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(5 Febbraio 2008)
1. Il Governo Prodi è caduto! Francamente non ne sentiremo la mancanza. E non la sentiranno in parecchi (tra cui molti di quegli uomini e quelle donne che, nell’Aprile 2006, avevano votato per la coalizione dell’Unione): venti milioni di lavoratori sotto pagati, cinque milioni di famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine mese, prezzi alti come in Germania e salari bassi come in Grecia.
E’ un fatto! Nella sua breve vita questo governo ha dimostrato di fare moltissimo per le imprese e molto poco per operaie, operai, lavoratrici e lavoratori.
Ha governato anticipando lo scippo del TFR, tagliando le pensioni e aumentando l'età pensionabile; ha accelerato la privatizzazione dei beni comuni come l'acqua ed è rimasto immobile di fronte agli aumenti delle tariffe, della benzina, della luce e del gas. Ha persino introdotto nuovi ticket sanitari.
Ha rifinanziato le missioni di guerra in Afghanistan ed in Kosovo e ne ha deciso una tutta nuova in Libano. Ha aumentato le spese militari; ha autorizzato, fregandosene del Parlamento, la costruzione di una seconda e più grande base americana a Vicenza; ha mantenuto l'accordo di cooperazione militare con Israele e la partecipazione italiana all'embargo contro il popolo palestinese.
Ha mantenuto ed aumentato i privilegi economici alla Chiesa cattolica (come l'esenzione dall'ICI), non ha abrogato nè la legge Biagi, mantenendo la precarietà, né la Bossi-Fini mentre invece ha cercato (ed in parte v’è riuscito) di introdurre nella legislazione italiana norme di sicurezza razziste ed il reato di povertà.
Con le finanziarie del 2007 e del 2008 ha proseguito la politica berlusconiana di trasferimento di risorse dai salari ai profitti e alle rendite finanziarie, chiedendo sacrifici immediati ai lavoratori (a fronte di promesse i cui effetti sono ancora tutti sulla carta).
Solo un po' di carità per gli incapienti e le, oramai poche(!), famiglie numerose. Se risanamento dei conti pubblici c'è stato, esso è stato pagato ancora una volta dalle lavoratrici, dai lavoratori ed, in generale, dai ceti medio-bassi in generale.
2. Il governo Prodi è caduto! Ciò, al di là di tutti gli aspetti congiunturali (leggasi l'arresto della moglie di Mastella o le dichiarazioni di Veltroni sull'atteggiamento del PD alle prossime elezioni), mostra ancora una volta l'incapacità delle rappresentanze politiche del Capitale ad uscire da una crisi economica e politica che si è sviluppata ben oltre le loro possibilità di controllo.
L'unica soluzione, che sia Veltroni che Berlusconi offrono al Capitale e di cui si contendono la guida politica, è quella di far pagare la crisi economica alle lavoratrici ed ai lavoratori, attraverso un attacco feroce all'occupazione, ai diritti ed al salario, attraverso un'esemplificazione durissima della capacità repressiva dello Stato contro le lotte e la resistenza allo sfruttamento, con l'obiettivo dichiarato di mantenere dipendente il salario ed indipendente il profitto.
Entrambi hanno risposto alle esortazioni sempre più pressanti di Montezemolo e Confindustria mettendo a punto, assieme, una nuova legge elettorale che recepisce in buona parte le richieste del Referendum promosso da Mario Segni: Veltroni la lega ad un "governo di responsabilità nazionale", Berlusconi la rimanda al nuovo Governo.
Si tratta comunque di una strada tutta politicista che mira a ridurre spazi di democrazia, con l'obiettivo esplicito di ingabbiare le lotte, la resistenza, le aspirazioni al cambiamento, in nome di una competizione sempre più bipolare, se non addirittura bipartitica.
Non c'è democrazia laddove una minoranza pretende di poter decidere come fosse maggioranza! La stabilità di governo assunta come valore e non come opportunità rappresenta soltanto la rincorsa verso la conservazione del potere, verso una politica dalle mani libere anche sotto il profilo etico-morale ed affrancata da ogni controllo democratico.
3. Il governo Prodi è caduto! Da questa esperienza, ne esce sconfitto un ceto sindacale confederale inetto che, in nome del "governo amico", si è fatto paladino delle compatibilità con Confindustria, ha soffocato le lotte dei lavoratori, ha ridotto al minimo le richieste salariali - pochi euro in tanti anni -, ha negoziato accordi penalizzanti come quello sul Welfare. Le tantissime morti sul lavoro non possono non essere considerate il frutto anche di questa politica sindacale!
