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(27 Febbraio 2008)
E’ singolare che la Giunta comunale presenti l’ordinanza di sgombero e demolizione al Presidio Permanente nel giorno in cui lascia Palazzo Trissino; Sorrentino, che avrebbe voluto continuare a mangiare astici sulle spalle dei vicentini, era nero d’invidia: lui se ne va, mentre il Presidio resta.
Una Giunta sola e isolata chiede la demolizione di uno spazio nel quale, la stessa mattina, sono state presentate le 6178 firme raccolte nel solo giorno di sabato 23 febbraio a sostegno delle iniziative del Presidio Permanente: da una parte la tristezza e la solitudine, dall’altra la partecipazione e la democrazia.
La destra vicentina apre la campagna elettorale nel modo che più gli si addice: puntando l’indice contro un luogo di democrazia e partecipazione che, in questi mesi, è diventato la casa di quanti vogliono difendere Vicenza dalla militarizzazione e dalla devastazione ambientale. Un atto sciocco, perché tutti sanno che il Presidio Permanente non sarà demolito né spostato di un millimetro fino a quando il movimento che lo ha eletto a simbolo non avrà raggiunto il proprio obiettivo: quello di impedire la realizzazione della nuova base militare statunitense.
Un atto di arroganza, per compiacere ancora una volta l’armata a stelle e strisce, messo in pratica nell’ultimo giorno di amministrazione della Giunta; e, del resto, chi ha svenduto Vicenza tradendo la volontà popolare non poteva che tirare il sasso e togliere la mano.
La Giunta se ne è andata, ma il Presidio Permanente è ben saldo a Ponte Marchese; le bandiere del No Dal Molin che continuano a sventolare sopra ai tendoni dove ogni settimana si riuniscono centinaia di persone sono la miglior risposta a chi vorrebbe demolire la democrazia per permettere la costruzione di una nuova base di guerra.
Vicenza, 26 febbraio 2008
Presidio Permanente contro la costruzione della nuova base Usa a Vicenza
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