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(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

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Il fallimento della sinistra di governo

E ora ripartiamo dalle lotte di opposizione (e da un possibile blocco elettorale a sinistra della "cosa rossa" governista)

(5 Febbraio 2008)

Mentre scriviamo queste righe non è ancora certo l'esito della crisi, anche se ormai pare largamente probabile un ritorno a breve alle urne. In ogni caso, gli esiti possibili (governo pre-elettorale o elezioni a breve) non cambieranno la sostanza delle cose dal punto di vista delle classi subalterne. Proviamo allora qui a riassumere il nostro punto di vista (già sviluppato in due dichiarazioni del nostro Comitato Centrale pubblicate sul nostro sito web), anche precisando quella proposta elettorale, da noi avanzata nei giorni scorsi, che è stata sintetizzata giornalisticamente da alcuni organi di stampa (Repubblica).

1. Quando nell'aprile del 2006 con altre centinaia di militanti abbiamo dato vita alla prima scissione dal Prc (a cui sono seguite, analoghe per dimensioni, quella di Ferrando e di Sinistra Critica) era impopolare fare previsioni su quale sarebbe stato l'esito della nuova partecipazione al governo dei principali partiti della sinistra. Quando dicevamo che per due secoli (e in condizioni sociali più avanzate) non si è data una sola esperienza progressiva di governo comune di borghesi e operai, ci veniva risposto che era necessario fare la "prova del budino". Quando replicavamo che il cucchiaio è stato affondato infinite volte nel budino di governo e ogni volta il movimento operaio si è allontanato da una prospettiva di alternativa strategica -e ha dovuto persino rinunciare a piccole riforme- ci veniva risposto che la forza dei movimenti avrebbe stavolta fatto la differenza. La parola d'ordine era: "nasce una grande svolta riformatrice".

2. La "grande svolta riformatrice" è finita come sappiamo: tra sputi e ministri inquisiti. Non senza averci fatto passare per due anni di attacchi senza precedenti ai lavoratori, ai disoccupati, agli immigrati. Non è il caso di compilare una lista che ogni lettore del manifesto conosce e che è riassumibile in poche parole. Prodi ha avviato una duplice guerra: militare, in un rilancio dell'impegno neocoloniale dell'imperialismo italiano; sociale, contro le condizioni di lavoro e di vita di milioni di salariati e disoccupati. Quanto ai movimenti: proprio la sinistra al governo ne ha ostacolato la crescita.

3. Non contenti del budino avvelenato con cui hanno sfamato i lavoratori, i dirigenti di Rifondazione ci stanno spiegando in questi giorni che la "grande redistribuzione sociale", che hanno annunciato per due anni, in realtà era proprio dietro l'angolo, bastava aspettare qualche giorno: se non c'e stata non è a conferma della legge storica dell'inconciliabilità tra gli interessi di classi mortalmente nemiche ma a causa dei problemi giudiziari di Mastella e di sua moglie Sandra e della congiura di settori borghesi desiderosi di far fallire il piano degli astuti riformisti di governo.
Le cose non stanno così e si capisce vedendo le reazioni compatte di Confindustria, Chiesa (e financo Confcommercio) che chiedono "disperatamente" (Montezemolo) un rinvio delle elezioni. E lo fanno non solo perché esigono una legge elettorale che renda più stabili i governi di alternanza e dunque più efficaci le loro politiche contro i lavoratori. Lo fanno anche perché una buona parte dei grandi industriali e dei banchieri continua a preferire il centrosinistra e vuole salvarlo dal fallimento certo in elezioni immediate. Perché solo il centrosinistra si è dimostrato in grado di garantire lo sviluppo dei profitti e l'inasprimento dello sfruttamento operaio nella "pace sociale", con un crollo delle ore di sciopero: grazie al ruolo di cuscinetto svolto dalle burocrazie sindacali e politiche.
Ciò che preferisce oggi la grande borghesia non è dunque un ritorno di Berlusconi (a cui pure si adeguerebbe, se necessario) ma piuttosto il rilancio di una nuova coalizione tra il Partito Democratico di Veltroni e il futuro partito socialdemocratico che dovrebbe nascere dalla "cosa rossa". Di qui lo spazio e l'attenzione dedicati da gran parte della stampa borghese ai primi passi della riunificazione delle forze socialdemocratiche (Prc, Sd, Pdci, Verdi) le quali stanno discutendo, in caso di elezioni a brevissimo termine, di una lista comune (probabilmente con i quattro simboli) che si candida, se vince il centrosinistra, a governare nuovamente con i banchieri; mentre nel caso (più probabile) di una vittoria berlusconiana, si preparerebbe alla successiva occasione di governo con la borghesia, nel frattempo continuando a governare con essa nelle grandi città e in tante regioni.