Ad essere sconfitta è anche la sedicente "sinistra radicale" che, prima fra tutti, ha svenduto le speranze delle lavoratrici e dei lavoratori in cambio di un ruolo di secondo piano nel teatrino della politica!
Di fronte al fallimento dell'illusione di poter influenzare, "da sinistra", un esecutivo completamente subordinato ai poteri forti del capitalismo italiano, bisognerebbe aprire una seria riflessione sulla fine degli spazi di agibilità per le ipotesi socialdemocratiche di cogestione della crisi. E, invece, il progetto fallimentare della Cosa Rossa, in crisi ancora prima della sua nascita, sta già lasciando dietro di sé un esercito di militanti delusi e passivizzati, senza prospettive politiche.
4. Ma non tutti hanno ceduto alle lusinghe e ai tentativi di corruzione! Non tutti hanno accettato la logica del regime bipolare né sono disponibili ad accettare di tutto, anche il peggio, per paura del "ritorno" di Berlusconi!
Le manifestazioni di Roma in occasione della visita di Bush in Italia e di Vicenza contro la nuova base Usa, le manifestazioni dei Metalmeccanici, le lotte in Campania contro le discariche e gli inceneritori, così come tante altre mobilitazioni popolari, compresa anche quella del 20 ottobre imposta ai dirigenti de PRC e PDCI dai loro militanti di base, hanno dimostrato che c'è una vasta rete di movimenti di massa, forze sindacali non concertative, di strutture popolari di base, di lavoratrici e lavoratori coscienti che ha espresso la propria autonomia da Padroni ed Istituzioni, che ha continuato a resistere alla prevalenza degli interessi del Capitale anche quando si è fatta rappresentare dal Governo della borghesia "illuminata" (quale ha cercato di essere il governo Prodi).
Si tratta di una rete le cui rivendicazioni ed i cui bisogni (lavoro, salario, salute, servizi sociali, ambiente, pace) devono essere il centro dell'azione di agitazione e di lotta che le forze politiche del movimento comunista dovrebbero sviluppare in un periodo di crisi politica istituzionale come questo. Ma tali forze politiche sono ancora, purtroppo, divise e frammentate, e perciò rischiano di rimanere un semplice insieme di microorganizzazioni cristallizzate ed autoreferenziali (senza possibilità di evolvere verso forme più avanzate e più rispondenti alle necessità che il conflitto di classe impone).
Se queste dimensioni organizzative potevano avere una loro ragion d'essere quando rappresentavano la "sinistra della sinistra" - mentre il corpo centrale rappresentativo della classe era costituito nei partiti e nei sindacati "storici" - in quanto esercitavano la funzione di pungolo e di ostacolo alla deriva revisionista dei partiti storici della sinistra, oggi questa funzione non solo non è prioritaria, ma addirittura oggettivamente "conservatrice".
Oggi, la maggior parte della classe non è organizzata e rischia di perdere coscienza di sé e della sua potenziale forza di cambiamento. Oggi i partiti storici della sinistra non esistono più. Oggi la fase politica è fortemente cambiata.
5. E' necessario un forte salto in avanti attraverso un programma di lotta incentrato sugli interessi popolari e di classe; vanno riunificate le avanguardie reali della classe, le energie migliori del movimento sindacale e dei movimenti di lotta in un’organizzazione politica comunista che sia veramente un "Partito nuovo" e non l'ennesimo "nuovo partitino".
I lavoratori ed i movimenti popolari hanno bisogno di avere un’organizzazione politica, non, decine di organizzazioni!
Il nostro è quindi un appello ad avviare, insieme, questo processo. Un processo che abbia, alla sua base, l'Unità delle comuniste e dei comunisti, cioè di quante/i lavorano per l'organizzazione indipendente del proletariato come strumento di trasformazione sociale, per il ribaltamento dei rapporti di forza tra le classi, per l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo a qualsiasi titolo, e della schiavitù del lavoro salariato, per la riappropriazione sociale dei beni comuni.
Siamo consapevoli che si tratterà di un processo lungo, tutt'altro che semplice, e che richiederà necesseriamente (per un certo periodo) una fase "costituente". Siamo però convinti che i tempi siano maturi per cominciare questo percorso comune di speranza e di riscossa.
COORDINAMENTO PER L’UNITA’ DEI COMUNISTI
http://www.coordinamento-comunisti.it
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