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(9 Aprile 2013) Enzo Apicella

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Mantova: No alla cessione dell'ex ospedale psichiatrico del Dosso

(1 Marzo 2008)

Le privatizzazioni hanno portato al trionfo degli affari di tutti, tranne che dell' ente pubblico: privatizzare i servizi ha significato innescare una corsa alla speculazione edilizia e finanziaria a cui la sanità non si è sotratta, anzi.
Così è caduto l'ultimo baluardo della sanità mantovana, l'ex OP del Dosso che invece di diventare la sede dell'aggregazione culturale e sociale del territorio, così come era accaduto, ad esempio, per lex Paolo Pini di Milano, sarà venduto e lottizzato, molto facilmente per residenze di lusso. Prima della riforma era di proprietà della Provincia, è stato trasferito a Regione/ASL e ora sarà venduto. Un altro pezzo di città che se ne va per arricchire le tasche dei privati, per scelta della amministrazione pubblica. Pezzi di agibilità democratica del nostro paese che non esistono più e servono ad altri scopi, quelli che oggi imperano senza alternativa nella nostra vita sociale e politica: fare denaro e profitto per sè.
L'ex Psichiatrico avrebbe potuto essere acquisito dagli enti pubblici mantovani e forse ancora si può rimediare all'ennesimo scempio. Anche perchè la sua storia è diversa dagli altri venduti e non andrebbe dimenticata ma ribadita.
La proposta non è nuova, altre realtà l'hanno sperimentata sull'esempio di quanto Mario Tommasini ci aveva fatto vedere essere realizzabile e non solo teoria: unire gli enti locali in un' associazione di scopo per farne un centro, anche residenziale, oltre che sociale, ricreativo, sportivo e naturalistico di integrazione / aggregazione che, conservando la memoria di quello che è stato in passato e delle conquiste che in materia di salute mentale, benessere individuale e collettivo si è conquistato, si rivolga ad un panorama variegato di persone e di nuclei familiari che l'odierna omologazione culturale si ostina a confinare in case di riposo, varie forme di centri di accoglienza, istituti, nuovi ghetti quali luoghi abitativi dell'emarginazione, ambienti "chiusi" che (spesso in forma privata ma sempre pagata dal pubblico) non sono mai venuti a mancare, anzi si sono moltiplicati, specialmente nella Lombardia iperliberista.
Microalloggi protetti per anziani anche parzialmente autosufficienti, con portierato sociale, alloggi del "dopo di noi" dove anche soggetti con disabilità psicofisiche riescono ad avere una propria condizione di autonomia e ripresa delle esistenti potenzialità umane, minialloggi per donne e nuclei monoparentali con figli minori, per studenti universitari, lavoratori precari oltre che per la salute mentale, da costruire usufruendo dei progetti e dei finanziamenti anche europei e regionali, oltre che dei privati come le fondazioni tenute a riversare parte dei propri profitti nel settore sociale, sarebbero una realizzazione possibile nel rispetto della storia di quello spazio.
O forse il luogo è troppo bello per simili soluzioni e queste persone devono continuare a vivere nei luoghi dell' emarginazione, al massimo rivernicati coi restiling dei contratti di quartiere, anche se strutture come l'ex OP sono di proprietà pubblica? Mentre gli investim,enti devono andare a progettualità "alte" che la separazione sociale destinerà, inevitabilmente, a classi "alte" economicamente e culturalmente, della società?
Il regista della nuova storia dovrebbe essere l'ente pubblico, quello che una volta era lo Stato che oggi non c'è più, giacchè non svolge più la sua funzione di regolatore sociale, demandando alla sciagurata politica della sussidiarietà scelte e progetti, e che con gli enti locali dovrebbe avere una visione complessiva dei bisogni della società e delle modalità per risolverli in modo positivo ed egalitario.
Così non è: tutto è demandato al privato, anche la cura del sociale, delle tante e separate "povertà" insieme alla organizzazione dei servizi. E' ovvio che nella giungla abitata e gestita dall'impresa, il più forte impera e vince e quindi gestisce in virtù di interessi parziali e individuali quello che era proprietà pubblica realizzata con la fiscalità.
Il fatto che molti di coloro che hanno condiviso, anche da "sinistra", tale scelta, oggi si scandalizzino, quando da tempo hanno abbandonato il proprio compito e il proprio ruolo, anzi hanno fatto in modo che in propria vece intervenissero soggettività private (anche se associazionistiche o cooperativistiche che oggi sono assai lontane dalle caratteristiche del mutualismo per cui erano nate) che, con solerzia, hanno colmato il vuoto e suplito all'inerzia pubblica, facendosi sistema, è quanto meno operazione ipocrita.
Le responsabilità rimangono.
Il colpo, preceduto dalla cessione dell' OP di Castiglione, potrebbe essere seguito da quello della Ghisiola, così come innumerevoli sono gli immobili che da pubblici sono andati ad arricchire un privato sempre oppotrunamente "targato", oppure col capitale di tutti sono gestitit da privati (gli ospedali di Castiglione e Suzzara e molti servizi).
Bisognerebbe voltare pagina, meglio cambiare libro.

Monica Perugini
consigliere provincaile Pdci Mantova

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