4. Chi voglia ragionare sulla "alternativa di sistema" deve guardare allora soprattutto fuori da quel parlamento che Rosa Luxemburg chiamava, con formula attuale, "pollaio della democrazia borghese".
La grande rivoluzionaria, uccisa ottant'anni fa da un governo socialdemocratico a cui si opponeva da sinistra, sosteneva che il ruolo dei comunisti nel capitalismo è sviluppare l'opposizione a ogni governo per preparare i rapporti di forza necessari a rovesciare questo sistema sociale e aprire la strada a un governo degli operai per gli operai.
E' una strada lunga e difficile ma, come si vede, non ci sono scorciatoie tra le poltrone vellutate del Palazzo. Il baricentro va ricercato nelle piazze e nei luoghi di lavoro, nella ripresa della conflittualità operaia che è stata soffocata in questi due anni per l'assenza di un grande sindacato di classe e di un partito comunista con influenza di massa. Occorre unire i lavoratori, i precari, i disoccupati, attorno a una piattaforma rivendicativa che rovesci tutte le politiche sociali e militari dei governi di centrodestra e centrosinistra che si sono alternati in questi anni.

5. Affermare che il baricentro della lotta di classe è fuori dal parlamento non significa precludersi la possibilità di utilizzare anche le prossime elezioni per propagandare una soluzione diversa alla crisi: una soluzione operaia.
Come Alternativa Comunista abbiamo avanzato fin dalle scorse settimane una proposta a tutte le organizzazioni che si collocano a sinistra della "cosa rossa" e che sono indisponibili a governare col Pd: nessuna di queste forze (dovrebbero riconoscerlo tutti, anche se qualcuno, inebriato da qualche comparsata televisiva, si dichiara "autosufficiente") è oggi in grado, da sola, di ottenere risultati elettorali visibili. Insieme è invece possibile: i nostri compagni del Pstu brasiliano (con cui condividiamo la costruzione della Lega Internazionale dei Lavoratori) lo hanno fatto alle scorse elezioni, candidando con altre forze anticapitalistiche Heloisa Helena in contrapposizione a Lula e al candidato del centrodestra.
Provarci non significa rinunciare ai rispettivi progetti: noi non condividiamo, ad esempio, i progetti di partito leggero, di semplici iscritti, a cui lavorano altri; o la diluizione dei comunisti in "reti anticapitaliste", come sta facendo la Lcr in Francia e in Italia Sinistra Critica, e proseguiremo nella costruzione di un partito di militanti impegnati in ogni lotta. Ma ciò non impedisce di formare un blocco elettorale attorno a un programma di opposizione di classe. Gli eventuali eletti si impegnino fin d'ora all'opposizione intransigente in parlamento (senza oscillazioni). In questo quadro, la presentazione elettorale potrà diventare un sostegno di una lotta che, ancora una volta, andrà condotta nei luoghi di lavoro e nelle piazze. Gli unici luoghi da cui può nascere una alternativa di sistema.

Francesco Ricci
Partito di Alternativa Comunista
Lega Internazionale dei Lavoratori - Lit

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