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Euskal Herria: eccezione nello stato di diritto o stato di eccezione?

(20 Febbraio 2008)

Da 10 anni, lo Stato spagnolo ha dichiarato guerra alla coscienza soberanista che si consolida in Euskal Herria. Inutile dire che i destinatari quasi esclusivi di questi attacchi sono i settori indipendentisti. La giustizia illegalizzó partiti, chiuse mezzi di comunicazione, dettò ordini di incarceramento contro un gran numero di persone, confiscò i beni di quelle organizzazioni e, in base a quelle attuazioni istruì processi che hanno cominciato ad essere svolti e sentenziati. L'enorme condanna del 18/98, 9 anni dopo che fu istruita la causa, è l'espressione più sanguinante delfatto che lo Stato spagnolo continua a scommettere sulla guerra.

In questi giorni, torna a ricominciare il processo per mettere fuorilegge formazioni politiche. In questo caso, sono l'Azione Nazionalista Basca quasi ottuagenaria, ANV, e la formazione parlamentare Partito Comunista delle Terre Basce, PVTV / EHAK, quelle che stanno in procinto di essere disciolte dopo aver promosso lo Stato vari procedimenti giudiziali contro esse.

Fino alla data di oggi, l'analisi che si faceva di quello che stava succedendo era la seguente: in Spagna si sta violentando la separazione di poteri, la giustizia agisce per impulso politico ed è questo potere quello che prende la decisione che poi il potere giudiziario si incarica di rivestire con apparenze giuridiche... Dopo la detenzione massiccia di tutta la dirigenza di Batasuna, la brutale sentenza del 18/98, la ripresa dei processi censori... sta prendendo corpo un'altra teoria abbastanza più scandalosa: non si tratta di un esercizio artefatto della giustizia bensì di una giustizia incorporata alla guerra come uno dei fronti della stessa: la persecuzione giudiziaria. Cioè, non si tratta di una manipolazione della giustizia bensì di uno stato di eccezione

La persecuzione giudiziaria

Riproduciamo alcuni frammenti di un brillante articolo che con il titolo di "Skok" espone questa ipotesi. L'autore, Mario Zubiaga, è professore dell'Università dei Paesi Baschi e condannato nel sommario 18/98.

"...Non esistono garanzie processuali, non esiste il principio di legalità penale, né la presunzione di innocenza, semplicemente, neanche serve la verità dei fatti. E non serve perché, quando si discute la sua essenza, quello che questo Stato affronta non è un cittadino ma un nemico. È questa dialettica amico/nemico quella che abita nel cuore gelato del sistema... . Questa dialettica prende contenuti diversi - guerra totale, guerra sporca, persecuzione giudiziaria o semplicemente posticipazione - secondo le congiunture... La ragione di stato non ha limiti interni... il sistema politico spagnolo non può sterminare fisicamente il nazionalismo basco ma può perseguirlo giudizialmente senza legalità formale che auto limiti la persecuzione. La persecuzione giudiziaria della dissidenza basca non è un mero movimento tattico o elettorale, risponde ad una strategia politica globale che può intendersi solo del contesto di un processo profondo di riforma sistemica. Dai primi novanta del passato secolo, il sistema politico spagnolo affronta irremissibilmente un processo di ridefinizione territoriale con fine incerto... Nel caso dei Paesi Baschi, lo scenario è complicato. La maggioranza sociopolitica del paese ha assunto alcuni progetti soberanisti non concretati ancora ma che chiaramente collocano il sistema politico spagnolo davanti ai suoi propri limiti. Per quel motivo, l'utilizzo della giustizia come strumento di azione politica cerca nel nostro caso un obiettivo obbligato: debilitare le posizioni che propongono un cambiamento politico in chiave soberanista... annichilire l'indipendentismo politico e, d'altra parte, spaventare i settori soberanisti più ampi... La persecuzione giudiziaria cerca di dissuadere, chiudere il passo a qualunque tentativo di sbocchi costituzionali..."

La sentenza del 18/98 ha rotto limiti e minaccia tutto

Il 10 gennaio di 2008, la squadra di difensori nel maxiprocesso 18/98 comparve in pubblico per fare una valutazione della sentenza. La loro analisi abbonda di quello che veniamo esponendo. La sentenza è più che una sentenza: basa una nuova dottrina sulla quale ETA non è oramai un'organizzazione armata bensì una "cornice organizzativa superiore" nella quale si può fare incastrare qualunque attività politica, culturale o sociale. Gli avvocati non vedono possibile predire fino a dove possono estendersi gli effetti nell'applicazione di questa nuova dottrina carica di perversioni giuridiche.

Prima perversione: Pone il principio che "tutto è ETA ed ETA è tutto." Questa sentenza va molto oltre quella che si dettò a suo tempo contro Haika, Jarrai e Segi. I tribunali spagnoli attribuirono alle organizzazioni giovanili una relazione di complementarietà con ETA, ma sempre come organizzazioni altre. Nella sentenza del 18/98, il concetto di complementarietà è insufficiente e non necessario. Non bisogna perdere tempo "cercando vincoli tra ETA e le differenti organizzazioni condannate. Basta che il giudicante affermi che le organizzazioni giudicate siano "il cuore e le viscere di ETA" affinché la brutale condanna abbia, per la maggioranza degli spagnoli, un supporto giuridico. La difesa intende che, con questo cambiamento di dottrina, il tribunale ha dinamitato il concetto classico di organizzazione terroristica; concetto che il proprio Tribunale Costituzionale spagnolo determinò nel 1987 che si doveva impadronire di un criterio molto restrittivo. La nuova sentenza fa tutto il contrario, utilizza un concetto sociologico e politico di terrorismo, non un concetto penale.

Seconda perversione: Dà per buona la tesi del pubblico ministero che è sufficiente l'intenzionalità per incorrere in delitto di terrorismo benché non ci sia azione violenta. A suo tempo, un giudice della Corte suprema stimò che un'azione terroristica senza armi sarebbe un'ipotesi di gabinetto. Ora, l'Udienza Nazionale ha elevato quello sproposito a dottrina giuridica. In base a questo principio, si condannano persone per quello che sono, non per quello che hanno fatto.

Terza perversione: si è dato uno stampo giuridico ad una decisione politica di Stato, la decisione che, finché esiste ETA, la sinistra indipendentista nel suo insieme non avrà vita legale. A partire dal 2002 si è eseguita l'esclusione della sinistra basca dalle istituzioni e dalla vita politica. Con questa nuova condanna si consolida l'illegalizzazione e si estende ad ambiti come le attività sociali e culturali. Si crea un secondo spazio di criminalizzazione nel quale si vedranno avvolti anche organismi periferici della sinistra basca. Qualunque organizzazione può essere considerata come terrorista solo per il fatto che la sua attività sia vista da ETA con simpatia ideologica.

Quarta perversione. Il tribunale ha fatto sua la lotta contro il terrorismo e si trasforma in un combattente; non ha cercato la verità nel fatto bensì il delitto nell'accusato utilizzando il conosciuto come Diritto Penale di Autore. In sintesi, le migliaia di fogli di una condanna strapiena di perversioni provocano una grave mutazione nello Stato e segnano un prima ed un dopo nella caratterizzazione dello stesso poiché perde la sua condizione di Stato di Diritto.

Euskal Herria, 5 Febbraio di 2008.

EUSKAL HERRIA PASO A PASO - Servicio informativo de ASKAPENA Nº208
www.askapena.org

Fonte

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