del 20 ottobre, nelle centinaia di migliaia di persone scese a manifestare sotto le bandiere comuniste, antagoniste e su contenuti sociali avanzati. Un movimento prodotto della crescita vertiginosa dell’ingiustizia e del malessere sociale. Se il Prc e il Pdci si alleassero attorno a contenuti comuni avanzati (più semplici da trovare rispetto a Sd e Verdi, come si è visto su tutti i temi sociali principali) e sotto uno stesso simbolo elettorale (quindi senza abbandonare la falce e martello con tutto ciò che ne conseguirebbe), con un approccio non testimoniale e nostalgico, ma moderno, unitario e aperto a tutte le forze critiche, politiche e sociali, dalla Fiom alla sinistra Cgil alle forze critiche e ai movimenti che hanno realizzato con successo la manifestazione del 9 giugno, e aperto anche alle forze e a personalità di tradizione comunista presenti largamente in Sd e in altre piccole associazioni della Sinistra Arcobaleno, ci sarebbero le condizioni per superare il pericolo di essere spazzati via, prima elettoralmente e poi socialmente, dagli errori clamorosi del gruppo dirigente del Prc e per costruire, su una base non minoritaria e testimoniale ma di massa, un nuovo soggetto politico unitario e plurale della sinistra comunista italiana, radicato socialmente, interno ai movimenti e capace di rapporti unitari con le altre forze di sinistra e democratiche.

    Bologna, 17 gennaio 2008.

    Leonardo Masella (dell’Esecutivo Nazionale dell’Ernesto)

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