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La fatalità dominante

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(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

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(Di lavoro si muore)

Un serial killer chiamato capitalismo

(13 Marzo 2008)

Sono veri e propri omicidi seriali quelli che il capitalismo commette quotidianamente, seriali perchè le vittime rispondono a una comune caratteristica, essenziale: l'appartenenza alla classe lavoratrice. In questo periodo, dopo le tragedie annunciate della Thyssen-Krupp a Torino o, più di recente, degli operai morti a Molfetta, a destra e a “sinistra”, partiti e sindacati insieme si sono affannati a piangere, a urlare che “Mai più!”, che un fatto del genere è “indegno di un paese civile”: ma i lavoratori purtroppo sanno bene che morire di lavoro non solo è “degno”, ma è anche connaturato al modo di produzione capitalistico. 1250 morti sul lavoro nel 2006 soltanto in Italia (dati INAIL), 4397 lavoratori uccisi nel 2004 nei paesi dell'Unione Europea (dati Eurostat), 6000 lavoratori al giorno nel mondo (dati ILO): si tratta di cifre incredibili, soprattutto se si pensa che i dati si riferiscono soltanto ai lavoratori regolari, i cui incidenti sono denunciati; in nessuna statistica comparirà mai, invece, il lavoratore a nero, magari un immigrato irregolare, caduto da un impalcatura e privato anche della sepoltura, per evitare al padroncino “situazioni d'imbarazzo”. A questi numeri, già altissimi, si aggiungono le cifre incalcolabili degli infortunati e di coloro che contraggono malattie invalidanti (quasi 4 milioni nel 2004 solo in Europa, più di un milione due anni fa in Italia), molti dei quali hanno la sventura di morire più tardi, in conseguenza di questi “incidenti”, e per il fatto di non essere tecnicamente “a lavoro” al momento del decesso non saranno mai conteggiati. I lavoratori giocano tutti i giorni una partita dove chi vince guadagna un altro giorno di sfruttamento, chi perde invece viene ucciso: è forse eccessivo definirla una guerra? Il numero di militari americani morti in Iraq tra il 28 Giugno 2004 e il 28 Giugno 2005 è 893, meno di quanti – nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi – sono morti in Italia nello stesso lasso di tempo, due anni dopo.
Come se non bastasse, bisogna considerare che gli ispettorati del lavoro, già di per sé non sufficienti, sono stati negli ultimi anni sostituiti nelle funzioni, tanto in Italia quanto in Europa, da aziende incaricate di effettuare i controlli, giungendo così all'assurdo che è il padrone stesso a certificare di essere in regola con le norme... come chiedere all'acquaiolo se l'acqua è fresca!

La sostanza del problema è che la “sicurezza sul lavoro” è un fattore inversamente proporzionale ai tempi e carichi di lavoro ferocemente imposti dalle esigenze di profitto, ulteriormente aumentati negli ultimi anni grazie alle cosiddette “riforme” del mercato del lavoro adottate per rispondere alla crisi: estensione degli straordinari, allungamento dell'orario di lavoro, cottimizzazione del salario, sono queste le armi “bianche” del capitale. Come può un lavoratore, sottoposto a turni massacranti, costretto a fare straordinari quotidiani, rispettare contemporaneamente le complesse misure di sicurezza di cui, naturalmente, è il solo responsabile?

È evidente, dunque, che la lotta per non morire di lavoro non può essere scissa da quella più generale per il miglioramento delle condizioni lavorative, la conquista di un lavoro stabile e sicuro, la difesa dei diritti faticosamente conquistati e messi in discussione dagli ultimi, violenti attacchi del capitale alla classe; è evidente che se non si lavora per la ricomposizione del proletariato, per ricostruirne le basi di autorganizzazione e le capacità di lotta, per provare, infine, a rovesciare i rapporti di forza tra le classi, nessun lavoro sarà mai “dignitoso”, meno che mai sicuro.

Contro gli omicidi “bianchi”, rafforziamo le nostre lotte!

Venerdì 14 Marzo
ore 18,00 PROIEZIONE VIDEO
ore 19,30 ASSEMBLEA

presso la nostra sede in Vico Fico al Purgatorio 13 - Napoli
(da Piazzetta Nilo, il primo vicolo a sinistra su Via S. Biagio dei Librai)

COLLETTIVO INTERNAZIONALISTA DI NAPOLI

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