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(10 Agosto 2013) Enzo Apicella
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L'indagine Eurispes sugli aumenti dei prezzi

Le differenze "metodologiche" con le statistiche Istat

(8 Gennaio 2003)

Zucchine aumentate di prezzo in un solo anno del 64%. Ma costa di più anche l'acqua minerale (+48%).
E ancora, prezzi notevolmente più alti per pesce, carne e pelati, la pasta e il pane, cibi immancabili su tutte le tavole.
Che sull'introduzione dell'euro i commercianti abbiano fatto i furbi, si dice da tempo un po' dappertutto, ma l'Istat non ha dato mai soddisfazione, rilevando un rincaro degli alimentari, dalla fine del 2001, di un timido 3,8%.
Eurispes e Coaliziaone dei consumatori hanno deciso di svolgere una ricerca alternativa, e i risultati sembrano decisamente più vicini al senso comune: il costo dei prodotti alimentari è salito del 29%, dunque oltre 7 volte quanto affermato dall'istituto di statistica italiano.
Se si applica lo stesso metodo Istat, poi, quello che si ottiene - con una certa sorpresa degli esperti - è comunque notevole: +13%, tre volte il dato ufficiale.
Pensioni e stipendi fermi, tariffe più care, prezzi alle stelle.
Ma quanto ha inciso sui nostri portafogli l'infiammarsi dei prezzi?
803 euro in più tra gennaio 2002 e gennaio 2003. Una sonora batosta, equivalente a quasi due mesi di stipendio di un operaio.
E Adiconsum aggiunge che per l'aumento delle sole tariffe, nel 2003 gli italiani spenderanno dai 320 ai 450 euro in più.

Il paniere Istat si basa su 164 prodotti, di cui registra la variazione dei prezzi medi.
Quello Eurispes ha invece tenuto conto di 150 prodotti - gli stessi del paniere Istat - ma conteggiando la media delle variazioni dei singoli prezzi.
Insomma, per farla facile: considerati tutti i tipi di latte in commercio, l'Istat lavora sulla media complessiva dei prezzi. L'Eurispes, invece, ha preso in considerazione tre tipi diversi di latte (il meno costoso, il più venduto e il più caro) valutando gli aumenti sull'intero ventaglio.
Quel +29% tiene conto anche della cosiddetta "economia del benessere", ovvero dei disagi che sopportano le famiglie costrette a spendere molto di più o a ridurre la qualità della propria alimentazione, o ancora a perdere più tempo per trovare rivendite più economiche ma più scomode. In tempi di aumenti così repentini, dunque, il metodo di rilevazione Istat si rivelerebbe un po' troppo rigido, non tenendo conto degli spostamenti improvvisi di intere fasce di popolazione - tanto per intenderci - dal supermercato di marca al discount.

Le associazioni dei consumatori chiedono "di partecipare alla ridefinizione del paniere": più che cambiare i prodotti, è necessario rivalutare il peso che hanno sulla spesa familiare.
Le spese per la casa, ad esempio, per l'Istat incidono sul bilancio familiare del 9,63%.
Per Eurostat, invece, l'incidenza è del 15%, per le associazioni addirittura del 20%.
Dovrebbero inoltre esserci panieri differenziati per fasce di reddito e aree geografiche, come avviene in Germania già dal 1962.

Centro di documentazione e lotta - Roma

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