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A che gioco giochiamo, a sinistra?

Riflessioni pre-elettorali

(27 Febbraio 2008)

In tempi di par condicio possiamo dire che il progetto della sinistra arcobaleno non ci piace e non ci convince? Che non ci sembra né politicamente logico né elettoralisticamente produttivo conglobare quattro partiti politici (che tra l’altro neppure votano unitariamente in Parlamento) mediante un colpo di mano dei vertici che si sono ben guardati dal consultare le loro basi, imponendo ai loro elettorati una scelta che non necessariamente sortirà un effetto positivo? Una scelta che ha comportato l’annullamento dei simboli dei partiti storicamente presenti nel panorama politico italiano, assimilati in un logo ispirato dall’entità minore e di più recente costituzione delle quattro, sempre senza avere chiesto il parere delle basi (militanti e simpatizzanti), così come non si è consultato nessuno prima di decidere che il leader da proporre, nel perfetto stile Uomo del destino, doveva essere per forza Bertinotti.

Questo non ci sembra un buon punto di partenza per dire che quella che è “nata” sarebbe una sinistra nuova, un nuovo modo di fare politica, eccetera eccetera. Assieme alla riflessione sulle scelte politiche della “sinistra radicale” degli ultimi anni, questo modo di porsi rispetto ai propri referenti indurrà buona parte della base elettorale, soprattutto di coloro che avevano votato Rifondazione, a scegliere l’astensionismo: un problema questo che i fautori del progetto Sinistra arcobaleno dovrebbero valutare, prima di dare per scontato che la coalizione avrà più o meno la somma dei voti delle quattro organizzazioni.

Ci sono però altri motivi di perplessità in questo progetto politico, e dipendono sostanzialmente dalla deriva in cui si è calata Rifondazione negli ultimi anni. Per esempio, fatto salvo che neppure a noi Veltroni piace molto e che non vediamo grandi possibilità di rinnovamento mediante una vittoria del Partito Democratico, non ci sogneremmo mai di rilasciare al “Secolo d’Italia” un’intervista come quella che ha rilasciato il direttore di “Liberazione” Piero Sansonetti (che di per se stesso rappresenta un’anomalia politica tipicamente rifondazionistica: è direttore responsabile dell’organo di un partito al quale non è neppure iscritto).

A partire dal titolo “Da comunista dico: Fini innova, Veltroni no”, fino alle seguenti dichiarazioni “come ho scritto in un fondo sul mio giornale, (Fini) merita elogi perché alimenta a destra una sensibilità attenta ai fenomeni sociali manifestatisi nella contestazione giovanile. Recupera il valore dell’uguaglianza, declinandolo con coraggio a destra. Anche la Polverini, segretario nazionale dell’Ugl, esprime posizioni originali e culturalmente interessanti”.

Di fronte a simili posizioni possiamo da una parte comprendere perché Sansonetti abbia difeso sempre a spada tratta gli aberranti scritti di mera disinformazione e di propaganda anticastrista ed antichavista prodotti da Angela Nocioni; d’altra parte però questo non fa che confermare tutti i nostri dubbi, le nostre perplessità sul ruolo rivestito negli ultimi anni da una parte della plancia di comando di Rifondazione, che dopo avere fatto di tutto per criminalizzare la Resistenza, screditare le idee marxiste e leniniste, giungere al punto da ritenere necessario togliere i simboli comunisti dalla vita del partito, arriva oggi al punto di sostenere la positività dei “valori” di AN nell’ottica di una sconfitta del Partito Democratico. Come se impedire la vittoria elettorale del PD da destra fosse una conquista per la sinistra.

Riteniamo pertanto doveroso chiedere a noi stessi e pretendere una risposta da chi agisce in questo modo: a che gioco state giocando, signori ? (compagni sarebbe una parola impegnativa, temo).

Claudia Cernigoi
Trieste

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