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    Tanto per cambiare, ancora un taglio alle pensioni.

    (18 Marzo 2008)

    Ma come?
    Ci hanno stroncato con la Riforma TruffalDini.
    Ci hanno preso in giro con il protocollo del welfare del 23 luglio 2007 (Legge 247 del 24/12/07) che ha tagliato di un altro 10 per cento le pensioni.
    Ancora con le pensioni?
    Si, ancora con le pensioni, ma stavolta a stroncarci non è l’attuale governo ma l’immensa stupidità della norma, che dimostra i suoi peggiori istinti proprio in momenti di crisi.
    La norma vigente prevede infatti che i contributi dei lavoratori siano rivalutati, ogni anno, utilizzando come tasso di capitalizzazione quello corrispondente alla variazione media quinquennale del PIL (Prodotto Interno Lordo) relativa al quinquennio precedente l’anno da rivalutare.
    Tenendo presente che la variazione del PIL nominale è composta dalla variazione del PIL reale e dall’inflazione, questo tipo di rivalutazione comporta che le nostre pensioni saranno diverse a seconda di come si muoveranno queste due grandezze.
    In particolare avremo pensioni più basse se l’inflazione costituisce una grossa parte della variazione del PIL e pensioni più alte (forse dovrei dire meno basse) se la componente inflativa è preponderante.
    Vediamo adesso quali sono gli effetti dell’attuale crisi finanziaria sulle nostre pensioni tra 20 o 30 anni.
    Dopo l’approvazione della Legge 24 dicembre 2007, n. 247 la pensione che un ipotetico lavoratore poteva attendersi dopo 40 anni di servizio effettivo, sempre con contratto a tempo indeterminato, nell’ipotesi che percepisse come unici aumenti gli adeguamenti ISTAT era compresa, a seconda dell’età di pensionamento tra il 66 e l’84 per cento dell’ultima retribuzione.
    Questi rapporti di copertura tra la prima pensione e l’ultimo stipendio diventano irraggiungibili in quanto il crollo dei mercati finanziari sta portando ad una differente composizione della dinamica del PIL.
    Facciamo due ipotesi di sviluppo della crisi finanziaria in Italia, una ipotesi, quella ottimistica, in cui il nostro paese vada in stagflazione (alto tasso di inflazione e crescita zero), ed una ipotesi recessiva con il PIL reale in discesa.
    Nell’ipotesi stagflattiva ipotizziamo un tasso di inflazione pari al 5 per cento annuo ed una crescita del PIL reale pari a zero, ogni anno in cui ciò avviene i futuri pensionati avranno una diminuzione della pensione compresa tra 0,4 e 0,5 punti del citato tasso di copertura. Ad esempio, con 3 anni di stagflazione, chi andava in pensione a 61 anni con il 74 per cento del suo ultimo stipendio andrà in pensione con il 72, 5 per cento.
    Nella ipotesi recessiva, che abbiamo ipotizzato avvenire con una crescita del PIL nominale del 3 per cento ed un’inflazione annua al 5 per cento, la perdita per i futuri pensionati derivante da ciascun anno di recessione è decisamente più forte, passando da 0,75 a 0,925 punti per ciascun anno di recessione.
    Nell’ipotesi del 61enne, che andava in pensione con il 74 per cento del suo ultimo stipendio, ipotizzando 3 anni di recessione il nostro pensionando si vedrebbe il suo assegno ridotto a poco più del 71 per cento del suo ultimo stipendio.
    In buona sostanza ci hanno tagliato la pensione praticamente tutti, ma non avrei mai pensato che il prossimo taglio l’avrei subito da parte di un anonimo banchiere americano che, divertendosi ed arricchendosi con derivati e subprime, avrebbe causato una crisi finanziaria, oggi., che causerà una riduzione della mia pensione, tra vent’anni.
    Ma possibile che ci sia ancora qualcuno cui sia sfuggito che la riforma pensionistica è una boiata?

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