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(23 Gennaio 2008)
Se la mossa che lo porta a decretare la fine del Prodi due non è qualcosa che ha a che fare con la vendetta, la quale si sa va consumata fredda, Clemente Mastella non ha azzoppato il governo del centrosinistra come reazione agli arresti domiciliari della consorte, che hanno determinato le sue dimissioni da ministro. Magari lo afferma ma mente sapendo di mentire. Mastella ha ritenuto conclusa una fase politica rilanciando il motto che l’ha reso celebre da un ventennio, quand’era poco più che un portaborse demitiano della prima Repubblica. “Sto con chi mi tratta meglio” e in questa spicciola filosofia dell’utilitarismo - anticamera di favoritismi e iperpatteggiamenti che nel tempo producono quei guai giudiziari cui deve far fronte il partitino di famiglia - c’è l’essenza profonda dell’animale politico irpino. Chissà quali mirabìlie deve avergli fatto balenare davanti agli occhi l’imperatore di tutte le campagne acquisti calcistico-televisivo-politiche Silvio Berlusconi.
Nell’attuale bagarre di Palazzo Madama il jolly di Ceppaloni vale più di Pato sul manto del Meazza, manco avesse vent’anni. E il Cavaliere deve averlo coccolato e lusingato per due giorni come solo lui sa fare se il cellulare dell’ex ministro non rispondeva alle ansiose chiamate di Prodi. La crisi Mastella l’ha comunicata per lettera al premier e questo sì ha il sapore di schiaffo vendicativo, successivo pure al recente libero sfogo parlamentare antimagistrati. Dopo il gesto ribellistico di Bossi contro l’uomo della P2, quello coerentissimo di Bertinotti vero il primo governo Prodi, ecco il terzo sgambetto a una coalizione che la fase più instabile della storia della Repubblica va decretando. E al di là se saranno elezioni anticipate col “Porcellum” o governo tecnico pluriflebizzato ciò che risalta è una sempre più asfissiante e defatigante tattica del ricatto che fagocita l’attuale politica. Una politica che ha perso ogni maiuscola oltre che ogni senso civile e rispetto dei bisogni della collettività.
Prigioniera com’è dei protagonismi delle comparse, dei capricci delle mezzefigure. Non solo un Mastella ma finanche un Dini, un Manzione o un Rossi dei voti passati possono mettere in ginocchio i governi, complici leggi elettorali di carta velina tenute ancora in piedi da emergenze create ad hoc. Però se non ci fosse stata l’impuntatura al cianuro di Clemente pensate che i partititi avrebbero trovato modo di sanare l’incongrua situazione dei particolarismi tenuta in piedi da maggioritari misti all’italiana e proporzionali senza proporzione? Si sarebbero proposti nuovi pateracchi o un Referendum dall’odore di favoritismi autoritari in fatto di recupero di percentuali. E sconcerta – anche se non è una novità e ormai se ne fa l’abitudine – che di fronte al momento grave, il Mastella miles gloriosus lanci il suo personalissimo ricatto infarcito di nuove prebende da riscuotere. Starà con chi lo sopravvaluterà, ancora una volta, a Destra come a Sinistra. Nel Paese dove l’intimidazione e l’inciucio sono le migliori armi della politica.
22 gennaio 2008
Enrico Campofreda
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