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Marcos scrive all'ETA

(1 Gennaio 2003)

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
7 dicembre 2002

All'organizzazione politico-militare basca Euskadi Ta Askatasuna (ETA)
Paese Basco

Signore e signori.
Scrivo a nome dei bambini, anziani, donne e uomini dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale del Messico.
Come voi forse saprete, nei giorni scorsi in una lettera diffusa in territorio spagnolo abbiamo fatto riferimento alla lotta del popolo basco in quanto alla sua sovranità. Nonostante il testo facesse chiaramente riferimento alla lotta politica basca e non a quella militare, le parole erano di proposito ambigue per quanto si riferiva all'azione della vostra organizzazione ETA.
L'obiettivo dell'ambiguità era provocare quello che abbiamo provocato. Non ignoriamo di aver messo in pericolo il capitale morale che gli zapatisti hanno conquistato nel mondo, in particolare nella penisola iberica, ma è stato necessario.
Voi e noi sappiamo bene che l'EZLN non solo non ha realizzato né realizzerà nessun azione militare contro dei civili. Sapete anche che condanniamo questo tipo di attacchi che in genere provocano il maggior numero di vittime tra persone che nemmeno sanno di che si tratta.

Non sono poche le vittime civili provocate dalle vostre azioni. Tra loro ci sono persone che simpatizzavano con la nostra causa e che, come il resto delle vittime civili, sono morte con l'angoscia di non sapere perché.
Consideriamo giusta e legittima la lotta de popolo basco riguardo per la sua sovranità, ma questa nobile causa, né nessun'altra, giustifica che si sacrifichi la vita di civili. Non solo non produce alcuna vittoria politica, ma se anche così fosse, il costo umano è impagabile. Condanniamo le azioni militari che danneggiano i civili. E le condanniamo sempre, provengano esse da ETA o dallo Stato spagnolo, da Al Qaeda o da George W. Bush, dagli israeliani o dai palestinesi, da chiunque, con nomi o sigle diverse, che adducano o no ragioni di Stato, ideologiche o religiose, e contino tra le loro vittime bambini, donne, anziani e uomini che non hanno nulla a che vedere con la faccenda.

So anche che nella conta dei morti e feriti che provoca il governo spagnolo non sono considerate le migliaia di baschi che sono stati uccisi, torturati e fatti sparire dai corpi dello Stato. Ma non vi scrivo per confrontare il numero dei morti. In questo superiamo tutti quanti perché sono milioni gli indigeni messicani che sono caduti dalla conquista ad oggi. E non mettiamo i nostri morti in competizione con nessuno.
No, non è per parlare del passato che mi rivolgo a voi.

Qualche giorno fa, il giudice spagnolo Fernando Baltasar Garzón Real mi ha sfidato ad un dibattito. Gli ho risposto affermativamente ed ho posto una condizione, tra le altre, che si realizzi un incontro tra tutte le forze politiche, sociali e culturali coinvolte o interessate al problema del Paese Basco, affinché si parli e si ascolti sul cammino dei baschi. A nome di tutti i miei compagni e compagne, vi chiedo di decretare una tregua unilaterale per un periodo di 177 giorni, partendo dall'alba del 24 dicembre 2002.
Chiedo anche pubblicamente il vostro impegno a non realizzare alcun operativo militare offensivo durante questo periodo per contribuire a creare un clima favorevole a detto incontro, cioè, per dare un'opportunità alla parola.
Sarebbe bello che Euskadi Ta Askatasuna inviasse all'incontro Il Paese Basco: percorsi , uno o diversi delegati per parlare ed ascoltare, non a negoziare o concordare niente. So che potrebbero correre dei rischi, ma se siete disposti a morire o ad essere incarcerati in azioni militari, non vedo perché non sareste disposti a rischiare la stessa cosa in un'azione politica.

Vi chiedo questo, non di arrendervi, non di deporre le armi o le vostre convinzioni. Vi chiedo solo di dare un'opportunità alla parola e ad onorare così l'enorme rischio che noi zapatisti abbiamo corso e dovremo correre. Nel caso non accetterete, mi offro personalmente come vittima predestinata in un vostro prossimo attacco. Potrete accusarmi di "collaborazionismo" con lo Stato spagnolo (cosa paradossale, perché le autorità spagnole mi accusano di "apologia di terrorismo"). Non importa. Non ci sarà biasimo né rappresaglia da parte nostra, perché almeno io saprò perché sarò morto. Aspetto la vostra risposta.

Bene. Salve e un'opportunità alla parola.

Dalle montagne del Sudest Messicano
Messico, dicembre 2002

Subcomandante Insurgente Marcos

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